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Lizzani se n’è andato, come Monicelli

Il regista Carlo Lizzani si è suicidato, lanciandosi nel vuoto, dal terzo piano di un palazzo nel centro di Roma. In un modo molto simile se ne era andato un altro grande regista italiano, Mario Monicelli, nel novembre del 2010, lanciandosi da una finestra dell’ospedale San Giovanni sempre nella capitale dopo aver scoperto di essere afflitto da un male incurabile.

Ad accorgersi del gesto del novantunenne Lizzani sono stati alcuni vicini di casa che hanno visto il corpo nel cortile del palazzo di via dei Gracchi dove abitava il regista che, secondo alcune indiscrezioni, avrebbe lasciato un biglietto ai figli spiegando il perché della sua decisione. Alcune persone che lo frequentavano hanno affermato che negli ultimi mesi appariva depresso, ma non se ne conosce la ragione.

 

Lizzani non è stato solo un grandissimo regista, ma anche sceneggiatore, attore e critico cinematografico. Iniziò la sua lunghissima e straordinaria carriera nel 1950 da documentarista con “Nel Mezzogiorno qualcosa è cambiato”, poi vennero i film come “Achtung! Banditi!” (1951) e “Cronache di poveri amanti” (1954), tratto da un romanzo di Pratolini. Negli anni 60 “Il processo di Verona” (1963) e “Banditi a Milano” (1968). E poi più tardi “Mussolini ultimo atto” (1974), “Storie di vita e malavita” del 1975,  “San Babila ore 20: un delitto inutile” del 1976, “Fontamara” tratto dall’omonimo libro di Ignazio Silone nel 1977, “Mamma Ebe” del 1985, “Caro Gorbaciov” nel 1988, “Celluloide”  nel 1995, “Hotel Meina” è il suo ultimo film del 2007.
Lizzani lavorò anche per la televisione con Nucleo Zero, Un’isola e La trappola. Dal 1979 e per 4 anni aveva diretto la Mostra del cinema di Venezia. Numerose le pubblicazioni: Attraverso il Novecento, con aneddoti sul cinema neorealista italiano, e un’autobiografia. Nel 1999 aveva ricevuto la laurea honoris causa in scienze della comunicazione dall’Università di Torino.

                  

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