Negli ultimi mesi dell’anno scolastico appena concluso si sono verificati, nelle scuole, diversi casi di contestazione dell’uso del canto partigiano Bella ciao, in occasione della ricorrenza del 25 aprile, delle feste di fine anno e persino, a Pino Torinese, della commemorazione del partigiano Domenico Folis a cui è intitolata la scuola elementare (ed è legittimo chiedersi come si sarebbe dovuto ricordare un partigiano se non cantando una delle più note canzoni della Resistenza).
Il non invidiabile primato della provocazione va comunque ai genitori di una scuola di San Donato Milanese (intitolata, tra l’altro, a Salvo D’Acquisto), che hanno contestato la scelta delle insegnanti di una prima elementare di far cantare ai bambini, l’ultimo giorno di scuola, la canzone ambientalista Do It Now. Tale canzone, incisa la prima volta in Belgio, alcuni anni orsono da Nic Balthazar, parla di ambiente e di cambiamento climatico ma utilizza il tema musicale di Bella Ciao.
Alcuni genitori hanno ritenuto una strumentalizzazione politica che i bambini fossero invitati a cantare Do it now, chiedendo al Dirigente scolastico se avrebbe accettato che si cantasse una canzone sull’aria di Faccetta Nera. Il Dirigente ha sostenuto la scelta delle maestre rimandando al mittente una domanda tanto arrogante.
Peraltro è bene dire che la grande maggioranza dei capi d’istituto, pur con qualche eccezione, ha respinto le proteste di chi vuole mettere al bando Bella Ciao come canzone “divisiva” e di “propaganda politica”. Purtroppo, le contestazioni che ho citato sono comunque testimonianza di un clima politico inquietante e mutato rispetto solo a pochi anni fa, in cui nessuno si sarebbe sognato di voler impedire il canto di Bella Ciao.
Bella Ciao è una canzone che ha una grande forza di coinvolgimento e negli ultimi decenni è diventata una sorta di “inno popolare” del nostro paese, senz’altro più conosciuta nel mondo dell’inno ufficiale Fratelli d’Italia. Questa è una nozione comune a tutti coloro che abbiano girato un po’ all’estero, dove spesso gli italiani sono salutati al canto di Bella Ciao.
Ancora più importante è ricordare che, oltre ad avere avuto esecuzioni e registrazioni in tutto il mondo, Bella Ciao è diventata canzone di lotta in tanti diversi paesi, come per esempio nelle manifestazioni per Gezy Park a Istanbul o di Omonia Square ad Atene, e ancora in Kurdistan, in Argentina e tanti altri paesi. In tutte queste situazioni, in genere, il testo viene adattato nella lingua locale, ma il ritornello Bella ciao resta inalterato.
Tornando alla storia di questa canzone, le testimonianze storiche di cui disponiamo ci dicono che Bella ciao, pur presente nella storia della Resistenza, non fu la canzone più cantata dai partigiani. Ricordi della sua presenza ci giungono soprattutto dalla brigata abruzzese Maiella e dall’Emilia, dove combatterono volontari provenienti dall’Umbria, dalla Toscana e dalle Marche, inquadrati nel gruppo di combattimento Cremona, che portava divisa inglese con fascia tricolore italiana, oppure partigiani a esso collegati. Per la cronaca, la Cremona e i partigiani della brigata Gordini, comandata da Arrigo Boldrini, ebbero un ruolo decisivo nella battaglia di Comacchio e di Alfonsine.
Molto meno evidente è, invece, la presenza di Bella Ciao presso le brigate partigiane del Nord Italia facenti riferimento al CNLAI, presso le quali la canzone più diffusa era Fischia il vento. C’è quindi da chiedersi perché in seguito Bella Ciao divenne la canzone che più di tutte rappresenterebbe la Resistenza.
La risposta ci è stata proposta da Cesare Bermani, che in proposito parla, riferendosi a Eric J. Hobsbawn di una vera “invenzione di una tradizione” .
Bermani attribuisce il successo dirompente di Bella Ciao all’avvento del centro-sinistra, con il PSI nel governo (presidente Moro, 1963). Secondo lo storico: “Con l’avvento del centro-sinistra la Resistenza diventò infatti il fondamento della ideologia della ‘Repubblica nata dalla Resistenza’ e la ‘guerra di liberazione nazionale’ un vero e proprio canone ufficiale di auto-interpretazione e auto-legittimazione della Repubblica”. [1]
Proprio in virtù di tale processo, le formazioni militari del regno del Sud furono assimilate alle brigate partigiane anche se si trattava di esperienze tra loro diverse.
Bermani ricorda la svolta avvenuta in occasione del ventennale della Resistenza quando, in occasione della manifestazione del 9 maggio 1965, a Milano, le associazioni partigiane decisero di sfilare non con i fazzoletti rossi, verdi o azzurri che ne identificavano l’origine politica, ma semplicemente con quelli tricolore. Da questo momento la Resistenza venne rappresentata come l’unità priva di conflitti tra formazioni facenti capo ai partiti che avevano dato vita alla Repubblica e alla Costituzione.
