Nelle manifestazioni che hanno ricordato il recente cinquantennale della strage di Piazza Fontana non sono mancati i riferimenti alle ingerenze straniere nella politica italiana e al ruolo che giocarono diversi paesi nella cosiddetta “strategia della tensione”, primi tra tutti gli USA. Un libro uscito recentemente, a firma di Dimitri Deliolanes, giornalista della televisione pubblica greca che segue da molti anni la politica del nostro paese centra l’attenzione, invece, sull’influenza che ebbe in Italia il regime dei colonnelli greci (Colonnelli. Il regime militare greco e la strategia del terrore in Italia, Fandango edizioni, 2019, pag. 442, €22).
Il libro si apre con la ricostruzione dei fatti che portarono al colpo di stato militare del 21 aprile 1967, da cui già emergono delle analogie impressionanti tra ciò che si attuò in Grecia e quanto avvenne in seguito in Italia; vale a dire una serie di attentati e di provocazioni che fecero gridare alla minaccia del comunismo sul paese tale da giustificare una soluzione di forza per ristabilire l’ordine.
Ciò che riuscì in Grecia non ebbe successo fortunatamente in Italia, tuttavia è nella storia del nostro paese, tra la fine degli anni sessanta e i primi anni settanta, una serie di tentativi non solo di destabilizzazione istituzionale ma anche di veri e propri colpi di stato progettati e non attuati oppure falliti.
Un dato di novità politica che rese invece unico il regime militare greco fu che la dittatura dei colonnelli costituì la prima (e fortunatamente unica) instaurazione di un regime fascista in Europa dopo la seconda guerra mondiale, essendo il potere nero in Spagna e Portogallo instauratosi prima della guerra.
Il fatto che una democrazia postbellica potesse essere rovesciata stimolò sicuramente fantasie autoritarie anche sull’Italia, nell’idea che si potesse realizzare un Mediterraneo fascistizzato che andasse dalla Grecia alla Spagna attraverso l’Italia, giungendo sino alle coste atlantiche portoghesi. Ciò in una situazione internazionale di grande tensione in cui gli USA avrebbero visto probabilmente con favore l’instaurazione di regimi autoritari anticomunisti.
Deliolanes documenta come in poco tempo Atene divenne la “capitale dei fascisti” in cui si riunivano estremisti di tutta Europa e da cui partivano aiuti ai gruppi di estrema destra e provocazioni antidemocratiche. In Grecia si tennero più volte campi d’addestramento militare per giovani italiani appartenenti ai diversi gruppi fascisti come Avanguardia Nazionale, Ordine Nuovo, La Fenice ma anche il FUAN, l’organizzazione universitaria del MSI.
Peraltro la Grecia era già dagli anni cinquanta la base e il centro di addestramento della Cia per le operazioni di provocazione oltrecortina. A livelli più alti, strategici, molti esponenti fascisti andarono a “scoprire” le qualità del regime greco, primo tra tutti Pino Rauti, fondatore di Ordine Nuovo e in seguito segretario del MSI, ma anche Stefano Delle Chiaie e Franco Freda, in seguito indicato, come è noto, quale organizzatore della strage di Piazza Fontana.
Interessante anche scoprire che esistettero contatti finanziari tra l’Italia e la dittatura greca, gestiti attraverso la Banca Privata Finanziaria di Michele Sindona, che già aveva elargito finanziamenti al piano “Solo” del golpista italiano De Lorenzo.
I fascisti italiani contraccambiarono i favori e i soldi ricevuti dalla Grecia con la collaborazione alla intimidazione e alla repressione degli antifascisti ellenici rifugiati in Italia e soprattutto ai giovani delle organizzazioni studentesche. Furono numerose le aggressioni a singoli militanti e a riunioni di studenti realizzate in combutta da agenti greci e fascisti italiani, i quali inoltre raccoglievano informazioni sulle attività dei giovani democratici.
In questo contesto un ruolo che appare importante fu giocato da Kostantinos Plevris, cresciuto nell’estrema destra greca post bellica, squadrista ma anche di buona cultura, che parlava italiano e che s’integrò perfettamente nel regime dei colonnelli. Plevris ebbe numerosi contatti con l’Italia e una sua presenza nel nostro paese è stata da lui stesso dichiarata nel mese immediatamente precedente la strage di Piazza Fontana.
La presenza di Plevris in Italia ebbe un seguito giudiziario abbastanza interessante, poiché l’esponente greco fu accusato dal quotidiano socialista L’Avanti di essere un torturatore, agente dei servizi segreti, protagonista del colpo di stato e ideatore della strategia della tensione in Italia oltre che gratificarlo dei termini di “probabile assassino” e “losco figuro”. Plevris intentò una causa al giornale socialista che fu condannato dal tribunale a un’ammenda per avere usato epiteti ingiuriosi contro di lui, ma non per la sostanza del contendere, vale a dire i legami con il regime greco e con il terrorismo fascista italiano.
La linea dei contatti greci con il terrorismo fascista italiano continuò anche dopo la strage di Piazza Fontana, arrivando sino alla preparazione dell’attentato all’Italicus, nell’agosto 1974 (i colonnelli avevano ceduto il potere pochi giorni prima). In questo caso, tra l’altro, Deliolanes indica la forte presenza di indizi di contatti tra Atene e il SID italiano, in particolare attraverso l’opera d’infiltrazione e provocazione di due donne italogreche in ambienti di sinistra sia italiani che di esuli. Una di queste due fu sorpresa a parlare da un telefono pubblico di bombe sui treni e di “passaporti pronti”, ma il SID impose il segreto militare sulle indagini a suo carico e quindi l’episodio rimase non chiarito.
Resta ancora qualcosa da dire sulle relazioni politiche e militari che il regime dei colonnelli ebbe con il resto d’Europa e con gli USA. Al tempo, non esisteva ancora l’Unione Europea, ma c’era il Consiglio d’Europa. Il carattere fascista del regime e l’uso sistematico della tortura contro gli oppositori avevano creato un clima ostile per la Grecia all’interno del Consiglio d’Europa. L’Italia, attraverso il ministro degli esteri, il socialista Pietro Nenni, aveva più volte posto la questione della permanenza della Grecia nel Consiglio d’Europa.
Alla seduta decisiva del Consiglio circa la permanenza della Grecia, tenuta proprio il 12 dicembre 1969, a Parigi, il ministro degli Esteri non era più Nenni, bensì Aldo Moro, a causa della scissione socialista che aveva creato una crisi di governo. Sembra che fu proprio Moro a suggerire alla delegazione greca di ritirarsi spontaneamente dal Consiglio d’Europa per evitare una votazione lacerante (alcuni paesi, su pressione americana, resistevano all’idea della cacciata della Grecia).
Tuttavia, la Grecia non fu mai esclusa dalla NATO, che continuò e mantenerla all’interno dell’alleanza. La posizione strategica della Grecia era troppo importante per gli USA e per i suoi alleati e comunque la NATO era una coalizione anticomunista, non antifascista.
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Giorgio Carcaveglia
Recensione molto precisa di un libro che ho letto e mi ha entusiasmato.
Chiunque abbia seguito anche in maniera non sistematica l’offensiva antidemocratica nella prima età degli anni Settanta deve leggere questo libro che colma un vuoto durato mezzo secolo. Scoprirà che il precedente greco ha segnato molto a fondo la politica europea ed in particolare quella italiana