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A Napoli l’assessorato alla cultura diventa un “caso internazionale”

Siamo all’ennesimo pasticciaccio brutto di Piazza Municipio – Gadda ci scuserà, spero! – combinato dal “Che Guevara” di Palazzo San Giacomo, alias Giggino ‘a manetta.

Sempre più, ormai – visti e considerati questi anni alla guida del Comune partenopeo, gestiti con in mano una coppia di sei e non certo un poker d’assi – accreditatosi come Giggino ‘o bluff.

Il disastro dei trasporti; il problema rifiuti mai risolto; la malaccorta gestione della viabilità e gli annosi problemi del traffico; il caso del commissariamento di Bagnoli e la fallimentare “cabina di regia”; la diroccata edilizia scolastica che impone continui e ridicoli allerta meteo; la crisi della Napoli servizi – con lo scandalo degli esuberi e gli stipendi elevati alle dirigenze; le mai sopite pulsioni verso le privatizzazioni di ciò che dovrebbero essere considerati beni comuni (vedi l’acqua, il cui passaggio ai privati fu evitato per un pelo); il dissesto di bilancio, divenuto alibi perfetto di uno sfiancante immobilismo; la scarsa incisività sul caso Whirlpool; l’inconcepibile e inconciliabile – con il tessuto socio-culturale cittadino – creazione della Scuola di Guerra Europea, laddove sorgeva la Nunziatella; la drastica virata neoliberista del settore turistico e l’annessa turistificazione degli eventi culturali; il concetto stesso di cultura, legato al consumo, al mercato e al profitto, o come puro volano propagandistico-elettoralistico, su cui grava l’ assenza decennale di una programmazione razionale, sia sul versante dell’offerta che della spesa..

Sono tutti fattori che stanno lì a dimostrare quanto quella che, nominalmente e propagandisticamente voleva configurarsi come l'”amministrazione più a sinistra d’ Italia”, nata sotto la retorica dello slogan della Città Ribelle, si sia rivelata qualcosa di molto meno glorioso.

Una cocente delusione per il popolo napoletano e per quei ceti subalterni che in De Magistris avevano creduto.

Una montatura fondata, più che altro, sulle smargiassate del primo cittadino. Il cui rimpasto di Giunta, portato a termine in queste ore, costituisce un ulteriore passo verso il baratro.

Altro che “democrazia dal basso” e popolare. Altro che riscatto delle classi meno agiate. Un dirigismo, quello di De Magistris, che riecheggia le distorsioni peroniste, declinate per di più in salsa meridionalista. E intrise di italica demagogia.

Al netto di tutti gli errori commessi dal primo cittadino e dalla sua Giunta, ci sfugge un aspetto che, nel contesto del rimpasto voluto dal sindaco, sta assumendo il carattere dell’isteria collettiva, dagli inquietanti e grotteschi risvolti.

Trattasi del caso dell’Assessore alla Cultura e al Turismo, Nino Daniele. La cui rimozione, decisa da De Magistris, sta provocando da ieri sui social, sulla stampa cittadina e nel frastagliato e in genere diviso arcipelago degli intellettuali partenopei e dell’intellighenzia di sinistra napoletana, un’insurrezione tale da delinearsi come l’espressione pagana di un rituale cristiano, dalle colorite connotazioni orgiastiche; e assimilabile, pertanto, alla processione dei Fujenti. Per chi non sia napoletano, traduco: i Battenti, devoti alla Madonna dell’Arco!

Ora, Nino Daniele (ex Pd) è persona sicuramente apprezzabile, seria e onesta sul piano umano. I cui alti meriti politici, però, durante questi anni in cui ha ricoperto il ruolo di assessore alla cultura del comune di Napoli – meriti tali da giustificare una protesta trasversale e vibrante che neanche di fronte ai licenziamenti operai o alle morti sul lavoro se ne vedono più di simili, e persino una petizione – sinceramente ci appaiono ignoti.

