Luca Cavalli-Sforza è un genetista genovese di calibro mondiale che si occupa, tra le varie cose, del progetto internazionale di studio della Diversità genomica umana dal 1991.
Nel libro “Chi siamo – La storia della diversità umana” l’autore, insieme al fratello Francesco, traccia una panoramica abbastanza completa (grazie anche alle illustrazioni di Laura Arienti) sull’origine dell’attuale distribuzione e diversificazione planetaria umana, a partire da quando i primi Homo sapiens abbandonarono l’Africa per raggiungere gli altri continenti. La scienza più accreditata per questo tipo di ricostruzione storica è senza dubbio la genetica, per questo alcuni capitoli presentano spiegazioni tecniche che però dovrebbero essere comprensibili a chi ha una buona base di biologia scolastica.
Sebbene la genetica svolga un ruolo predominante nella ricostruzione dell’abero genealogico umano e delle tappe della sua distribuzione globale, con l’umiltà tipica di un grande scienziato Luca Cavalli-Sforza ammette che per eseguire uno studio così complicato ha dovuto collaborare con altre discipline scientifiche, come la statistica, e umanistiche come la storia, l’antropologia, la geografia umana, la linguistica (considerata anche da Darwin come parallela all’evoluzione biologica dell’uomo), lo studio dell’origine dei cognomi e via discorrendo.
Il saggio si conclude con una considerazione che stupisce gli idioti: la superiorità intellettiva di un popolo su un altro, vale a dire qualsiasi teoria di razzismo a partire da quella più recente di hitleriana memoria, è scientificamente infondata. I trogloditi che ancora praticano il razzismo giungono alla deprimente conclusione che se due popoli sono fisicamente diversi, con naso occhi bocca e pelle differenti, a tali differenze corrisponderebbe una differenza interna a partire dalle capacità cerebrali. Ma le caratteristiche fisiche esterne sono soltanto un banale adattamento all’ambiente, a fattori come la temperatura e l’esposizione ai raggi solari. L’intelligenza e il livello di coscienza non sono caratteristiche generalizzabili a questa o quella razza e tanto meno sono scientificamente misurabili, lo stesso test del QI esteso su scala nazionale è altamente approssimativo e dipende dalla qualità della vita e dal livello di istruzione. Inutile aggiungere che anche la definizione di razza sta difficilmente in piedi. Non esistono popolazioni “pure”, ognuna è il frutto di innumerevoli incroci avvenuti nel corso di millenni tra un’infinità di popolazioni differenti, e spostandoci geograficamente da una nazione ad un’altra le caratteristiche fisiche non presentano un cambiamento netto ma una variazione graduale e non misurabile. Anche nell’improbabile eventualità che si creasse una razza pura in seguito a dispendiose e velleitarie operazioni di eugenetica volte a selezionare alcuni geni rispetto ad altri, la stessa natura instabile del DNA (che poi è quella che ha permesso alla specie umana di sopravvivere fino ad oggi) porterebbe il pool genico di quella popolazione a uscire dalle righe tracciate verso una ritrovata e naturale diversità, per non parlare della suscettibilità di una simile popolazione a nuove malattie (genetiche e non) o a cambiamenti ambientali che rischierebbero seriamente di portarla all’estinzione.
Nella sua vita, Luca Cavalli-Sforza (classe 1922) ha incontrato spesso i famosi pigmei africani ed è rimasto sorpreso dalla loro intelligenza, cultura e umanità. I pigmei vivono senza computer e ignorano qualsiasi tecnologia moderna, non perché siano più stupidi ma semplicemente perché hanno uno stile di vita con il quale stanno bene e sono felici. L’autore è rimasto scioccato dalle tecniche di caccia raffinatissime e da come essi conoscano a fondo una grande varietà di foglie, radici e frutti per cui non sempre i botanici occidentali hanno un nome; inoltre hanno compiuto grandi scoperte sul comportamento degli animali per le quali neanche National Geographic saprebbe fare di meglio. A detta dell’autore sono anche incredibilmente gentili, dignitosi e molto sensibili. Questo ed altri esempi mostrati nel libro (e non solo) sono a dimostrazione che non sia il Pil di una nazione a decretare la superiorità innata di un popolo su un altro, né il fatto che una qualsivoglia nazione sia stata la più potente e florida in un determinato periodo della storia. Ad esempio in Europa possono vantare periodi di grandezza la Francia, la Spagna, la Germania, l’Italia con l’impero romano e chi più ne ha più ne metta, e ognuno di questi popoli ha avuto i suoi periodi di dominio e splendore seguiti da un inevitabile declino; nessuno può dunque vantare alcuna superiorità assoluta rispetto a un altro popolo nemmeno facendo appello alla storia.
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