E’ appena terminato il 32° Torino Film Festival e ovviamente la stampa torinese s’affretta a celebrare l’ennesimo trionfo della nuova Torino smart.
In questa grancassa mediatica c’è un problema che però sarebbe passato sotto silenzio, se non fosse stato per quei guastafeste di “sistema torino”, che sul blog pubblicano un intervento firmato da Federico Altieri, protagonista suo malgrado di una vicenda che all’epoca sollevò un gran polverone.
I fatti sono questi (e sono raccontati anche in un bel documentario “dear Mr. Loach”, disponibile online): nel 2012 vengono licenziati alcuni lavoratori (fra cui Altieri) della coop Rear (presieduta da Mauro Laus, noto esponente del PD), a cui erano stati appaltati vari servizi anche per il Museo del Cinema di Torino. È la solita brutta storia dei subappalti al ribasso: stipendi da fame (poco più di 5 euro lordi all’ora), clima intimidatorio e licenziamenti facili. I lavoratori però reagiscono: venuti a sapere che Loach avrebbe ricevuto dal Torino Film Festival (organizzato proprio dal Museo del Cinema) il premio alla carriera “Gran Torino” gli scrivono una lettera (il cui incipit è ovviamente “Dear Mr. Loach”) , raccontandogli la vicenda.
Loach, artista da sempre dalla parte della classe lavoratrice non solo nei suoi film, decide allora di rifiutare il premio in solidarietà ai lavoratori, che incontra a Torino nel dicembre 2012 nel corso di una affollatissima assemblea.
Come ricorda lo stesso Altieri su “Sistema Torino”, la decisione di Loach provocò la stizzita reazione di Alberto Barbera, che definì Loach un “testone fuori dalla realtà”.
Peccato che i fatti abbiano dato ragione ai lavoratori e a Loach: la corte di Appello di Torino nel 2014 ha condannato la Rear e in solido anche il Museo del Cinema al risarcimento di due lavoratori per via dell’ingiusto licenziamento per “insubordinazione”.
E Barbera? Ancora saldamente al suo posto e senza che nessuno gli abbia chiesto conto di nulla. Altieri chiede, e noi ci uniamo alla domanda: “In quale paese occidentale una palese figura da cioccolataio non avrebbe portato alle dimissioni dei dirigenti? Alberto Barbera, gentile direttore, perché non s’è dimesso da direttore del Museo nazionale del Cinema?”.
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