Una ribellione – si diceva – che, anche a leggere gli interventi susseguitisi in queste ore in suo favore, sembra assumere più il sapore della difesa di casta, che non il senso di un reale baluardo contro una pretesa deriva culturale.

E già, perché, per ribadire quanto abbiamo scritto più sopra, anche la retorica della Napoli Capitale della Cultura si è rivelata, nel corso dell’amministrazione De Magistris, poco più che retorica. Ed essendo Nino Daniele il titolare dell’Assessorato, le principali responsabilità sarebbero, crediamo, da attribuirsi a lui. O almeno da condividere.

Ci chiediamo, allora: chi in questo momento sta contestando la scelta del sindaco, di sostituire l’assessore Daniele con la – si dice – troppo giovane e presumibilmente inesperta consigliera Eleonora De Majo (proveniente dal centro sociale Insurgencia e dalle fila di DemA), quali lodevoli progetti, quale valore politico, e quali virtù taumaturgiche, capaci di risollevare le sorti progressive di una cultura napoletana ridotta onestamente male, riconosca all’ex assessore Daniele.

Sembra in effetti che questa difesa d’ufficio si incentri più su relazioni amicali e personali – che un uomo politico di lunga data, qual è Nino Daniele, ha inevitabilmente intrecciato nel corso del tempo – che sulla sua presunta “efficienza” alla guida dell’assessorato.

Relazioni amichevoli e personali, fondate, non abbiamo alcun dubbio, sulla sua squisita cultura, sulla sua generosità, sulla sua disponibilità e specchiata moralità. Ma, appunto, stiamo parlando di qualità umane. Che sono necessarie ma non sufficienti per fare bene l’assessore.

D’altra parte, non ci sembra che il mondo della cultura della nostra città, finora, abbia espresso soddisfazione per come il settore è stato gestito.

Assenza di progettualità, sperpero di denaro pubblico, mancato raccordo con i territori, turistificazione selvaggia, sventramento del centro storico, politica dei grandi eventi, polverizzazione delle piccole realtà teatrali, produzioni cinematografiche di effimero valore culturale – tranne rari casi – e di esclusivo significato commerciale e legate, anch’esse, essenzialmente, alle logiche dell’indotto turistico.

E ancora: ipertrofia produttiva del genere fiction, che ha trasformato Napoli in un set a cielo aperto ma non si è certo tradotta in un positivo riflesso sulla crescita civile e culturale della cittadinanza; che, anzi, ha spesso protestato per i disagi provocati, ma anche per l’immagine stessa che di Napoli viene offerta (vedi Gomorra).

E ancora. Musei aperti seguendo l’ottica della visita mordi e fuggi, quindi col solo obiettivo di far cassa. Elitarismo della classe intellettuale. Omologazione e scarsa attenzione al pensiero critico. Assenza totale del coinvolgimento del pubblico e poca considerazione rispetto ad una pedagogia culturale, che possa coltivare una maggiore maturità civile e stimolare lo sviluppo di un pensiero alternativo nella cittadinanza.

Sono, quelle elencate, solo alcune delle lamentele che abbiamo spesso potuto ascoltare da parte degli operatori del settore. Per questo ci stupiamo di tanto clamore, suscitato dal cambio della guardia alla guida dell’Assessorato alla Cultura e al Turismo.

In fin dei conti, otto anni di direzione artistica di Luca De Fusco al Teatro Stabile Nazionale di Napoli Mercadante, con tutti i disastri gestionali e prettamente culturali provocati dal principesco manager/regista, che ha diretto lo Stabile con piglio autoritario e “privatistico”, nel silenzio totale da parte del comune e dello stesso Nino Daniele. La nomina poco trasparente del suo successore, Roberto Andò, designato, dopo veti incrociati tra Comune e Regione, al chiuso di quattro mura, in casa di un consigliere di amministrazione.

