Specie se l’intento, come il regista ripete, è rivolto a illustrare all’attuale gioventù cos’era la “strategia della tensione”. Invece. Invece Giordana si rifà prendere dalla fregola della fiction, come già aveva fatto in “Sangue pazzo”, e seguendo altri intenti rispetta parzialmente la realtà. Nel caso della strage della Banca dell’Agricoltura l’intenzione del narratore scivola nei tortuosi meandri non tanto dell’investigatore ma del politologo che s’immerge nella vischiosa palude delle ipotesi e scivola nella fantapolitica. Affermando, ad esempio, che le valigette esplosive nell’agenzia di piazza Fontana forse potevano essere due – portate una dai fascista, l’altra dall’anarchico Valpreda – si afferma un concetto: l’infiltrazione dei Servizi fra le file anarchiche, che ha riferimenti concreti ma non è certa riguardo ad attentati mortali. Mentre, infiltrati o direttamente collaborazionisti, i gruppi dell’eversione di destra (Ordine Nuovo veneto di Freda, Ventura, Zorzi, Maggi) secondo quanto appurato dagli inquirenti e secondo quanto tardivamente confessato da alcuni pentiti (Vinciguerra, Digilio) comparteciparono al disegno eversivo orchestrato dalla Cia e attuato dai Servizi italiani. Il piano, seminando morte e paura, voleva giungere a un golpe militare sul modello greco.
Questa è la storia d’Italia su quegli eventi. Giordana la conosce e magari l’accetta, ma nel suo desiderio di romanzare cerca il sensazionalismo, lo scoop senza prove, l’ipotizzato e conseguentemente sostenuto. Teorizzando bombe rosse oltre che nere il regista avalla l’assolutoria, per sé, teoria governativa degli opposti estremismi, collante del regime Dc e tanto cara ai personaggi che scorrono sulla scena, compreso un santificato Aldo Moro che dell’americanismo condivideva se non tutto, moltissimo. Concediamo sempre le attenuanti a ogni autore e creazione artistica, ma quando c’è di mezzo la Storia e il peso che eventi luttuosi come quelli affrontati hanno avuto nella società civile e politica allora bisogna tenere fermi alcuni presupposti. Specie di fronte all’intreccio di quel piano che, fortunatamente fallito negli intenti golpisti, ha visto a lungo esecutori, mandanti e strateghi della tensione confondere le carte e annacquare. Lavare con la menzogna o le meschinità le trame originali che hanno fatto centoquarantaquattro vittime e oltre un migliaio di feriti. Non si chiedeva al regista civile Giordana un didascalico film militante com’era costume proprio nell’epoca descritta, però fa riflettere che quel che resta del Suo Romanzo nella mente dello spettatore, specie se ignaro perché giovane, è una sensazione di vaghezza avvolta nel fumo e nella nebbia di quasi mezzo secolo di depistaggi.
Una condizione che s’avvicina abbastanza a quel revisionismo sottile praticato dall’intellighenzia destrorsa e sposato anche da certa ex sinistra riveduta e corretta dalle cariche del potere istituzionale. Una situazione che poco comprende e tantomeno accetta chi (familiari delle vittime di tutta la filiera delle stragi di Stato, magistratura, alcune componenti politiche, dell’informazione e della cittadinanza italiana) per decenni s’è battuto per il raggiungimento di verità e giustizia. I meandri legislativi e giudiziari hanno salvato parecchi colpevoli, il fumo della fantapolitica letteraria e cinematografica può spargere sale su ferite mai sanate.
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Ka-meh
Non è sensazionalismo, è precisa volontà politica. Vedasi anche l’immondo e ultra-reazionario ‘La meglio gioventù’.