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Il debito italiano si può ripudiare?

Alla fine la realtà si impone sull’ideologia. Pubblichiamo questo pezzo-recensione che parla di debito pubblico, sua formazione, rimborsabilità, ecc, non perché dica cose originalissime, ma per il luogo in cui è apparso. il manifesto, fin quando ne hanno fatto parte Valentino Parlato e Galapagos, era attentissimo ai problemi dell’economia – alla “struttura” dei rapporti sociali; ed anche quando si potevano non condividere alcune (molte) posizioni politiche, era comunque un’ottima fonte di informazione e formazione culturale di quella che veniva allora chiamata “sinistra”.

Poi il buio. In senso letterale, come scomparsa dei temi economici (e a maggior ragione la loro analisi critica) e prevalere di un “sentito dire” fondamentalmente “europeista” (basti vedere il trattamento riservato a La France Insoumise o ai gilets jaunes).

Scrivere, su quel giornale, sebbene nell’ambito della recensionead un libro, che il debito pubblico è una trappola strutturata da multinazionali, finanza e UE (lato Bce, in questo caso); che bisognerebbe rompere quei “contratti” (trattati) controfirmati da dirigenti politici “democratici” non si sa se più incompetenti o complici; e che neanche Salvini, nonostante la retorica quotidiana, è in realtà interessato a rompere alcunché…

Beh, è una novità che si spiega solo con la forza dirompente, paziente e implacabile della realtà sull’ideologia. Che, ricordiamo è “falsa coscienza”…

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«Se Salvini volesse davvero combattere contro Bruxelles, come afferma, dovrebbe spingere affinché il governo smetta di rimborsare i 360 miliardi di euro di titoli italiani, detenuti dalla Bce. Mi potrà smentire, ma credo che non lo farà, altrimenti entrerebbe in contraddizione con i banchieri italiani e le istituzioni finanziarie che lo sostengono». Così lo storico e politologo Eric Toussaint, di Cadtm, rispondendo a una domanda sul contesto italiano, nell’ambito di un incontro sul debito nella sede dell’agenzia Di.re.

Nel corso dell’evento di Roma è stato presentato il suo libro, Il Sistema, Storia del debito sovrano e del suo ripudio (prefazione di Marco Bersani, edizioni Bordeaux), così come a Taranto, Parma e Milano.
È stato messo in evidenza come il sistema del debito come strumento di dominazione sia l’architettura del capitalismo. Il braccio operativo è costituito da istituzioni come il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, l’Organizzazione mondiale del commercio, che destabilizzano mercati e Stati, attraverso il ricatto del debito, imponendo politiche di ’salvataggio’ alle condizioni da loro stabilite. A farne le spese i popoli dei paesi più poveri, i quali, messi di fronte all’obbligo di restituire i debiti pregressi, cedono risorse, terre, prodotti. Le grandi multinazionali, col sostegno dei governi occidentali, monopolizzano le attività estrattive minerarie, impongono i loro prodotti, distruggono la piccola economia contadina, devastano i territori.

Anche le istituzioni europee, come Bce e Commissione europea, hanno istituito dei dispositivi che costringono gli stessi Stati dell’euro-zona a ricorrere al mercato speculativo per finanziarsi.

Il debito non è una calamità naturale, né l’effetto di una spesa sociale troppo alta: la sua odiosità discende dalla sua composizione e dagli effetti antipopolari che ne discendono.

Toussaint ha sostenuto che il debito odioso può essere ripudiato, come hanno cercato di fare molti popoli e governi nel corso della storia degli ultimi 2 secoli. «Affinché un debito contratto da un governo regolare in un modo altrettanto regolare possa essere considerato odioso occorre dimostrare che gli obiettivi, per i quali i debiti furono contratti, fossero palesemente contrari agli interessi di tutto o di una parte del territorio e che i creditori al momento dell’emissione del prestito fossero al corrente della finalità odiosa».

Le cause del debito pubblico italiano sono: i salvataggi bancari (13,5 mld), i mancati introiti fiscali per effetto delle riduzioni di cui hanno beneficiato i redditi più alti (295 mld), le speculazioni finanziarie (467 mld solo negli anni 1992/207/2011)), gli interessi sul debito (dal 1992 al 2017 2.094 miliardi, di cui 1.299 a debito), elusione ed evasione fiscale (mediamente 120 mld l’anno).

