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La COP28 ha tradito anche le attese del Papa

Lo scorso 4 ottobre pubblicando “Laudate Deum”, l’Esortazione Apostolica che aggiorna l’Enciclica verde “Laudato si’”, Papa Francesco aveva chiesto ai governi del mondo un impegno preciso in vista della COP28 che si è poi tenuta a Dubai: “una decisa accelerazione della transizione energetica, con impegni efficaci che potessero essere monitorati in modo permanente”.

Questa Conferenza doveva essere un punto di svolta, comprovando che tutto quanto si è fatto dal 1992 era serio e opportuno, altrimenti sarebbe stata una grande delusione e avrebbe messo a rischio quanto di buono si era potuto raggiungere nella salvaguardia del Creato”, ha ricordato il card. Francesco Coccopalmerio, presidente emerito del Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi, nel suo intervento all’Università La Sapienza in occasione del seminario su COP28 promosso alla Facoltà di Lettere dal prof. Luciano Vasapollo, fondatore nell’ateneo della Scuola di economia antropologica decoloniale. 

Secondo il Papa, ha osservato il card. Coccopalmerio, deludere tale attesa avrebbe comportato un vero e proprio tradimento e avrebbe significato “esporre tutta l’umanità, specialmente i più poveri, ai peggiori impatti del cambiamento climatico”.

Finora infatti – ha continuato il cardinale – nonostante i numerosi negoziati e accordi, le emissioni globali hanno continuato a crescere. È vero che si può sostenere che senza questi accordi sarebbero cresciute ancora di più. Ma su altre questioni ambientali, dove c’è stata la volontà, sono stati raggiunti risultati molto significativi, come nel caso della protezione dello strato di ozono. Invece la necessaria transizione verso energie pulite, come quella eolica, quella solare, abbandonando i combustibili fossili, non sta procedendo abbastanza velocemente”.

Ed anzi il documento approvato a Dubai assume un impegno di principio in tale direzione ma non indica una tabella di marcia“.

Di conseguenza, ciò che si sta facendo nella direzione di azzerare gradualmente le emissioni rischia di essere interpretato solo come un gioco per distrarre”, ha denunciato Coccopalmerio citando le parole del Papa, per poi ribadire che “un ambiente sano è anche il prodotto dell’interazione dell’uomo con l’ambiente, come avviene nelle culture indigene e come è avvenuto per secoli in diverse regioni della Terra. I gruppi umani hanno spesso ‘creato’ l’ambiente, rimodellandolo in qualche modo senza distruggerlo o metterlo in pericolo”.

Nella visione del Pontefice, ha rilevato Coccopalmerio, “il grande problema di oggi è che il paradigma tecnocratico ha distrutto questo rapporto sano e armonioso”. Ed occorre dunque “ripensare alla questione del potere umano, al suo significato e ai suoi limiti. Il nostro potere, infatti, è aumentato freneticamente in pochi decenni. Abbiamo compiuto progressi tecnologici impressionanti e sorprendenti, e non ci rendiamo conto che allo stesso tempo siamo diventati altamente pericolosi, capaci di mettere a repentaglio la vita di molti esseri e la nostra stessa sopravvivenza”. 

Si tratta quindi di “superare la logica dell’apparire sensibili al problema e allo stesso tempo – ha concluso il cardinale – non avere il coraggio di effettuare cambiamenti sostanziali. Sappiamo che, di questo passo, in pochi anni supereremo il limite massimo auspicabile di 1,5 gradi centigradi e a breve potremmo arrivare a 3 gradi, con un alto rischio di raggiungere un punto critico. Anche se questo punto di non ritorno non venisse raggiunto, gli effetti sarebbero disastrosi e bisognerebbe prendere misure in maniera precipitosa, con costi enormi e con conseguenze economiche e sociali estremamente gravi e intollerabili. Se le misure che adotteremo ora hanno dei costi, essi saranno tanto più pesanti quanto più aspetteremo”.

Nel suo intervento, Vasapollo ha analizzato il documento finale di COP28 mettendo in luce le sue evidenti contraddizioni: per la prima volta si parla di “abbandono dei combustibili fossili ma non c’è traccia però di ,
obiettivi, di quantum di riduzioni, penalizzazioni alla produzione o all’uso dei fossili. L’accordo è stato infatti trovato su un termine ipocrita e dal significato nullo e privo di contenuti reali: transizione. Ma da che, per che cosa, rispetto a quale fase e per raggiungere quale obiettivo? E la gradualità è in funzione del finale infarto del pianeta mondo?

