“La storia è fatta dagli uomini. Essi, con la loro volontà, forzano le situazioni e determinano gli urti favorevoli al compiersi dei rivolgimenti sociali”. Con queste parole del 1921 dell’anarchico Argo Secondari si apre un agile ed intenso volume che ripercorre l’esperienza di una delle “anomalie” storiche del novecento, quella degli Arditi del popolo: “Livorno ribelle e sovversiva, Arditi del popolo contro il fascismo 1921 – 1922”, edito da BFS nel 2012, scritto da Marco Rossi da anni impegnato nella ricerca storica sulle vicende del movimento operaio dopo la prima guerra mondiale, dedicando particolare attenzione all’antifascismo anarchico ed appunto alla ricostruzione dell’esperienza degli Arditi del cui studio è considerato specialista e precursore.
Presentato a Livorno lo scorso sabato 2 febbraio presso la Federazione Anarchica Livornese (Via degli Asili 33) in una sala gremita di persone di ogni età, introdotto da Giorgio Sacchetti (che del volume ha curato anche la Prefazione) “Livorno ribelle e sovversiva”, racconta come anche nella nostra città, tra l’estate del 1921 e quella del ’22, nacquero e si svilupparono (fino a rappresentare la prima strenua resistenza allo squadrismo fascista prima che questo prendesse formalmente il potere) i gruppi dell’organizzazione armata antifascista degli Arditi del popolo: “tale esperienza nei due anni precedenti la marcia su Roma – prologo farsesco del regime mussoliniano – rappresentò la concreta possibilità di affrontare collettivamente lo squadrismo fascista e impedire sul nascere la conseguente ventennale dittatura, ma anche di dare nuovo impulso alle lotte per l’emancipazione della classe lavoratrice.”
La ricostruzione storica di questa genesi operata con rigore metodologico da Marco Rossi, oltre a fare luce e chiarezza su questa misconosciuta esperienza di antifascismo spesso ignorata e sottovalutata dalla storiografia ufficiale (soprattutto di sinistra), offre la possibilità di riscoprire, andando al di là delle solite banali mitizzazioni, alcuni tratti sociali ed antropologici caratteristici di Livorno, soprattutto della sua componente popolare, oltre che individuarne le tradizionali tendenze politiche, repubblicane, anarchiche, socialiste, comuniste. “A Livorno – scrive ad esempio Rossi – l’arditismo popolare si ricollegò a quella tensione rivoluzionaria che aveva attraversato la composita collettività labronica durante le insorgenze risorgimentali e i conflitti sociali del Biennio rosso”.
Al di là e nonostante la città abbia spesso manifestato (e manifesti ancora) forme di conformismo di massa, è sempre bene ricordare anche la sua tendenza al non sentirsi asservita ai poteri dominanti, e dove qui questa tensione rivoluzionaria sia sempre stata declinata in una prospettiva emancipatoria di classe. L’antifascismo di questo biennio, diversamente da quello poi retoricamente assunto dalla storiografia dominate, il cui obbiettivo condiviso era la lotta per la democrazia, si caratterizza invece per la sua natura di classe. E si capisce bene, leggendo questo libro, a proposito di Livorno. Una Livorno i cui quartieri popolari, dove anche le donne sono protagoniste ed attive, sono ostili ed impenetrabili (fino alla loro caduta per disparità di forza: le violenze fasciste furono infatti “sostenute” dalle forze di polizia e militari dello Stato) ai fascisti e alla polizia in genere, sostenuti invece da tutti coloro (alto borghesi, monarchici, militari, soprattutto dall’Accademia) che erano preoccupati dai movimenti operai e sindacali. Efficaci per calarsi nel contesto le parole scritte dal giovane squadrista fiorentino Mario Piazzesi, ricordando un suo camerata ucciso da gli antifascisti, quando arriva a Livorno il 20 marzo del ’21: “Ben poco il fascismo ha fatto in questa città di mare, visi torvi circolano lungo le strade, ostili queste case alte stecchite così diverse dalle morbide linee nostre, ostile la città che nessuna pietà dimostra per il povero Botti assassinato giorni fa. E passa, il breve corteo, in strade deserte, dove i benpensanti non temono e non sentono il dovere di esporre un tricolore abbrunato per salutare questo ragazzo”.
Ci vorranno poi centinaia di fascisti provenienti da mezza Toscana e la collaborazione delle forze dell’ordine per piegare violentemente Livorno, come ben racconta Marco Rossi nel capitolo finale di questo bel libro. Un libro piccolo ma importante, di parte, che consigliamo vivamente. Buona lettura.
(Su la storia e le vicende degli gli Arditi del popolo a Livorno in questi anni hanno lavorato anche i militanti del Centro di Quartiere Chico Malo, con iniziative e contributi scritti, vedi articoli su Il Quartiere, nell’ambito di una pratica che ha il suo obbiettivo nella salvaguardia della memoria storica della città).
di Lucio Baoprati
Pubblicato sul numero 80 (marzo 2013) dell’edizione cartacea di Senza Soste
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