“Quello che le guide non dicono”. Il sottotitolo del libro di Flavio Bacchetta indica da subito l’approccio con cui l’autore vi accompagnerà nelle testimonianze dei suoi viaggi. Li mette in ordine alfabetico, ma si capisce subito una passione per le molte facce dell’America Latina. Si comincia dall’A di Africa per passare poi a Belize, Bolivia, Brasile (con ben sei capitoli dedicati), Cuba, Ecuador e Giamaica. Quest’ultimo è il paese di residenza e sulla Giamaica Flavio Bacchetta ci ha già regalato due corrispondenze che abbiamo ospitato sul nostro giornale.
Le immagini, spesso mozzafiato, che offrono le guide e i depliant turistici nascondono molto. “Dietro l’immagine olografica di un mondo sorridente, dai ritmi lenti e privi di stress, vige la cruda realtà di una società violenta, dove la forbice della disuguaglianza ha accentuato negli ultimi dieci anni il divario tra ricchi e poveri, causando un aumento generalizzato di delinquenza ed emarginazione” scrive l’autore nella prefazione.
Flavio Bacchetta non vuole rovinare le vacanze a nessuno né titillare facili, e facilmente evaporabili, sensi di colpa. Nell’epoca in cui la crociera ai Caraibi è diventata low cost ed accessibile anche alle classi medie e medio-basse, appare difficile insidiare i piccoli sogni di piccole borghesie che ambiscono a sentirsi parte e non esclusi del paradiso in terra. Del resto i viaggi organizzati fanno di tutto per tenere i turisti al riparo dalle realtà piuttosto ruvide, distanti magari solo poche centinaia di metri dalle residenze riservate ai traveller detailer.
Se Voltaire chiedeva ai suoi interlocutori di altri paesi “non parlarmi degli archi, parlami delle tue prigioni”, Flavio Bacchetta ti mette ad esempio di fronte al razzismo a macchia di leopardo di un paradiso come il Belize.
Ma, come dicevamo, è sul Brasile e sulla Giamaica che l’autore concentra di più la sua descrizione critica. Si capisce che in questi due paesi ha vissuto e ne è rimasto affascinato. Come in un libro di Jorge Amado comincia con Manaus – spina nell’Amazzonia – e arriva, passando per Pataxo e Maceiò, a Salvador, la melanina del Brasile, un paese-continente “pieno di fango”.
Il fango, quasi 50 milioni di metri cubi, sono quelli riversati nel Rio Doce dal crollo della diga di Marina (stato del Minas Gerais) nel 2015. Ed è il Brasile che ha visto prevalere la destra in elezioni in odore di truffa (vedi l’arbitrario arresto di Lula candidato presidenziale dato come vincente, ndr) ma in elezioni in cui, secondo Joan Motta, “non è la destra che ha vinto, ma la sinistra che si è persa”.
Infine la Giamaica. La bellissima e violentissima Giamaica. “Brasile e Giamaica condividono un lungo sentiero di sangue, quello costellato dai feroci scontri tra gang criminali e forze dell’ordine”. Quella delle gang rasta ma anche degli squadroni della morte da parte della polizia. Una storia lunga venuta fuori solo recentemente. Una Giamaica in cui il mito del reggae si è andato esaurendo. Ad essa sono dedicati quattro capitoli tutti da leggere.
Il capitolo sulla C di Cuba non fa sconti sulle conseguenze sociali delle aperture al mercato e all’iniziativa private nell’economia dell’isola. Ci si legge quello è scritto anche altrove – e non solo nelle guide turistiche più articolate – c’è solo più attenzione alle contromisure adottate dalle autorità per “gestire” la nuova situazione piuttosto che farsene travolgere. E non è un dettaglio.
Dall’elenco dei paradisi infernali che le guide turistiche non raccontano manca la V. Non c’è il Venezuela. A questo Flavio Bacchetta dedica solo un passaggio in un capitolo dedicato alla Bolivia, per affermare una tesi che però non condividiamo, ossia che il processo bolivariano sia finito con la morte di Chavez.
Se così fosse gli Usa non si dannerebbero tanto per rovesciare l’attuale governo del Venezuela anzi. La dimostrazione pratica viene dal vicino Ecuador dove l’aperto tradimento della rivoluzione ciudadana da parte di Lenin Moreno ha aperto le strade per Washington. E poi i processi storici, anche quelli rivoluzionari, non cessano solo per un cambio di guida alla presidenza, tanto più se sono stati processi passati per la via elettorale e non quella insurrezionale che in qualche modo “regola i conti” con il nemico più rapidamente e più direttamente.
La borghesia venezuelana non è fuggita a Miami ma è rimasta nel paese e cerca con ogni mezzo di riprendersi i privilegi perduti. Di contro chi attraverso il chiavismo è uscito materialmente dalla miseria e dall’esclusione non è disposto a tornare indietro. Uno scontro violentissimo tra interessi di classe antagonisti che diventa inevitabile.
Il libro, del tutto autoprodotto, è arricchito da bellissime fotografie, alcune dello stesso autore. Alcune le abbiamo utilizzate per questo articolo.
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