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Quiz per gli insegnanti? Un insulto alla cultura

I decani della cultura umanistica sono in rivolta. Ventisette professori, da Guido Baldassarri, presidente dell’Associazione degli Italianisti (Adi) a Gabriele Burzacchini, presidente della Consulta Universitaria del Greco (Cug) fino a Rita Librandi, presidente dell’Associazione per la Storia della Lingua Italiana (Asli), sono scesi in campo contro le prove di accesso al Tirocinio Formativo Attivo che si sono concluse il 31 luglio.
Sono tutti d’accordo: i quiz proposti ai futuri insegnati sono un insulto alla cultura. I rappresentanti delle Consulte universitarie e delle Società scientifiche delle aree umanistiche hanno inviato una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sottolineando la necessità «di prevedere modalità di valutazione davvero consone alla professione di insegnante».
La battaglia dei decani delle discipline umanistiche è iniziata con una lettera inviata al ministro dell’Istruzione Francesco Profumo all’indomani delle prove per accedera al Tfa. Nella lettera si sottolineava come le prove dimostrassero «un generale depauperamento della nozione di cultura», in primis «nella scelta dei quesiti: spesso ambigui, errati, catalogabili più come dati di enigmistica che come dimostrazioni di saperi».
«Non si possono degradare così la scuola e l’università». I quiz delle selezioni per accedere al Tirocinio formativo attivo, corso destinato a formare i futuri insegnanti italiani, per il professor Luciano Canfora, docente di Filologia Classica all’università di Bari sono «antieducativi». «Ho detto dal primo momento che non si possono degradare la scuola, e un domani l’università, con questi quiz – sottolinea Canfora – La cosa è quasi banale: la stramberia consiste nel non sottoporre a prove autenticamente culturali e scientifiche: come una composizione di italiano, una traduzione dal greco o dal latino. In tutto il mondo civile si fa così. Per vedere la maturità di una persona è necessario che componga un testo di senso compiuto, non che faccia queste prove irrilevanti dove un cretino che ha una buona memoria supera i quiz e una persona di cultura che non ricorda un dettaglio viene esclusa. È antieducativo».
«Il tipo di prova che ho evocato è stato per secoli in vigore», dice Canfora, «poi sono arrivate queste americanate di terzordine o di accatto, frutto di qualche fremito esterofilo di persone che non sanno quel che fanno. Chi le ha scelte sicuramente non è un genio».

«Il vero problema sono i tagli agghiaccianti alla scuola fatti dal governo precedente – sottolinea Canfora – ora con questi corsi strapieni di pedagogia si cerca di contenere la massa degli aspiranti docenti. Una prova ben pensata di vero vaglio culturale rende inutili questi quiz».
«Se in Parlamento ci fossero persone competenti in questo ramo queste brutture non accadrebbero. Da quando si decise di abrogare la forma normale, il concorso, si è fatto di tutto pur di non fare esami sensati, tali da determinare una scelta vera», aggiunge il prof. Quanto alle diverse modalità di accesso all’insegnamento, dalla Siss in poi, Canfora aggiunge: «Tutto questo insieme di corsi a pagamento, i cosiddetti titoli ‘seduti’ che si conseguono cioè per il solo fatto di stare seduti ad ascoltare una persona, partono dal presupposto che l’università è inutile. È una follia malsana: comprarsi il corso per poi avere un pezzo di carta. Questi corsi partono dal presupposto che l’università è inutile e gli studenti-laureati non affrontando mai una vera prova».

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