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Il popolo dei mezzogiorni uniti e l’Europa di Maastricht

Se tre mesi di visibilità della lista Potere al popolo hanno inciso sullo scenario politico italiano per l’1,qualcosa%, mentre ormai storiche e meglio finanziate formazioni parlamentari ed extraparlamentari hanno ottenuto risultati proporzionalmente più deludenti, come i radicali di +Europa (2,4%) e i neofascisti di Casapound (0,8%), è possibile ipotizzare che il futuro di questa lista e del movimento che l’ha incarnato appare più roseo di quanto si pensi.

Ciò non toglie però che Potere al popolo dovrà il prima possibile imparare sia dai punti di forza sia dalle debolezze delle istanze ad essa alternative, soprattutto da quelli del Movimento 5 stelle, il quale ci informa su tre dati di fatto: ancora una volta il Paese sembra essere disintegrato in due grosse macroregioni, quella Centro-Settentrionale e quella Meridionale e insulare; il Mezzogiorno sembrerebbe ancora una volta e ormai da più di 150 anni a questa parte ancora animata da un sogno di rivalsa, da un desiderio storico di emancipazione sociale ed economica; i risultati deludenti del Movimento 5 stelle nel Centro-Nord ci confermano che a lungo andare la mancanza di una teoria politica forte, di un progetto politico (che non va confuso con un mero programma elettorale) capace di organizzare e disciplinare, in altre parole di identificare, in un partito unico le forze della sinistra antagonista, potrebbe risultare un errore strategico, da cui non ci si potrebbe più rialzare.

L’antifascismo e il marxismo gramsciano non è più identificante e continuare a disperdere energie nell’ingenua credenza che il movimentismo e lo spontaneismo diano maggiore credibilità e affidabilità a Potere al popolo potrebbe a lungo andare rivelarsi distruttivo.

Il popolo dei mezzogiorni uniti e l’Europa di Maastricht. Per un pensiero dell’integrazione, di Angelo Calemme, Edisud Salerno, Salerno 2018, è un piccolo volume che sembrerebbe metterci in guardia proprio su quanto detto e, studiando l’attualità, propone soluzioni per nulla campate in aria, anzi, concrete e del tutto praticabili sia sul breve sia sul lungo periodo. Angelo Calemme ha studiato molto da vicino Potere al popolo e si è formato negli stessi ambienti in cui Viola Carofalo, il portavoce nazionale di Potere al popolo, ha mosso i suoi primi passi come leader della sinistra antagonista napoletana e cioè dall’Onda studentesca del 2008 fino all’Ex OPG “Je so’ pazz”.

Come nel 2008, secondo Calemme, negli ultimi anni la sinistra antagonista manca ancora di una teoria politica e di una disciplina di partito che formi criticamente le masse, che le renda omogenee, le identifichi, in una «cittadinanza come milizia» (Geymonat). Il pamphlet di Calemme risulta essere non un testo marxista nel senso stretto del termine, eppure tra i suoi riferimenti teorici prevalenti vi sono tutta una serie di autori che, convenzionalmente, si fanno risalire al marxismo internazionale, al meridionalismo e al terzomondismo. L’autore principale a cui il volume sembrerebbe maggiormente ispirarsi è Nicola Zitara, un economista calabrese di scuola gramsciana, negli ultimi decenni della sua vita un fervente neoborbonico, di recente scomparso, che, come scrive Calemme, comprese sin dagli anni ’70 che «per poter emancipare un popolo sconfitto, materialmente e moralmente sottosviluppato, come quello dei mezzogiorni italiani ed europei, occorre il prima possibile ritornare, politicamente, a pensare una coscienza di classe per coloro che per ragioni storiche determinate non ne hanno mai posseduta una e cioè quella del cosiddetto proletariato esterno.

Il pensiero politico di Zitara nasce infatti da una generale rilettura critica del socialismo scientifico italiano e in particolare dalle contraddizioni che la teoria gramsciana rivelò di sé nel momento in cui fu applicata all’annoso problema della mancata unificazione nazionale italiana e dell’annessa e connessa Questione meridionale». Calemme con passaggi semplici e appassionati ripropone e divulga il pensiero politico di Zitara nelle aggiornate vesti di un pensiero dell’attualità, non solo italiano ma europeo, che al tempo della spirale tecnocratica e del trionfo dell’ordoliberalismo si sforzi di ripensare un’emancipazione possibile per quelle masse di sfruttati, esterne a qualsiasi nazione, a qualsiasi razza, a qualsiasi classe, che come i barbari della Roma antica bramano ormai già da tempo non solo l’ospitalità ma una cittadinanza effettiva.

La categoria interpretativa nodale per dipanare il problema del proletariato esterno europeo è, secondo Calemme, quella dell’accumulazione ordoliberale che sia in Italia sia in Europa si sostiene sulla riproduzione di sempre nuovi mezzogiorni, sempre nuove aree di sottosviluppo indotto, nel cuore dell’Europa, funzionali al sistema dello sviluppo europeo.

Sulla base dei documenti raccolti e dei dati empirici ordinati, Calemme – con e oltre Zitara – spinge a credere che il futuro della sinistra antagonista è nella creazione di un pensiero politico capace di identificare in unico popolo i sottosviluppati d’Europa e, sulla base non tanto di un internazionalismo proletario ma di un europeismo dei mezzogiorni, indurre, se necessario con moti organizzati di massa contro il sistema di Maastricht, una reale integrazione europea che riparta non tanto dalle aree sviluppate e ora in sofferenza ma dalle aree storicamente deindustrializzate, che come i paesi del Terzo mondo oggigiorno investono solo nel turismo e nell’agricoltura. Questo perché la lotta non dovrà essere guidata dal proletariato industriale e neanche dal sottoproletariato urbano ma dal proto-proletariato delle aree sottosviluppate d’Europa (Italia meridionale, Germania orientale, Grecia, etc.).

Per chi volesse evitare che la sinistra antagonista, ancora una volta, si infranga sugli scogli dell’antifascismo identitario e su parole d’ordine ormai scadute, la lettura del piccolo scritto di Calemme potrebbe risultare molto utile, in quanto propone di rileggere la categoria di integrazione dal punto di vista dell’emancipazione materiale e morale; e cosa più curiosa lo fa con lo sguardo di chi, parafrasando Francesco II di Borbone, “non ha nemmeno gli occhi per piangere”, ovvero del lavoratore esterno al lavoro europeo e per questo migrante.

Ciò appare evidente non appena leggiamo la sinossi di questo volumetto, secondo la quale «in un’Europa priva di una carta costituzionale, in quest’Europa tecnocratica e neoliberale, l’unico vero popolo europeo è quello dei suoi mezzogiorni, ovvero di quelle masse di lavoratori che in quanto esterne, disintegrate, escluse dal lavoro e dallo sviluppo comunitario, rimangono fuori a qualsiasi ordine e grado di cittadinanza».

Il volume di Calemme «si rivolge a queste ultime, ponendo a loro disposizione tutta una serie di dati empirici e modelli interpretativi, al fine di ritornare a pensare politicamente la loro emancipazione sociale nella lotta politica per l’integrazione delle aree sottosviluppate all’interno del mercato unico; come ci insegna infatti la storia delle mancate unificazioni italiana e tedesca, nessuna forte identità, nessun sentito vincolo di appartenenza, legherà mai un greco a un tedesco, un francese a uno spagnolo, un olandese a un italiano, fino a quando non vi sarà una preliminare volontà politica costituente, che spinga ad esempio stati nazionali così diversi e tuttavia così simili tra loro, come quelli dell’Unione, ad integrarsi vicendevolmente.

Solo quando si otterrà una cittadinanza comunitaria del lavoro, sulla base cioè di una lotta politica e sociale per la costituzione di un potere pubblico e federale che sovraintenda agli interessi privati dei singoli paesi per lo sviluppo dei mezzogiorni, un unico popolo europeo nascerà alla storia, ponendo con ciò fine a questa nostra grande crisi e ricordando ai più che non è mai stata, come ingenuamente ancora si crede, meramente economica, ma innanzitutto sociale e istituzionale».

Per chi volesse provare a rileggere l’attualità con gli occhi di un neomeridionalismo per provare a immaginare un futuro possibile per la sinistra antagonista italiana ed europea, vale la pena dare un’occhiata a questo pamphlet alquanto sui generis.

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2 Commenti


  • ZV

    Il meridionalismo è la malattia senile del movimentismo.


  • Angelo

    Il meridionalismo è la malattia senile del movimentoiamo? Che cosa vuol dire?

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