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Camilleri, De Crescenzo e il flusso social post mortem

Sì, ho capito. Erano due uomini brillanti, simpatici e colti. Sebbene con una cultura declinata secondo canoni molto diversi. Ma, con tutto il rispetto, permettetemi di prendere le distanze da questo costante, uniforme, inquietante flusso di pensiero social. Da questo pericoloso conformismo post mortem!

Uno, Camilleri, era il tipico intellettuale “liberal-progressista”, organico ad una sinistra legalista, statolatra, riformista e borghese. Il suo Montalbano, d’altronde, è uno sbirro che ricorda molto da vicino gli eroi in divisa (di quelli che non si incontrano nelle strade e nei commissariati), tanto cari a quel Pci che fu il partito garante e gendarme dell’ordine sociale. Poi, se proprio devo leggere di sbirri per puro piacere letterario, leggo Conan Doyle, Simenon, Chandler.

Il secondo, De Crescenzo, per quanto amabile e divertente, era un sincero reazionario: nostalgico, antimoderno, populista. Tipico esponente di una cultura da supermarket, ridusse la filosofia ad un banale raccontino per turisti del pensiero in vacanza, senza alcuna profondità logica, naturale, scientifica, economica. Cantore di una Napoli francamente intollerabile, per quanto narrata con affetto e indulgenza.

Quell’indulgenza paternalistica che è, però, l’altra faccia della medaglia della paternalistica severità bacchettona. Alla Saviano, per capirci.

Insomma, un comodo cliché, apparecchiato per le classi dominanti e per un popolo che ami crogiolarsi nella sua “idiota” incoscienza. Il suo “Così parlò Bellavista” è paragonabile alla concezione scarpettiana, nel teatro, di una Napoli immutabile, nella sua oleografia umana. Ci lascia guardare allo specchio e sorridere, con leggerezza, delle nostre piccolezze.

Ma non scuote. Mai propone, seppur alla lontana, un’analisi sociale, storica, antropologica. Il trionfo della superficialità. Per non parlare delle dichiarazioni sul fascismo, espresse da De Crescenzo, quale dittatura soft. Tutto sommato, poi, “non così male”.

Per cui, aggiate pacienza se non mi dispero. Né per l’uno, né per l’altro. Prodotti, seppur dissimili, di un’epoca dominata dalla massificazione culturale. Dallo Spettacolo. Dai Media. Dallo scaffale dei Megastore. Dall’omologante Morte Social!

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8 Commenti


  • Tommaso

    Pienamente d’accordo con l’autore dell’articolo


  • Angelo

    La differenza tra Scarpetta, o meglio ancora Eduardo de Filippo e Viviani.


  • Camilleri «liberal-progressista, statolatra, borghese e riformista»? Può darsi.
    Ma d’altronde, Conan Doyle era spiritista e massone e Simenon fu sospettato di collaborazionismo con i nazisti.
    Poi, se li preferisci a Camilleri come scrittori, è questione di gusti.
    Ma lo sconto sul piano politico, o si fa a tutti o non si fa a nessuno.


  • mauro peconi

    I due non sono paragonabili e per Camilleri le parole usate sono indecenti e denotano una faziosita’ di bassa lega.E non censurate pure questo.


  • Mario Galati

    L’ossessione di Morvillo è il PCI “garante e gendarme dell’ordine sociale”, non i poliziotti di Camilleri. Camilleri è solo l’ennesima occasione che risveglia la sua ossessione.


  • Antonio

    Mai ‘na gioia!


  • Francesco (M)

    Morvillo ha ragione da vendere. Gli “sconti politici”, facciamoli a tutti ma Simenon e Conan Doyle, al netto delle posizioni politiche e delle affiliazioni erano grandi scrittori (e l’abilità del reazionario Simenon fa sì che nei suoi libri migliori emergono ritratti sociali complessi, nonostante quello che pensava), mentre Camilleri è mediocre; ah ma dirlo rappresenterebbe “faziosità di bassa lega”. Bene, dal mio punto di vista basta un confronto con Vázquez Montalbán, che Camilleri avrebbe “omaggiato”, per vedere la differenza tre un grande scrittore capace di trattare temi politici e le relazioni intrecciate tra poteri e interessi (finanziari, polizieschi, servizi segreti, ecc.) e un uno scrittore minore spacciato per grande, addirittura di sinistra “radicale” (in uno strano mondo narrativo in cui per essere “rosso di pelo e di pensiero” basta essere giornalisti onesti e di sinistra; e in cui il commissario, tra l’altro, sbirro “ribelle”, ribadisce un’inesistente differenza tra il suo stato e quella dei servizi segrei “deviati” e riesce pure a sconfiggerli, anche perchè ‘sti servizi pare non sappiano manco fare un’intercettazione. Leggere il “Ladro di merendine” per credere). Bah, l’unica cosa di bassa lega è la necrofilia da social e il rispetto per i morti non coincide con il silenzio della critica.


  • Ferdinando

    Morvillo? Sperimentalismo linguistico fine a se stesso…la saccenza del punto di vista che vuole assurgere a verità assoluta…pseudo sagacia travestita da cultura e senso critico con il banale vizio di puntare il dito e apporre etichette demonizzanti quanto opinabili a chi per giunta è passato a miglior vita e nemmeno può replicare (cosa c’è di più fascista?). Due uomini, diversi si ma con la base comune di aver dato un’interpretazione personale del proprio mondo senza la pretesa di fare analisi sociali (come se tutti avessero un obbligo sociologico)…la certezza e che loro lasceranno il segno e verranno giustamente ricordati a differenza di un certo Morvillo o comm s chiamm iss che cerca una medaglia lasciando il tempo che trova.
    Ferdinando Maresca

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