I bambini delle elementari passeranno alla storia come i primi ad avere, in massa, completato il programma didattico e risposto alle interrogazioni delle maestre con Zoom.
L’azienda che distribuisce Zoom è stata fondata nel 2011 da Eric S. Yuan, e ha la sede centrale a San Jose, in California. Si è quotata nel 2019, registrando un valore di borsa di circa $ 16 miliardi.
Per effetto dell’emergenza Covid gli utenti attivi giornalieri di Zoom sono cresciuti del 67% nei primi tre mesi di quest’anno, e la società ha ora un valore di mercato di $ 42 miliardi. Nelle ultime settimane, la sua app è stata scaricata più di 50 milioni di volte dal solo Google Play.
Secondo GnuStatement (newstatesman.com), Zoom è l’App dell’era del coronavirus.
Yuan, il fondatore e CEO, è nato nel 1950 a Tai’an, nella Cina orientale, ha studiato a Stanford, e si è trasferito negli Stati Uniti a metà degli anni ’90.
Il suo patrimonio netto cresce più rapidamente di quello di qualsiasi altra persona in Nord America. Il 28 Marzo scorso, alla chiusura delle contrattazioni a New York, la sua fortuna personale ammontava a $ 7,86 miliardi, con un aumento di $ 4,29 miliardi (121%) rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (forbes.com).
Secondo Bloomberg Billionaire, Zoom ha allargato il suo bacino tradizionale di utenze B2B, raggiungendo la vera gallina dalle uova d’oro, la stessa gallina su cui hanno messo saldamente le mani Google, Facebook e Apple, ovvero il popolino compreso nella fascia di età 6 – 76 anni. L’app Zoom, scrive Forbes, ha permesso ai nonni di vedere la mattina i nipoti e il pomeriggio gli amici di briscola per un cicchetto.
Zoom rende il mondo un posto un migliore, ha detto un dipendente a Forbes. La nostra App offre felicità ai nostri utenti. In effetti Zoom sembra funzionare meglio di Apple FaceTime o Skype, ed è più immediata di Google Meet, anche se il gigante di Mountain View ce la sta mettendo tutta per liberalizzare la sua app, che fino a qualche settimana fa era incapsulata quasi esclusivamente nel mondo Business.
Sentendo il fiato sul collo di un concorrente più snello e più agguerrito, Google sta mettendo in campo la sua contro offensiva.
La partita si gioca soprattutto nelle scuole. Con Gsuite for Education, Google ha tentato, con scarso successo, di fidelizzare (adescare) gli studenti con la solita promessa di libertà e gratuità, ma non ha insistito, anche perché gli studenti, perlomeno i teenager, son catturati da Android.
Zoom picchia più in fondo, cattura perfino i pre-teen, i bambini.
Cosa ci si fa con questi bambini? Per adesso niente.
Usando la stessa strategia commerciale di Google, Zoom ha deciso di rilasciare gratuitamente l’app, e ha permesso alle scuole (su richiesta) di estendere la possibilità di uso libero, da 40 minuti a infinito (o quasi).
Il progetto di Google e di Zoom è prendere in carico gli utenti cradle-to-the-grave, dalla culla alla tomba, sostituendosi in tutto al vecchio (vecchio per loro) stato sociale.
La filosofia di Zoom deriva direttamente da una serie TV educativa, creata nel 1972 da un eccentrico regista inglese, Christopher Sarson, e trasmessa sul canale pubblico di Boston WGBH-TV.
Il cast di Zoom era composto interamente da bambini pre-teen – una vera novità. I bambini cantavano, disegnavano e presentavano progetti artigianali, basati su script inviati dagli spettatori – da altri bambini.
Questi ultimi sarebbero stati premiati con l’invio a casa di una Zoom Card, una cartolina con la fotografia a colori di un membro del cast, e sul retro le istruzioni passo-passo per un progetto di artigianato o un gioco presentato nello spettacolo. L’idea era che i bambini potessero imparare gli uni dagli altri, piuttosto che da una figura di autorità adulta.
Se l’enfasi è posta sull’apprendimento, piuttosto che sull’insegnamento, dice Sarson, si ottiene molto. Con questo sistema orizzontale, dice, i bambini saranno più sicuri di se stessi e apprezzeranno di più la vita.
Bisogna lasciare che i bambini pensino con la loro testa. Bisogna aumentare lo Zoom sui bambini e diminuirlo sugli adulti (newyorker.com).
Non è difficile riconoscere in questa filosofia i tratti dell’opposizione al patriarcato dei libertari Hippy. Come non è difficile vedere come questa idea di libertà sia stata ingegnerizzata da Google, Facebook e Apple, diventando la gabbia dorata dei cosiddetti social media e del peer-to-peer.
