Gerry Bavetta, classe 1988, è un thaiboxer celebre nell’ ambiente delle arti marziali: imbattuto in Italia, è 16° nel ranking mondiale WBC della sua categoria (53 kg).
Siciliano, di Ribera, paese dell’agrigentino famoso per le arance, Bavetta è anche un fiero militante del Partito Comunista.
Al pari di Lenny Bottai e Carlo Bentivegna, fa parte di quelle fila di lottatori che non hanno remore nell’esternare fuori dal ring la loro fede politica.
Bavetta fa spesso la spola per allenarsi tra la Thailandia, paese in cui affondano le radici della Muy Thai e Ribera, dove gestisce insieme al padre un negozio di autoricambi.
Bavetta, da qualche anno si registrano importanti successi sportivi di fighters che militano nella cosiddetta sinistra antagonista: Bottai e Bentivegna nella boxe, lei nella thai boxe, per non parlare di quelle decine di atleti che magari sono meno noti alle cronache sportive ma si formano sportivamente e culturalmente nelle palestre popolari. Insomma, prima gli sport da contatto erano considerati esclusivo appannaggio della destra: si sta registrando forse un’inversione di tendenza?
In passato anche io avevo la percezione che la cultura degli sport da combattimento fosse propria della destra, ma col tempo ho capito che era un preconcetto, uno stereotipo errato, appunto. Credo che in Italia si stia acquisendo consapevolezza di quello che realmente significhi sport da combattimento e dei valori che sottende. Il fascismo è violenza, mentre le arti marziali sono cultura, un’altra cosa.
Dichiararsi comunista di questi tempi è cosa abbastanza inconsueta, cosa l’ha spinta alla militanza politica?
Premetto che non provengo da una famiglia politicizzata: la mia è stata una presa di coscienza individuale, nata dal frutto di anni di studi e letture. Ho sempre cercato di tenermi “politicamente” informato e sono convinto della necessità di diffondere le idee e di fare militanza, partendo proprio dalle basi marxiste-leniniste, da qui la mia scelta di aderire al P.C.
Che cosa cambierebbe nell’approccio allo sport in Italia?
Lo sport anche in Italia sta diventando sempre più classista, cioè sempre più riservato alle classi più agiate: di contro rimane spesso precluso alle classi povere. Si osservano prezzi sempre più alti, trasferte e costi di iscrizione ai tornei che spesso poche persone possono permettersi. Si crea un’effettiva discriminazione in funzione del reddito. La struttura economica finisce col determinare quella sportiva, ma del resto anche quella artistica e culturale in generale. E’ tutto da ripensare.
Qual è il suo prossimo obiettivo sportivo?
Non tanto l’ambizione in sé a conquistare la cintura, ma quello “strettamente” sportivo di continuare a combattere e sconfiggere i più forti campioni thailandesi.
Come vede il futuro politico in Italia?
Credo segua le sorti del resto del mondo. Stiamo assistendo ad una fase di totale assenza delle lotte dei lavoratori e contestualmente ad un impoverimento dei diritti sociali. Il movimento dei lavoratori sta arretrando e con esso tutto la società. La gente non si rende conto che in assenza delle lotte, si ha un arretramento sul piano dei diritti sociali. Spesso mi dicono che il comunismo ha perso: in realtà quello che ha perso in questi anni, purtroppo, è stato l’intero movimento dei lavoratori.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa