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Pasolini. Quaranta anni dopo l’omicidio. Riaprire l’inchiesta

Nella notte che divide i santi dai morti, quella tra il 1 e il 2 novembre 1975, veniva massacrato e ucciso Pierpaolo Pasolini. Sono passati quasi quaranta anni. La verità ufficiale è quella secondo cui è stato ucciso da un giovane sbandato – Pelosi – con il quale si era accompagnato per un rapporto sessuale. Una verità che però contiene tanti, tantissimi buchi, tant’è che quattro anni fa si cercò di far riaprire il processo.

Era stato un documentario e le rivelazioni di uno dei ragazzi di periferia trasformati da Pasolini in artisti, Sergio Citti, a presentare nuovi elementi.  Si trattava di alcune riprese fatte dallo stesso Citti dieci giorni l’omicidio di Pasolini all’Idroscalo, uno dei luoghi perduti del litorale romano dove Pasolini fu ucciso. In quel filmato Citti intervistava un pescatore che affermava cose importanti. “Dopo circa dieci giorni girai il video perchè un pescatore mi aveva raccontato cosa aveva visto quella notte ma non voleva essere ripreso perchè aveva paura – dice Citti nel filmato – Due macchine, mi ha detto il pescatore, che ha visto entrare nell’area vicino al campetto dell’idroscalo. Il pescatore stava in una casetta, non so quale, forse una dove avevo trovato un materasso. Pasolini fu preso e tirato fuori da alcune persone, quattro cinque, che l’hanno preso e portato su una rete e cominciato a picchiare”. “Il pescatore diceva che lui strillava, sentiva le grida, che ad un certo punto Pasolini ha fatto finta di essere finito, e s’è tolto la camicia insanguinata e s’è asciugato, ma che poi una macchina è tornata lì, l’ha illuminato coi fari, e quegli uomini l’hanno inseguito a piedi”, continua Citti riportando che il pescatore ha detto di aver visto «st’uomo» alzarsi e scappare, ma poi più niente. Chi e perché ha ucciso Pasolini? La domanda, pesante come un macigno, ha avuto anche una coda recente. E’ difficile dimenticare la stranissima vicenda del romanzo più scomodo di Pasolini, Petrolio. Secondo molti era stato proprio questo libro – che chiamava in causa uno degli uomini neri più potenti di quegli anni, Eugenio Cefis – ad attirare su Pasolini la sentenza di morte . Nel 2010 il numero uno di Forza Italia, il deus ex machina  Dell’Utri annuncia di aver letto e di essere in possesso dell’ultimo capitolo di Petrolio e di volerlo presentare al Salone del Libro. Interpellato Dell’Utri affermò di non sapere chi glielo avesse dato. Ci fu una interrogazione parlamentare di Veltroni con la risposta di Dell’Utri il quale affermava di  non essere più in grado di ricostruire chi gliel’aveva dato. Interrogato nel dicembre del 2011 su questo episodio, Dell’Utri, parla di un misterioso venditore che lo avvicinò durante un ricevimento a Milano offrendogli il manoscritto di Pasolini e che lui, appassionato bibliofilo, abboccò.

Ma della riapertura dell’inchiesta per l’omicidio di Pasolini si è tornato a parlare anche in queste settimane che coincidono con il quarantennale della morte. Per ora solo in teatro attraverso lo straziante monologo dell’attore e autore Claudio Pierantoni che ha portato in scena al Quirino di Roma il suo “Dimmi Pierpà”. Un monologo che è un atto di accusa non solo per gli assassini ma anche per chi troppo presto ha ritenuto la verità giudiziaria su quel delitto sufficiente a stendervi sopra un velo di oblìo. Al monologo vengono alternati spezzoni di film e interviste di Pasolini e una lettura a tre voci dei suoi Scritti Corsari, testi di una straordinaria lungimiranza, quasi profetica, su quello che stava diventando l’Italia investita dal consumismo di massa, un meccanismo devastante che Pasolini definì come peggiore del fascismo.  E’ noto che nell’ Italia degli ultimi venti anni, per molto tempo l’opposizione l’hanno fatta i comici. Adesso sembra arrivato il tempo degli attori, del teatro o del cinema come ultima trincea dell’urlo che su questa, come altre vicende, continua a chiedere che venga fatta verità e giustizia. La politica ufficiale appare ancora una volta appagata, distratta, latitante, complice.

 

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