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I 50 anni della Lega di Cultura di Piadena

Si è svolta nel fine settimana dal 24 al 26 marzo la festa annuale della Lega di Cultura di Piadena (CR), resa quest’anno particolarmente importante dalla ricorrenza del cinquantennale della sua fondazione, avvenuta nel marzo del 1967. La festa è iniziata il venerdì sera, nel bel teatro comunale di Casalmaggiore con un concerto dei gruppi musicali partecipanti. Gruppi di stile musicale e di provenienza molto diversa, come il gruppo fiorentino dei Suonatori della Terra, i tenores Sirigò di Orgosolo, I giorni cantati e diversi cori provenienti da varie regioni italiane e dalla Spagna, dalla Francia e dal Portogallo. Un concerto che ha dato subito il tono alla festa, poiché si è svolto in un clima di grande amicizia, corroborata dal piacere di ritrovarsi che ha accomunato molti compagni e persone che fanno della partecipazione a questa festa un evento che si ripete ogni anno. Il sabato mattina è stato proiettato il film Kennst Du das Land? (Conosci questa terra?) di Hans Goetz e Peter Kammerer, uno dei principali collaboratori della Lega di Cultura di Piadena, realizzato nel 1977 per la televisione della Germania Occidentale. Si tratta di un film documentario di grande interesse, girato tra Venezia, Porto Marghera e Piadena, che pone a confronto la situazione e le lotte operaie di Porto Marghera (prima tra tutte, in quegli anni, quella contro la nocività in fabbrica) in cui erano coinvolti molti operai di provenienza contadina e la vita nei paesi dove opera la Lega di Piadena, la cui attività di ricerca e di informazione culturale è presentata attraverso le riprese dirette della produzione dei libri, delle mostre fotografiche, dei volantini realizzati dalla Lega e dalla voce diretta dei suoi fondatori, in particolare Gianfranco “Micio” Azzali.

Nel pomeriggio di sabato si è tenuta la presentazione del libro Il Muro di Piadena 2, che documenta l’attività della Lega di Cultura dal 1997 al 2017 e che continua e completa un precedente testo dedicato al periodo 1967-1997. In realtà, si è trattato di una presentazione-convegno, durante il quale hanno preso la parola diversi esponenti del mondo culturale e politico, come Eugenio Camerlenghi, Matteo Rebecchi, Cesare Bermani, Stefano Arrighetti, Mario Agostinelli, Alessandro Portelli e altri. Torneremo su questo momento di discussione dopo aver scritto del cuore sociale delle tre giornate: la festa della domenica, durata dal mattino sino a sera. Si tratta di una festa assolutamente particolare, unica tra tutte le feste popolari. Anzitutto, il fatto che si svolga direttamente nel cortile di casa di “Micio” Azzali, fondatore della Lega, (che lì ha anche la sua sede) ne fa già un fatto socialmente unico, che mette in luce la grande compenetrazione tra la vita personale dei membri della Lega di Cultura (che ebbe tra i fondatori anche Eugenia, madre del “Micio”, scomparsa nel 2010) e il loro impegno sociale, politico e culturale e che comunque comporta anche un atteggiamento diverso, più partecipativo, di chi viene per stare alla festa. Inoltre, si tratta di una festa il cui programma è solo un canovaccio, ognuno può fare musica, cantare, recitare, nella corte o nel vicino bosco, tanto che è impossibile fare un elenco completo di tutti i singoli e gruppi che si sono esibiti, molti dei quali anche spontaneamente. E tutto, nella festa, è assolutamente gratuito, dall’accesso alle iniziative ai pasti, fatto che evidentemente favorisce la partecipazione anche di chi non ha molti mezzi economici. Si tratta quindi di un avvenimento da ricordare, che si ripete annualmente da cinquanta anni e che appare però assolutamente attuale.

La Lega di Cultura di Piadena forma, con l’Istituto Ernesto De Martino per la conoscenza critica e la presenza alternativa del mondo popolare e proletario, Il Circolo Gianni Bosio di Roma e la Società di Mutuo Soccorso Ernesto De Martino di Venezia una rete di associazioni che condividono una comune pratica di ricerca sulla cultura delle classi subalterne.

