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Il Tribunale per i Diritti dei Popoli accoglie il ricorso dei No Tav

Il 14 giugno scorso i membri del Controsservatorio Valsusa, l’organismo indipendente composto da uomini di legge, intellettuali e studiosi impegnati nel monitoraggio di tutte le vicende legate alla questione NoTav, avevano promosso un ricorso al Tribunale Permanente per i Diritti dei Popoli nel quale denunciavano la feroce ondata repressiva in atto contro il Movimento NoTav.

Il Tribunale permanente per i diritti dei popoli, lo ricordiamo, nacque su impulso dell’ex partigiano Lelio Basso, il 4 luglio 1976 ad Algeri, sulle orme di quel Tribunale Russell fondato dieci anni prima da Bertrand Russell e Jean Paul Sartre con l’obiettivo di denunciare a livello globale i crimini commessi in Vietnam e in America Latina dagli Stati Uniti. Si tratta di un organo para-giuridico, ma di elevata importanza simbolica e culturale.

Il ricorso (qui il testo integrale: http://controsservatoriovalsusa.org/esposto-al-tpp/il-testo) sollevava, tra le altre, un’importante questione sul diritto degli abitanti della Val di Susa a non essere estromessi dai processi decisionali che riguardano la realizzazione dell’alta velocità nel loro territorio.

Sono infatti ormai venticinque anni che ogni rivendicazione territoriale avanzata dal movimento, riceve in risposta un giro di vite repressivo al quale puntualmente seguono arresti e processi.

Ebbene, il ricorso presentato dal Controsservatorio è stato accolto con queste motivazioni:
«Sempre più chiaramente si evidenziano anche nei Paesi cosiddetti “centrali”, situazioni – più volte rilevate nei Paesi del Sud in sessioni del Tribunale per quanto riguarda il rapporto tra sovranità, partecipazione delle popolazioni interessate, livello delle decisioni politico-economiche – che mettono in discussione e in pericolo l’effettività e il senso delle consultazioni e la pari dignità di tutte le varie componenti delle popolazioni interessate. In questo senso il caso TAV, insieme alle altre vicende segnalate al TPP, è “rappresentativo” di processi e meccanismi più generali, specificamente importanti nell’attuale fase della evoluzione economica-politica europea e mondiale…».

Accogliendo il ricorso, il tribunale in sostanza colloca la natura territoriale della lotta NoTav sul più vasto scenario della lotta alla globalizzazione. Non si tratta di rivendicazioni meramente locali, ma di un contesto di lotta che ricalca quanto avviene, per esempio, nella foresta amazzonica dove gli indios lottano anche armi in pugno contro il disboscamento, o in Colombia dove la lotta contro le imprese transnazionali tenta di affermare il principio secondo cui «è diritto fondamentale dei cittadini e delle comunità essere consultati al fine di ottenere il consenso libero, previo e informato prima di adottare e applicare misure legislative o amministrative che li danneggino, prima di adottare qualsiasi progetto che comprometta le loro terre o territori o altre risorse».

L’iniziativa del Controsservatorio ha centrato l’obiettivo. Il Movimento NoTav gode ora di un importante riconoscimento che ne sottolinea ulteriormente la natura generale e di respiro internazionale, centrata su temi che riguardano conflitti globali e non solo locali: la salvaguardia del territorio, la tutela della salute contro la furia devastatrice del capitalismo contemporaneo.

Il procedimento aperto oggi dal Tribunale dei Popoli è il primo che affronta problemi di violazione di diritti fondamentali connessi alla realizzazione di una grande opera in Europa: segno che esistono i presupposti per ipotizzare che la Val di Susa rappresenti un laboratorio di ricerca avanzata contro nuove tipologie di politica coloniale, diverse nelle forme rispetto a quelle tradizionali ma non per questo meno devastanti.

Intanto domani sarà un altro importante giorno per le vicende giudiziarie che vedono coinvolti più di mille attivisti del movimento NoTav. Il maxi-processo contro 53 militanti accusati di vari reati si avvia alla conclusione, con le prime requisitorie dei pubblici ministeri.

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