Chiaro quindi che, in tale nuova situazione, Fischia il vento, intonata su una melodia russa e che fa riferimento alla “rossa primavera” dovesse cedere il passo a Bella ciao, in cui si chiama semplicemente alla lotta contro “l’invasor”. Bella Ciao è quindi tutto tranne che una canzone divisiva o di parte politica, anzi, contribuì a una lettura della Resistenza in cui le differenze politiche e i conflitti tra partiti e diverse brigate partigiane furono anestetizzati a favore del mito di un movimento di liberazione nazionale coerentemente unitario.
Chi attacca Bella ciao come canzone “di parte”, dunque, si oppone alla Resistenza anche nella sua narrazione più istituzionale e agiografica, dato che tale canzone non è, per le ragioni che ho esposto, specifica di una parte politica. Questo ovviamente per chi comunque, anche con riferimenti ideologici diversi, si sente parte della Resistenza.
La grande popolarità di Bella ciao non ha lasciato indifferenti i ricercatori che hanno cercato di scoprirne le origini. In tale ricerca, si è verificato uno degli equivoci musicologici più clamorosi, poiché alcuni studiosi videro l’origine di Bella ciao in un analogo canto di mondine reso noto dalla famosa cantante popolare Giovanna Daffini.
In realtà, la ricerca ha dimostrato che tale canto delle mondine è successivo alla Bella ciao partigiana di cui condivide la melodia con il testo cambiato, fatto peraltro assolutamente normale nel mondo popolare. Quello del riuso di melodie è una pratica tanto normale, nel mondo popolare, che oggi si conviene che la Bella ciao dei partigiani derivi, dal punto di vista musicale, da un canto in rima destinato probabilmente a favorire lo sviluppo del coordinamento ritmico-motorio dei bambini: La me nonna l’è vecchierella [2].
Proprio per questa funzione, condivisa con molte altre filastrocche e rime infantili, il canto conterrebbe il ciao ciao ciao da ritmare con le mani, a tempo, in momenti determinati. Dal punto di vista testuale, invece l’origine di Bella ciao sarebbe da individuare nella canzone Fiore di Tomba, in cui però il risveglio mattutino si associa alla visione del primo amore, che purtroppo “discorre con un’altra ragazza”.
In ogni caso, ciò che si può concludere è che Bella ciao è un vero canto popolare, di cui non è noto l’autore, che è stato tramandato oralmente e che in situazioni contestuali diverse è stato riadattato per renderlo adeguato alla situazione umana vissuta o alle diverse esigenze sociali e politiche. Da rima infantile a coro partigiano, quindi a canto delle mondine e infine, come abbiamo visto, anche canzone ambientalista oltre che eseguita nelle lotte di diversi paesi del mondo.
Sicuramente, oltre alle ragioni storiche politiche che ho citato, ne esistono altre, più strettamente musicali, che hanno fatto la fortuna di Bella ciao e che spiegano perché tra le tante alternative possibili, proprio questa canzone abbia raggiunto una tale popolarità. Per comprendere questo fatto, si può notare che il ritornello della canzone risponde a ciò che il semiologo Gino Stefani ha definito “scansione incitativa”.[3]
In effetti, tutti sappiamo che Bella ciao si adatta a essere marciata, dato il suo tempo binario, e che marciando, ma anche quando si sta fermi, riesce bene di battere le mani sul “oh bella ciao ciao ciao”. Tra l’altro la ripetizione periodica di quel ritornello rafforza, intensifica il senso, incita, diventa l’equivalente dello slogan. Un battere di mani che diviene sostegno a uno slogan e che sostituisce il battito che serviva a far giocare i bambini, contestualmente rifunzionalizzato.
Bella ciao è un saluto, ma anche un’esclamazione, un’interiezione. Molti altri sono gli elementi che i semiologi hanno rilevato alla base del successo di Bella ciao, ma senza entrare in un discorso tecnico, mi sembra importante rilevare come la struttura della scansione incitativa definita da Stefani sia condivisa con altre canzoni e con molti slogan probabilmente ben noti ai lettori di Contropiano come per esempio:
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El pueblo unido jamas sera vencido
Fascisti carogne tornate nelle fogne
Esistono anche diversi esempi di scansione incitativa nella musica classica, in genere in brani dal carattere trascinante e coinvolgente, come per esempio la famosa composizione di Mozart Eine Kleine Nachtmusik.
Il successo internazionale che tutti i popoli del mondo hanno decretato a Bella ciao ha quindi molte ragioni, ed è un segno della sua grande forza anche musicale, che invita a riutilizzarla con efficacia in situazione anche molto varie tra loro, quando c’è bisogno di sentirsi uniti intorno a un obiettivo.
Certamente il ricordo della Resistenza è un contributo decisivo alla sua popolarità, ma la sua struttura ne permette infinite versioni che ne fanno una bella colonna sonora per tante e diverse lotte.
Ovviamente, s’intende, per la rabbia dei fascisti e dei reazionari di tutto il mondo.
[1] C. Bermani: Guerra guerra ai palazzi e alla chiese, Roma, Odradek, 2003, p. 245.
[2] Si veda in particolare R.Leydi (con S. Mantovani e C. Pederiva): I canti popolati italiani, Milano, Mondadori, 1973.
[3] G. Stefani: Il segno della musica, Palermo, Sellerio, 1987.
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