Negli anni sessanta la Lega di Cultura di Piadena era una delle Leghe nate come canali al servizio del proletariato per iniziativa di Gianni Bosio, che in una lettera a Giuseppe Morandi (altro fondatore e animatore sino a oggi della lega di Piadena), nel 1957, immaginava appunto la creazione di molte Leghe in diversi centri italiani. Nel progetto di Bosio, le Leghe erano viste come operazione di promozione e valorizzazione della cultura popolare, di organizzazione culturale di classe, di ricerca sulla cultura delle classi subalterne. Quindi un progetto più culturale che politico. In questo quadro, le Leghe si ponevano il compito di far conoscere la visione del mondo delle classi subalterne, non sostituendosi al partiti della classe, di cui potevano tuttavia, dal loro punto di vista, essere critiche.

piadena 5Se la Lega di Cultura di Piadena ha potuto festeggiare quest’anno il suo cinquantesimo compleanno, mentre le altre Leghe sono scomparse, è certamente per una serie di condizioni umane, sociali e politiche che ne caratterizzano la vita. Tra le condizioni umane, la grande disponibilità della famiglia Azzali, i cui componenti hanno dedicato enormi energie alla vita della Lega, sino a far coincidere in parte la propria vita con quella della Lega, ma anche la capacità di creare e sviluppare contatti con altre organizzazioni nazionali e internazionali e infine l’idea chiave che la Lega non dovesse solo documentare la storia delle classi subalterne, ma anche fare la storia e che a farla fossero proprio le classi popolari. Un concetto ben espresso da Gianfranco Azzali in un’intervista disponibile su Youtube (https://www.youtube.com/watch?v=U5UafkK4HEQ). In quella intervista, tra l’altro, Micio Azzali ricorda le iniziative a Piadena prima della fondazione della Lega di Cultura, quali la Biblioteca di Cultura Popolare della Cooperativa di Consumo, fondata e animata da Mario Lodi, che certamente contribuì a creare il terreno favorevole alla nascita della lega di Cultura, ma che –ci dice- erano soprattutto iniziative di intellettuali e non di proletari. Peraltro, la presenza di Mario Lodi come insegnante e animatore culturale ha avuto certamente un ruolo nel creare un terreno favorevole alla nascita della Lega di Cultura. Il suo lavoro d’insegnante, in cui i bambini erano guidati a fare matematica calcolando e scoprendo quali fossero gli affitti terrieri e la ripartizione dei frutti economici della terra, oppure a redigere giornali e scambiare lettere con classi di scuole lontane, confrontando i contesti di vita, non deve essere dimenticato. Come egualmente non si deve dimenticare l’attività di Mario Lodi per gli adulti e con gli adulti, come fondatore e animatore di Biblioteche Popolari e promotore di giornali popolari e di gazzette in cui si discutevano e si denunciavano i problemi del popolo. Un’attività questa, che continua oggi con i volantini che la Lega di Cultura redige e distribuisce nei paesi della zona di Piadena per informare ma soprattutto orientare gli abitanti sulle questioni sociali e politiche di rilievo, che sono raccolti e riproposti nei due libri de Il Muro di Piadena.

La produzione culturale della Lega di Cultura non si limita peraltro solo ai volantini, dato che ormai annovera una quantità di quaderni sul mondo popolare e contadino e anche libri e film, come per esempio lo storico libro fotografico e film I paisan di Giuseppe Morandi, che ha anche presentato, nel corso della festa 2017 il suo nuovo lavoro di cinema etnografico Il falò di Pescarolo.

piadena 3Se la Lega di Cultura di Piadena sembra godere di buona salute sarebbe tuttavia miope non prendere atto che diversi problemi sorgono dalle condizioni sociali e politiche assai diverse oggi rispetto al 1967. Il contesto sociale è radicalmente cambiato dal 1967: il lavoro nelle campagne vede una presenza di lavoratori minima rispetto agli anni sessanta ed è inoltre massimamente meccanizzato. I bergamini (addetti alla cura delle vacche) sono in gran parte stranieri e la mungitura è controllata con computer mentre il lavoro nei campi si avvale di trattori ipertecnologici. Le vecchie cascine, che si stagliano nel paesaggio della bassa padana, un tempo, in pratica, villaggi autosufficienti in cui vivevano i contadini e rese ben note da Novecento di Bertolucci sono in parte abbandonate, abitate solo in parte, oppure trasformate in agriturismi e ristoranti tipici.1

