In queste pagine si parla in particolare dei detenuti posti in isolamento un feroce metodo di tortura che nega i diritti dei prigionieri. Il libro in uscita in questi giorni è curato da Stefano Mauro e dall’Udap (Unione Democratica Arabo Palestinese).
Ahmad Sa’dat è Segretario Generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), il più importante partito della sinistra radicale palestinese.
Condannato a 30 anni di carcere come “referente politico” di un’organizzazione considerata da Tel Aviv come “terrorista”, da allora vive nelle carceri israeliane.
La sinistra internazionale ha lanciato una campagna di solidarietà (#Free Ahmad Sa’dat) che ne chiede il rilascio.
Lo Stato di “Israele” e in precedenza il movimento sionista non hanno risparmiato nessuna maniera o metodo per reprimere i figli del nostro popolo.
La loro storia è strettamente legata ai sanguinosi massacri ed alla politica di pulizia etnica ai quali hanno fatto ricorso per fondare e consolidare la loro entità razzista.
Nelle pagine di questo libro si parlerà in particolare dei detenuti posti in isolamento, come uno dei più feroci metodi di tortura praticato nei confronti dei diritti dei prigionieri.
Con questa prassi , considerata come un crimine di guerra e perseguibile secondo la legge internazionale, “Israele” viola tutti gli ordinamenti, le leggi ed i trattati internazionali che hanno messo al bando la tortura e la violazione dei diritti umani.
Questo testo vorrebbe evidenziare la realtà e gli obiettivi di questa politica praticata nei confronti di decine di prigionieri nelle carceri israeliane. Bisogna comunque sottolineare che le politiche dell’occupazione contro i figli del nostro popolo sono numerose e vanno ben oltre.
Attualmente, ad esempio, tutte le nostre città, i nostri villaggi ed i campi profughi sono isolati: circondati dal filo spinato, dal Muro razzista oppure dai blocchi di cemento. “Israele”, purtroppo, gode del sostegno e del supporto del “mondo libero”, nonostante stia continuando a violare e sfidare le leggi ed i trattati internazionali.
I suoi crimini vengono accolti nel silenzio e, nella migliore delle ipotesi, da qualche timido imbarazzo.
Alcuni paesi, legati maggiormente a questa entità, sono arrivati a descrivere e a considerare, addirittura, questi crimini come un naturale diritto di “Israele” all’autodifesa.
In questo avanzato stato di degenerazione della politica internazionale, il sostegno, come il silenzio, diventano complici dei crimini di “Israele” ed una spinta per poterli perpetrare ancora. Decadono, di conseguenza, tutte le dichiarazioni relative ai diritti dell’uomo e alla protezione della libertà e delle vite degli innocenti.
La pratica dell’isolamento ha colpito diverse centinaia delle migliaia di prigionieri che hanno varcato i cancelli delle prigioni e dei centri di detenzione israeliani.
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