Al ritorno dal fronte di Brunete, Gerda Taro perse la vita a causa di un incidente. Viaggiava aggrappata al predellino esterno della vettura del generale polacco Walter Swierckinsky, colma di feriti; Walter fu un noto Comandante delle Brigate Internazionali.
Ad un certo punto, aeroplani tedeschi volarono a bassa quota sul convoglio repubblicano mitragliandolo, seminando il panico e provocando il caos fra i vari veicoli fra i quali quello della reporter. Un carro armato repubblicano amico urtò, nel trambusto generale, l’auto alla quale era aggrappata Gerda che cadde sotto i cingoli del tank restando schiacciata e letteralmente sventrata.
Gerda non perse conoscenza e durante il penoso trasferimento, che durò ore, all’ospedale di Madrid ‘El Geloso’ mantenne le viscere in sede con la pressione delle proprie mani; i testimoni ricordano un’incredibile freddezza e coraggio nella ragazza.
Alcuni tra i migliori medici delle Brigate Internazionali le trasfusero plasma e tentarono di operarla senza anestetici e senza antibiotici, suturare la devastante ferita ma si resero subito conto che ogni tentativo non l’avrebbe mai salvata; il suo organismo non poteva più svolgere alcuna funzione vitale che si protraesse oltre le poche ore.
All’infermiera che dovette vegliarla fu indicato di somministrarle tutta la morfina possibile per non farla soffrire in quanto il decesso era inevitabile. Restò in vita e vigile sino all’alba del 26 luglio 1937; morì semplicemente “chiudendo gli occhi”. Gerda aveva 26 anni.
Il suo corpo fu traslato a Parigi e accompagnato da 200mila persone fu tumulato al Père Lachaise con tutti gli onori dovuti ad un’eroina repubblicana. Allo scultore Alberto Giacometti venne chiesto di realizzare il monumento funebre. Pablo Neruda e Louis Aragon lessero un elogio ‘in memoriam’.
Il suo compagno Capa non si riprese mai più dalla morte della dolce e vivacissima Gerda, prima donna reporter a morire sul lavoro. Da allora anch’egli rischierà sempre la morte sul lavoro, incontrandola poi nel 1954 nella guerra di Indocina.
Un anno dopo la morte di Gerda, nel 1938, Robert Capa pubblicherà in sua memoria “Death in the Making”, riunendo molte foto scattate insieme.
La sua tomba a Parigi, giace dimenticata nella zona di Père Lachaise dedicata ai rivoluzionari e alla Resistenza, vicino al noto Mur des Federès.
Nel 1942 il regime collaborazionista fascista francese censurò l’epitaffio inciso sulla tomba di Gerda, epitaffio mai più restaurato. La tomba, dopo le modifiche occorse nel 1953, è accessibile da un viottolo posteriore.
La tomba di Gerda Taro fu l’unica ad essere violata dalla mano nazi-fascista, forse per l’influenza che la giovane rivoluzionaria, caduta nella guerra contro il fascismo, ancora esercitava sulla crescente Resistenza francese.
Rimasta a lungo nell’ombra del fidanzato Robert Capa e relegata al ruolo di sua compagna, dalla metà degli anni 1990 Gerda Taro è oggetto di interesse storico per il suo ruolo di giovanissima donna contro-corrente, rivoluzionaria militante sino al sacrificio massimo e protagonista della storia della fotografia e della Resistenza al fascismo.
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