Le trasformazioni del lavoro non possono evidentemente non avere conseguenze sulla cultura. La cultura delle classi subalterne esprimeva, un tempo, una visione del mondo complessivamente alternativa a quella egemone, mentre oggi le cose sono più complesse, data, per esempio, la fascinazione del consumismo su molti settori popolari, che spinge all’isolamento e all’individualismo. Ma ancor più importante è il dato per cui molti lavoratori e proletari sono immigrati, quindi persone che hanno biografie e storie culturali e linguistiche diverse tra loro e rispetto alla vecchia cultura contadina. Non è un caso che il libro Il Muro di Piadena 2 sia pieno di racconti di migranti, segno di un’attenzione della Lega di Piadena ai temi della migrazione. Da ultimo, dopo le mutate condizioni sociali e culturali, resta la situazione politica. Come ha ricordato, nel suo interessante intervento introduttivo alla discussione di sabato Eugenio Camerlenghi, il panorama politico del 1967 vedeva una presenza ancora forte dei partiti di riferimento della classe e una quantità di altre organizzazioni politiche popolari. Oggi le cose non stanno più così poiché i partiti più che stabili e organizzate rappresentanze di classe sembrano agenzie elettorali. Osservando i volantini della Lega di cultura si nota che le organizzazioni cofirmatarie spariscono progressivamente nel corso del tempo, segno del venire a mancare di un tessuto politico di classe.

Questi sono i propiadena 4blemi con cui si deve confrontare per il futuro la Lega di Cultura di Piadena, che tuttavia è solo un esempio specifico delle questioni che riguardano tutti coloro che si occupano oggi di cultura delle classi subalterne, in un contesto sociale, culturale e politico in cui individuare una cultura popolare unitaria di riferimento è sempre più complicato. A questo tema mi sento di aggiungere che sempre più difficile è anche trovare coloro che, per usare le parole di Gianni Bosio, possano essere degli intellettuali “rovesciati”,2 vale a dire intellettuali che sappiano rovesciare il proprio ruolo storico per studiare e valorizzare la cultura di classe, in opposizione al potere borghese. Oggi purtroppo assistiamo al desolante teatrino di intellettuali (o pseudo tali) che predicano la fine della storia e promuovono il pensiero unico, negando persino sprezzantemente l’esistenza di culture alternative a quella borghese. Un rapporto, quello tra cultura popolare e intellettuali, che è stato sempre problematico nelle organizzazioni socialiste e comuniste, come è testimoniato, per esempio, nel carteggio tra Ernesto De Martino e Pietro Secchia, 3 ma che oggi, in un momento di crisi della rappresentanza politica di classe, sembra acuirsi.

piadena 2Abbiamo quindi bisogno di riflessioni importanti per comprendere cosa sia oggi la cultura popolare in Italia, più difficile da cogliere perché non più facilmente individuabile nei campi e nelle officine, e in più costituita e costruita in buona parte da persone provenienti da paesi lontani. Ma è solo mettendosi al lavoro su questi temi che si può pensare di conoscerla e anche di “fare” la storia, e di sicuro in questo difficile lavoro i compagni della Lega di Piadena ci sono. Questo anche se mi sembra che l’unica nota stonata della tre giorni di Piadena si sia sentita il sabato pomeriggio, quando i relatori intervenuti al convegno sono stati alquanto evasivi rispetto alle domande poste nel suo intervento introduttivo da Eugenio Camerlenghi , che poneva, appunto la questione di come lavorare per conoscere e costruire una cultura odierna delle classi subalterne.

 

1# Una bella descrizione delle trasformazioni della Bassa Padana, del lavoro di Mario Lodi, ma anche di altre “geografie della memoria” si trova nel libro di Antonella Tarpino Spaesati, luoghi dell’Italia in abbandono tra memoria e futuro, Torino, Einaudi, 2012.

2# Gianni Bosio: L’intellettuale rovesciato, Milano, Edizioni del Gallo, 1967.

3# Il carteggio è pubblicato a cura di Riccardo De Donato: Compagni ed amici. Lettere di Ernesto De Martino e di Pietro Secchia, Firenze, la Nuova Italia, 1993.

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