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Un cliché Universiade

La saga del luogo comune più spregevole e mortificante ha caratterizzato, mercoledì sera, la diretta di Rai 2, dallo Stadio San Paolo di Napoli, per la cerimonia di apertura delle Universiadi. Le Olimpiadi Universitarie che si stanno svolgendo, in questi giorni, nel capoluogo campano.

Tralasciamo qui, per carità di patria, le pur delicate e fondamentali questioni organizzative e gestionali, che hanno visto Regione e Comune, Presidente e Sindaco, De Luca e De Magistris, fare a gara a chi riuscisse nell’impresa di meglio dis/organizzare il grande evento.

Concentriamoci, invece, sull’aspetto comunicativo-giornalistico che, affidato alla e gestito dalla Tv pubblica italiana, ha visto sciorinare, da parte dei suoi commentatori, una collezione beota e irritante di cliché sulla città di Partenope, tale da non risultare seconda finanche all’esecrabile spot, confezionato circa un anno fa, da Dolce&Gabbana sulla Cina. E che produsse, allora, una mezza insurrezione nel paese del Dragone.

I napoletani, forse, sono più tolleranti. O, forse, sono soltanto più abituati a simili riduzioni semplicistiche, specchio di un livello culturale italiano sempre più in caduta libera. Ma noi non ci stiamo. E la voce vogliamo alzarla!

‘A tommola, ‘o ccafé, ‘a pizza e Pullecenella. ‘O banco lotto e ‘e nummere, sono stati il leitmotiv che ha scandito l’intera telecronaca. Ci mancavano solo ‘e panne spase fora ‘o barcone, ‘o putipù e ‘o mandulino, e poi il grottesco cliché plebeo-popolaresco della Napoli che deve far divertire e sorridere il resto del mondo, sarebbe stato perfetto.

Quel cliché, d’altra parte, che consente a Sabaudi, Padani, Lombardo-Veneti e ricchi sciuri del nord di vomitarci letteralmente addosso ogni ingiuria ignominiosa, ormai da oltre un secolo e mezzo. Dell’Unità d’Italia, per dircela chiara!

Il tutto, con l’avallo e la complicità di acquiescenti servi e passacarte meridionali, pronti a ridicolizzare sé stessi, le proprie origini e la propria cultura, pur di riempirsi le tasche.

Come l’incommentabile Carlo Verna, telecronista della serata – giornalista napoletano, ex Presidente Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ed ex Segretario Nazionale Usigrai – che ha raschiato il fondo del barile di ogni luogo comune possibile sulla nostra (e sulla sua) città, pur di dimostrarsi degno cortigiano nella nuova Rai 2 a trazione leghista!

Insomma, a quanto pare siamo alle solite. Quando si parla di Napoli la logica deve necessariamente essere binaria. O, dunque, l’immagine folkloristica di una città caciarona, abitata da una plebaglia straccivendola, dedita alla magnata anche un po’ untuosa. In poche parole una Bisanzio decaduta; un po’ araba, un po’ mediorientale, un po’ africana. Ovviamente, nel senso più triviale e razzistico del termine, quello che tanto piace a Salvini, la cui conoscenza storico-culturale si ferma a… vedete un po’ voi .

Oppure l’immagine cupa, nera, violenta, pregiudizialmente e razzisticamente latinoamericana – tra Città del Messico e Caracas, per intenderci – che alla prima fa da controcanto.

La metropoli disperata e disperante di Gomorra. Un’oleografia criminale gratuita, asettica, deprivata del pur minimo coefficiente sociale, psicologico, emozionale – sia sul versante giornalistico che su quello della fiction sorda alle profonde ragioni storico-politiche di un tale sfacelo camorristico.

E, cosa ancor più grave, immersa nel vuoto pneumatico della più sprezzante e classista mancanza di analisi antropologica, culturale e politica verso un fenomeno che, il suo brevettatore, ritiene di poter definire, oramai, quasi genetico.

Un’oleografia su cui ha speculato e continua a speculare, con lauto profitto, un altro servo del Potere affamato di notorietà a qualsiasi prezzo. Il tuttologo casapesennese trasferitosi a New York, quel fenomeno del soliloquio che risponde al nome di Roberto Saviano. Un uomo la cui unica aspirazione sarebbe trasformare il mondo in un immenso commissariato, governato da un Consiglio Superiore della Magistratura e politicamente indirizzato dagli editoriali di Repubblica. Meglio se suoi!

Ma al netto di un po’ di ironia, amarissima e sdrammatizzante, va riaffermato qui un concetto essenziale e decisamente poco edificante. Napoli è ormai assurta a categoria esistenziale e filosofica, incastrata in una visione strabica, riflessa dall’occhio e dalla mente di chi ci guarda.

Una visione alla quale, purtroppo, una larga parte del popolo partenopeo si offre, con sadomasochistico piacere, come Diana si offriva ad Atteone.

E allora, per concludere. La diretta Rai delta kermesse di apertura delle Universiadi è stata una vergogna nazionale e un insulto per i napoletani. Anzi, diciamolo meglio e con una punta di salace irriverenza. Una figura di merda Universiade, se ci si passa il facile calembour. Una figura di merda per la quale la Rai dovrebbe scusarsi.

In quanto a noi, beh, mettiamola così. Cliché per cliché, ridateci la Napoli degli anni ’70. La Napoli dei dannati della terra. La Napoli rivoluzionaria e proletaria, dove anche il proletariato illegale trovava le sue ragioni di rivolta e di classe, pur dietro le sbarre.

Ridateci la Napoli del Neapolitan Power, di Napoli Centrale e degli Osanna. La Napoli di Pino Daniele e quella di Massimo Troisi. La Napoli della Transavanguardia, di Leo de Berardinis, di Antonio Neiwiller, di Gennaro Vitiello e del suo Teatro Esse.

E rivogliamo dietro pure la Napoli del maestro Pino Mauro. Ridateci ‘O motoscafo. E ridateci pure ‘e contrabbandieri.

Se permettete, i cliché vogliamo sceglierceli noi!

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

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1 Commento


  • antonio

    Olè: “..chi ha avuto ha avuto, avuto avuto; chi ha dato ha dato, dato e dato; scurdammece o passato …simme a Napule paisà”! (refrain in voga in ambiti reazionari e democristi!”
    https://www.youtube.com/watch?v=m5jUbywepOw

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