In sintonia con Papa Francesco, Vasapollo ha ribadito che “le emissioni pro capite negli Stati Uniti sono circa il doppio di quelle di un abitante della Cina” denunciando “i danni sull’ambiente favoriti dalla visione unipolare dell’attuale ordine mondiale dominato dal potere imperiale dell’Occidente nordamericano e europeo”. E smontando “la strategia neocolonialista dei gruppi multinazionali che tendono a minimizzare il problema per continuare a esportare prodotti che aggravano la crisi climatica”.

Per Vasapollo, “petrolieri e lobby delle rinnovabili, i banditi della economia green, ben rappresentati alla COP di Dubai si sono trovati apparentemente d’accordo contro il carbone, ma non contro, in termini reali ed efficaci, agli idrocarburi, i più distruttivi di madre terra e i più inquinanti e deleteri per tutti gli esseri viventi, oltre che i più profittevoli per le multinazionali della morte, tra i combustibili fossili.

Ed è come pensare di buttare una bottiglia d’acqua per spegnere un incendio distruttivo della foresta mondo; infatti già il pianeta è mangiato dal cancro inquinamento e noi parliamo delle emissioni globali di gas serra pari al 43% entro il 2030 e al 60% entro il 2035 rispetto ai livelli del 2019, raggiungendo zero emissioni nette entro il 2050, quando le metastasi di questo cancro avranno invaso pachamama e non ci sarà da salvare neppure più l‘ingordigia della società del profitto e dell’ accumulazione del capitale divorante ogni forma di vita”.

Il decano di economia alla Sapienza ha poi sottolineato “il legame tra l’inarrestabile ascesa delle emissioni e la diffusione delle filiere produttive a carattere internazionale, ossia una sistematica rapina delle materie prime nei paesi del Sud del Mondo e una centralizzazione tendente al monopolio, che risponde a una logica pienamente imperialistica. Grazie alla filiera, l’impresa madre riesce a sfruttare i rapporti di forza fra i vari capitali, assorbendo peraltro parte del salario creato lungo tutta la catena con una logica di rapina ai danni dei lavoratori per incrementare l’estrazione di plusvalore.

A una stessa logica appartiene l’organizzazione della produzione in distretti industriali a carattere internazionale, ossia raggruppamenti di zona nazionali o transnazionali di aziende integrate tra loro in filiere produttive, con una forte gerarchizzazione verticale delle imprese avente carattere transnazionale. E’ con queste realtà – ha scandito Vasapollo – che dobbiamo confrontarci se vogliamo difendere il vivir bien con al centro i diritti dei lavoratori e quelli della Madre Terra”.

Il direttore di FarodiRoma, Salvatore Izzo, ha analizzato “la presentazione univoca che i grandi media hanno fatto di COP28 presentando i modesti risultati raggiunti come una straordinaria vittoria della difesa del clima, mentre non lo sono affatto”.

Non a caso – ha detto – i più importanti media in Italia fanno capo a grandi industrie anche automobilistiche e ad aziende petrolifere”.

Izzo ha citato il testo dell’intervento che Pier Paolo Pasolini avrebbe dovuto tenere al Congresso del Partito Radicale del 4 novembre 1975 (testo che fu letto postumo, in quanto Pasolini era stato barbaramente ucciso due giorni prima): “I bisogni indotti dal vecchio capitalismo erano in fondo molto simili ai bisogni primari. I bisogni invece che il nuovo capitalismo può indurre sono totalmente e perfettamente inutili e artificiali. Ecco perché, attraverso essi, il nuovo capitalismo non si limiterebbe a cambiare storicamente un tipo d’uomo: ma l’umanità stessa.

Va aggiunto che il consumismo può creare dei “rapporti sociali” immodificabili, sia creando, nel caso peggiore, al posto del vecchio clerico-fascismo un nuovo tecno-fascismo (che potrebbe comunque realizzarsi solo a patto di chiamarsi anti-fascismo); sia, com’è ormai più probabile, creando come contesto alla propria ideologia edonistica un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè, dei diritti civili.

In ambedue i casi lo spazio per una reale alterità rivoluzionaria verrebbe ristretto all’utopia o al ricordo: riducendo quindi la funzione dei partiti marxisti ad una funzione socialdemocratica, sia pure, dal punto di vista storico, completamente nuova”.

Noi ci troviamo – aveva detto il poeta, intellettuale anticonformista, regista, narratore e cantore delle periferie, degli sconciati, dei diseredati, della civiltà dell’innocenza e di quella contadina, in un’altra occasione – alle origini di quella che sarà probabilmente la più brutta epoca della storia dell’uomo: l’epoca dell’alienazione industriale. Il mondo si incammina per una strada orribile: il neocapitalismo illuminato e socialdemocratico, in realtà più duro e feroce che mai”.

Parole che illuminano la fitta nebbia del finto progresso, della finta libertà, del Capitale.

* da IlFarodiRoma

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1 Commento


  • m

    la transizione non prevede una decrescita, e questo è un ossimoro

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