L’inspiegabile nomina della signora Laurito alla guida del Teatro del Popolo Trianon-Viviani, scavalcando ben più accreditati candidati, sulla base di imperscrutabili logiche. Lo spreco di denaro pubblico per foraggiare un baraccone, quale si è venuto a delineare nel tempo il Napoli Teatro Festival, le cui offerte artistiche – fatta qualche debita eccezione – sembrano ogni anno più deludenti.

Un comparto cinematografico che, come si è detto, ha fatto di Napoli e dintorni un set a cielo aperto, ma la cui mission sembra completamente sbilanciata – come del resto accade in altre regioni e città italiane – sul versante delle pure esigenze di mercato, sulla necessità di fare profitto e sulle leggi della seduzione e dell’attrattiva turistica: il tutto a detrimento dell’alto valore culturale che pure il cinema dovrebbe ricoprire. La chiusura di librerie e spazi teatrali per far posto a supermercati o ad esercizi commerciali.

Qualche cittadinanza onoraria. La celebrazione di Luciano De Crescenzo. La mesta sorte toccata all’Istituto per gli Studi Filosofici, dell’amico Gerardo Marotta. Il ritardo nei pagamenti da parte del Teatro Stabile ai suoi lavoratori, siano essi del comparto tecnico o artistico. Il ritardo elefantiaco, da parte del comune, nel saldare i suoi debiti e nel riconoscere il meritato corrispettivo a chi abbia preso parte a progetti pubblici.

Di contro, i profumati cachet generosamente elargiti ad ospiti dal nome di richiamo in caso di grandi eventi e concerti. E, least but not last, la celebrazione per il trentennale della caduta del Muro di Berlino, che per un’amministrazione che non di rado ha fatto riferimento al socialismo, ci sembra quanto meno un ossimoro, giusto per usare un eufemismo.

Tutte queste, insomma, non ci sembrano medaglie che l’assessore Daniele e l’amministrazione De Magistris si possano appuntare orgogliosamente sul petto e di cui fare bellamente sfoggio.

Ora, dunque, toccherà ad Eleonora De Majo. Staremo a vedere se riuscirà ad imprimere una sterzata vigorosa al modello culturale napoletano e a ridare spessore ad un pensiero e ad un’idea di cultura meno rassicurante, meno “borghese” e più critica.

È giovane, come dicevamo, e forse inesperta. Ma non difetta di caparbietà. Viene dal mondo delle lotte dure, quelle che condividiamo insieme a tanti altri compagni. Ma se sarà necessario marcheremo, come sempre, la nostra alterità. Noi siamo qua. E la aspettiamo alla prova dei fatti!

Le polemiche sulla nomina della De Majo, però, non vengono solo da una parte del ceto intellettuale napoletano. Ma si allargano a macchia d’olio, fino a raggiungere una dimensione quasi internazionale.

Incomprensibile infatti, a nostro parere – anche se non del tutto inatteso – il comportamento tenuto dalla comunità ebraica di Napoli, che ha espresso «sconcerto e preoccupazione per la nomina ad assessore alla cultura e al turismo del Comune di Napoli, della consigliera Eleonora de Majo». Sconcerto e preoccupazione condivisi anche dalla Federazione Italia Israele.

Le accuse mosse alla De Majo sono di aver, nel recente passato, «affermato che il sionismo è nazismo, paragonato l’allora premier israeliano Netanyahu a Hitler, definito il governo israeliano un manipolo di assassini e gli israeliani porci, accecati dall’odio, negazionisti e traditori finanche della loro stessa tragedia».

Parole sicuramente molto forti che, seppur non ci trovano d’accordo sul parallelismo tra nazismo e sionismo – la scientifica e razionale pianificazione industriale della fabbrica della morte nazista resta ineguagliabile – ci sentiamo di condividere per tutto il resto. Oggi più di ieri, considerando il risultato di elezioni che, in Israele, hanno prodotto un’affermazione della destra confessionale più estrema, nazionalista e razzista; la sempre più chiara politica segregazionista condotta dallo stato sionista ai danni del popolo palestinese; e soprattutto la recrudescenza, fatta registrare in questi giorni, dei raid e degli omicidi mirati da parte dell’esercito con la Stella di David, sulla Striscia di Gaza.

Pur trattandosi di affermazioni – aspetto che va assolutamente sottolineato – risalenti al 2015, fatte dalla De Majo in occasione dell’intervento del premier israeliano, Bibi Netanyahu, all Onu. Il quale dichiarò, tra lo stupore e l’indignazione generale che «Hitler non voleva sterminare gli ebrei, fu il Gran Mufti a dargli l’idea». Palesando, ove mai ce ne fosse bisogno, tutto il suo odio razziale nei confronti della comunità palestinese e della nazione araba, oltre a una inconcepibile “sminuizione” dello stesso Hitler.

Insomma, quelle fatte piovere sulla neo nominata assessora alla Cultura e al Turismo del comune di Napoli, con delega ai Rapporti Internazionali, sono le solite infamanti e fasule accuse di antisemitismo, di cui la De Majo era già stata bersaglio nel 2015.

Ma il cui obiettivo è non solo la De Majo, ma l’intero movimento antagonista, anticapitalista, antimperialista e comunista. Di cui sono note le posizioni filo palestinesi e non certo acquiescenti alla politica criminale, repressiva, imperialista e incentrata sull’apartheid dello Stato di Israele.

Uno Stato verso il quale, di fatto, è ormai vietato muovere critiche. Pena la criminalizzazione da parte delle sedicenti “istituzioni democratiche” dell’Occidente tutto. E un infinita serie di contumelie e di minacce sui social, da parte di sinceri democratici filo sionisti. Come è successo all’assessora.

Chiarire, come ha fatto Eleonora – e come sempre facciamo tutti noi – la differenza tra critiche legittime al sionismo e antisemitismo di matrice razzista e nazista, sembra, purtroppo, del tutto superfluo. Con la beffa, oltre al danno, di venire insultati e tacciati di antiebraismo addirittura da neofascisti e neonazisti. Eredi, quindi, degli sterminatori di Auschwitz. Ormai, viviamo in un mondo al contrario.

Un ribaltamento totale, che risulta ancor più tangibile se si pensa che le accuse rivolte alla neo assessora sono state immediatamente rilanciate addirittura dall’Anpi. Il cui ruolo ci chiediamo, oramai, quale sia, dato che sembra sempre più tradire, nel tempo, la sua vocazione originaria di associazione sorta per tramandare, alle future generazioni, i valori della Resistenza al nazifascismo e, si supporrebbe, contro ogni forma di oppressione.

Non esclusa, per tanto, quella del criminale stato di Israele ai danni del popolo palestinese.

Insomma, l’assessorato alla Cultura del Comune di Napoli è diventato, con la nomina della De Majo, un caso cittadino, regionale, nazionale e internazionale. Prima con incomprensibili fenomeni di isteria contestataria tra le fila della comunità intellettuale partenopea e petizioni a favore di Nino Daniele. Seguito, poi, da ben altre espressioni di contrarietà.

Fenomeni tipici dell’epoca social, confusa ed eccessiva. Divisivi, come il tifo da stadio. Con tanto di haters e supporters al seguito.

Fenomeni su cui sembra allungarsi, comunque li si voglia leggere, l’ombra lunga del precipizio culturale, sociale, politico, lungo il quale ci troviamo a camminare. E guai a guardare di sotto. Si potrebbe inciampare!

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1 Commento


  • Assunta

    Fenomenale articolo e con un gran ritmo, nn riuscivo a staccare gli occhi dal testo, spettacolare!!! Sentivo tutto la teatralita’della retorica e la sua bellezza! Vorrei sapere di chi e’questa meraviglia di lucidita’ mi e’sfuggito!

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