Alla luce di questi dati e delle altre spese, come ad esempio quelle per armamenti e grandi opere inutili e dannose, può essere ripudiato il debito pubblico italiano?

Noi pensiamo di sì, a patto di saper costruire un vasto fronte di opposizione e di interconnessioni, intrecciando le analisi e concentrando l’attacco alle condizioni di vita e di lavoro. Per accogliere questa sfida dobbiamo considerare che, mentre oggi vi sono molti linguaggi, ma un unico pensiero, noi dovremmo avere più espressioni di pensiero ma un unico linguaggio, comune e di lotta, che si esprima attraverso la costruzione di un’etica condivisa, con l’obiettivo di una vita dignitosa per tutti i viventi del territorio, dentro un altro modello di società.

*Cadtm Italia – Pubblicato su il manifesto

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2 Commenti


  • Paolo De Marco

    Eric Toussaint è sempre utile perché ben informato. Sarebbe urgente discutere della public policy neoliberale monetarista e dunque delle politiche di austerità, oggi fallite, indotte dalla « pseudo teoria dell’equivalenza ricardiana ». Per il resto, non si può parlare di debito pubblico senza operare una distinzione fondamentale tra moneta e credito. Il credito ritornando ad essere pubblico, almeno in parte, il debito pubblico scenderebbe rapidamente. La storia di Bankitalia prima del suo divorzio con il Tesoro – 1981-1983 lo dimostra chiaramente. Importa dunque cambiare il regime bancario-finanziario, quello della cosiddetta « banca universale », e uscire dall’epoca del capitale speculativo egemonico e della sua public policy neoliberale monetarista.
    Il ripudio del debito odioso fu effettuato con successo dal governo ecuadoriana di R. Correa ma andava di pari passo con la nazionalizzazione di una parte del credito. Senza questa ri-nazionalizzazione l’operazione si sarebbe ridotta a ottenere un poco di margine in più per continuare a rimborsare per l’eternità almeno gli interessi sopra un debito tendenzialmente in salita, cioè, in chiaro, il modello di cancellazione di una parte del debito pubblico ai paesi africani dal FMI e dai Club di Roma e di Londra negli anni 1980-1990, ricetta imposta di recente sotto forma di haircut alla Grecia. .
    Paolo De Marco


  • Riccardo

    Partiamo da alcuni aspetti positivi:
    1) si parla di un tema così importante in maniera critica anche da sinistra, finalmente.
    2) ci sono alcune cose dette interessanti.
    3) È di livello

    Ma ci sono diversi aspetti negativi, anche
    1) l’articolista è a digiuno di concetti fondamentali di macroeconomia o ne fa una confusione terribile: in economia non esiste spesa etica o non etica perché qualcuno ha lavorato o prodotto. In economia non esiste il debito buono o il debito cattivo. Ma… è vero che vanno fatte valutazioni. Vero che ad ogni debito corrisponde credito e dunque ricchezza, ma se a quel debito corrisponde un ente che crea soldi dal nulla e che mi ricatta.. beh, qui un ragionamento serve farlo.
    2) elusione ed evasione NON c’entrano (quasi) nulla con il debito pubblico, in quanto MATEMATICAMENTE anche chi evade spende e anche fosse per la sola iva tutti i soldi evasi tornano allo stato al 100% (è matematica, nulla più). Evasione ed elusione sono problemi di redistribuzione sociale. Gli unici che effettivamente c’entrano nel calcolo sono i grandi gruppi esteri che eludendo spostano ricchezza all’estero che non torna più in Italia, e non circolando non torna allo Stato direttamente, ma parliamo di cifre molto più piccole dei dati forniti (che comunque sono ad cazzum).
    3) parlare apertamente di ripudio può ingenerare il panico nella gente che beve dai media senza grandi comprensioni ed è un tema che andrebbe trattato con maggiore delicatezza, nonostante il debito pubblico sia effettivamente in mano solo a grandi gruppi.

    In ogni caso, grazie per l’articolo, l’importante è parlarne.

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