Tuttavia, quest’idea ha radici più lontane, e sarebbe esagerato (come è di moda negli ultimi anni) attribuire agli Hippy, o alle femministe, eccetera, ogni responsabilità. L’idea di liberare il bambino, facendolo diventare un consumatore, arriva dagli anni Cinquanta del Novecento.
In un classico della sociologia – La folla solitaria – scritto da David Riesman proprio nel 1950, si legge che (cito) non esistono bambini problematici, ma solo genitori problematici.
I maestri dicono ai genitori di rilassarsi e di godere dei propri bambini. I bambini imparano ad associare la scuola non ad adulti severi e a temi noiosi, ma al gioco e ad adulti comprensivi. Anche la sistemazione dell’ambiente simboleggia i cambiamenti: i sessi sono mischiati; il sistema usato per assegnare il posto a sedere è senza formalità. Anche i banchi cambiano la loro forma, sono più tavole movibili con scaffali aperti, che luoghi in cui si possa nascondere qualcosa.
L’insegnante non siede più in una cattedra o si pavoneggia alla lavagna, ma si unisce alla cerchia familiare. Le pareti della scuola elementare sono decorate con i disegni dei bambini. Ciò pare progressivo, scrive Riesman, ed è un inno alla creatività, all’individualità. Cesare e Pompei sono stati sostituiti da visite a negozi e caseifici, da carte geografiche prese da Life, e le favole sono state sostituite da storie sui treni, sui telefoni e su botteghe di generi alimentari.
Non siamo ai livelli di Zoom, dove i bambini di una classe multietnica, vestiti unisex, chiedono ad altri bambini di sentirsi liberi di produrre i contenuti che il programma gli somministra.
Non siamo ancora alla libertà di parola concessa ai teen e pre-teen (come nel Giovane Holden – 1951), non siamo, insomma, all’ingegnerizzazione di questa libertà operata dai social media (e nel suo piccolo Baricco), ma le premesse ci sono tutte.
L’obiettivo di queste aziende è prendere in carica l’utente dalla culla alla tomba, è sostituirsi allo Stato. L’ambizione di Zoom e Google è allargarsi alla medicina e alla scuola.
L’intenzione è infiltrare i sistemi sanitari nazionali, la biotecnologia, la diagnostica di base, le casse malattia, eccetera. Zoom ha un suo programma rivolto alla medicina, Zoom for Healthcare. E anche Google, da tempo, cerca di infiltrare il sistema sanitario mondiale.
Tuttavia, alla prova di una emergenza sanitaria seria, ciò che sono stati capaci di offrire sono ancora scatole vuote che gli utenti debbono riempire, guardare, pagandone il canone, come ai vecchi tempi di Zoom TV.
Per chiudere non posso non ritornare ai numeri di Zoom (l’impresa). Questi numeri dicono (Forbes) che Zoom in borsa vale $ 42 miliardi, e che ha realizzato profitti per $ 23,2 milioni, con un rapporto Valore/Profitti di 1810, vale a dire che 1810 dollari di valore generano 1 dollaro di profitto.
Le cose non vanno meglio per Amazon, con un rapporto di 116. Meglio se la cavano Alphabet, Microsoft e Apple, rispettivamente con un rapporto di 26, 29, 22. Niente a che vedere con le aziende Orientali, soprattutto cinesi: ICBC 5, China Construction Bank 5, PetroChina 9. Anche Wallmart, l’Esselunga americana in forte crisi, ha un indice 23, mooolto lontano dal 1810 di Zoom.
Cosa spinge gli investitori a buttare tanto denaro in queste aziende, visto che non promettono profitti soddisfacenti? Verrebbe da dire (e non siamo lontani dalla realtà) che è il denaro stesso. È la disponibilità di liquidità (i cosiddetti bazooka) che spinge il denaro verso questo tipo di investimenti (chiamiamoli così, provvisoriamente), che li spinge verso quei casinò chiamati Borse valori.
Il risultato non lo si attente dalla produzione, dalla vendita e dal profitto. Il profitto è roba vecchia. Il risultato lo si attende dal piazzamento delle azioni ad un prezzo superiore di quello di acquisto (o inferiore, se si gioca al ribasso, ma è la stessa minestra).
Quando, in una situazione come quella attuale, in cui la domanda languisce, e gli imprenditori si guardano bene dal gettare denaro nella costruzione di nuovi capannoni, pompare denaro negli investimenti, significa dare l’illusione che la Las Vegas planetaria delle borse possa girare e ballare e festeggiare mentre fuori i cittadini-bambini rimangono chiusi a casa a baloccarsi con Zoom.
*da L’Antiplomatico
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa