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Lettori di libri ancora in calo

La tragica decadenza di un paese, della sua popolazione, si vede da certi dettagli decisivi.

Nel 2013, secondo i dati resi noti ieri dall’Istat, oltre 24 milioni di persone di 6 anni e più dichiarano di aver letto, nei 12 mesi precedenti l’intervista, almeno un libro per motivi non strettamente scolastici o professionali. Rispetto al 2012, la quota di lettori di libri è scesa dal 46% al 43%. Una riduzione del “mercato” che può essere chiarita anche con una constatazione ormai proverbiale: in Italia si vendono meno libri che a Parigi.

Nel corso dell’anno ha letto almeno un libro il 49,3% della popolazione femminile e solo il 36,4% di quella maschile. La differenza di comportamento fra i generi comincia a manifestarsi già in età scolare, a partire dagli 11 anni. Ovvio che a influire sono i “modelli comportamentali”, che penalizzano la cultura come “must” del “maschio che non deve chiedere mai”, perché non sa nemmeno le domande…

La fascia di età in cui si legge di più – non a caso – è quella tra gli 11 e i 14 anni (57,2%). Poi entrano in gioco fattori fisici, dinamiche adolescenziali, ecc, che trovano “soddisfazione” in un’ampia “offerta di mercato” di basso livello (stadio, discoteca, ecc).

La propensione alla lettura dipende dalla scuola, ma anche dall’ambiente familiare: leggono libri il 75% dei ragazzi tra i 6 e i 14 anni con entrambi i genitori lettori, contro il 35,4% di quelli con genitori che non leggono.

Permangono le differenze territoriali: nelle regioni settentrionali legge oltre la metà della popolazione di 6 anni e più (50,1% nel Nord-ovest e 51,3% nel Nord-est), mentre nel Sud e nelle Isole la quota di lettori è pari solo al 30,7%.

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