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L’ignobile propaganda per criminalizzare gli studenti sulla Palestina

Critiche alla propaganda che tenta di delegittimare il movimento studentesco in solidarietà al popolo palestinese

L’Università di Torino si è ritirata il 7 marzo scorso dall’accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica tra Italia e Israele. (Bando Maeci)

In questi giorni anche la Normale di Pisa ha deciso di ritirarsi.

Il Rettore dell’Università di Bari si è ritirato dal consiglio scientifico della fondazione Med-Or (Leonardo). Il Rettore dichiara: l’obiettivo è congelare i progetti di ricerca in collaborazione con Israele “come facemmo con la Russia nel 2022”. “Ho avuto un confronto con gli studenti, non ero circondato dai Sioux”. N.d.r a noi non sarebbero dispiaciuti neanche i Sioux

Proprio in seguito a queste prime significative vittorie del movimento studentesco contro il genocidio in corso, il governo italiano di estrema destra paventa un pericolo “terrorista” e “brigatista” all’interno dell’università. In molte città le manifestazioni studentesche in solidarietà alla Palestina sono state aggredite a bastonate dalla polizia.

Svariate sono anche le prese di posizione di molti intellettuali (anche sedicenti “sinistri”) contro queste lotte. Qualche esempio:

·       Ritorna il “tempo lugubre nel quale dalle università venivano espulsi professori perché ebrei” (Fassino sulla decisione dell’Università di Torino)

·      Tommaso Montanari: “Anche in Israele l’università è luogo del dissenso, è sbagliato interrompere i rapporti

·      “La cooperazione tra atenei si fonda proprio sulla necessità di uno scambio di conoscenze, sulla cultura che unisce al di là della politica” Milena Santerini vicepresidente della Fondazione memoriale della Shoah di Milano.

·      Antonio Padellaro: “I contestatori hanno rinunciato ad articolare frasi di senso compiuto, vittime di una qualche forma di ideologica afasia.  Si potrebbe sospettare che i disturbatori pro Palestina e pro Hamas respingano le offerte di dialogo perché non sanno cosa dire e, soprattutto, non sanno come dirlo.”

Consapevoli di quanto la propaganda culturale sia uno dei bracci armati della repressione proprio per la sua capacità di penetrare il senso comune della gente, cominciamo col rispondere all’ultima tesi che abbiamo riportato, quella di Padellaro.

La parola afasia nel vocabolario d’italiano è così definita: perdita della capacità di comprendere e comporre il linguaggio conseguente a lesione dell’apparato nervoso centrale, impossibilità parziale o totale di ricordare i segni della parola.

A proposito di afasia, ecco alcuni chiarimenti ben argomentati.

Da anni viene segnalato all’interno delle Università l’intensificarsi dello spostamento della centralità della conoscenza come luogo di pace alla conoscenza ai fini di guerra. Quanti di noi sanno che oltre al PNRR esiste un PNRM (Piano nazionale della ricerca militare)?

Il ruolo centrale del sistema universitario per il rafforzamento del comparto militare è enfatizzato anche nel Documento programmatico 2020-2022 dello Stato maggiore della Difesa.

In questo quadro perché mai studenti e docenti denunciano – come è stato fatto anche a Trento un mese fa grazie al generoso impegno dell’Assemblea di Trento di solidarietà alla resistenza palestinese – le collaborazioni dell’università con Leonardo e con le sue fondazioni culturali come Med-Or? Arroganza antidemocratica?

Parliamo di Leonardo Spa, niente a che vedere con l’uomo onnilaterale rinascimentale:

L’azienda italiana, con i suoi 15 miliardi di fatturato (dati 2022), è al tredicesimo posto nella classifica mondiale dei costruttori di armi, prima società dell’Unione Europea.

Nell’ultimo bilancio del 2022 dichiara che realizza l’83% del fatturato nel settore difesa (guerra), avendo quasi solo clienti governativi (88%). La stessa Leonardo che nel luglio 2022 ha acquistato la società israeliana Rada Electronic Industries, specializzata in radar per la difesa a corto raggio e anti -droni.

La stessa Leonardo i cui Cannoni 76 mm Oto Melara montati sulle corvette della Marina militare Israeliana partecipano ai bombardamenti su Gaza.

Leonardo è titolare di 5 accordi quadro con grandi Università italiane (Milano, Torino, Genova, Bologna, Roma) e collaborazioni attive con più di 90 università.

La Fondazione culturale Med-Or è stata fondata da Leonardo nel 2021.

Med-Or esibisce un incredibile consiglio internazionale che spazia a tutto campo: dall’ex capo dell’intelligence Usa, John Negroponte, all’ex capo dell’intelligence saudita Turkey al Faisal, al ministro egiziano Rachid Mohamed Rachid, dal quatarino Khalid Al-Khater all’israeliano David Meidan, agli ex ministri degli Esteri di Spagna e Germania, Ana Palacio e Sigmar Gabriel, fino all’ex capo dell’intelligence britannica Sir Alex Younger.

Il presidente è un certo Minniti, italiano, il realizzatore degli accordi sui lager in Libia per i migranti.

La vocazione militarista della fondazione culturale risulta chiara anche dai “convegni prestigiosi” che organizza. L’ultimo il 13 marzo assieme al Centro Alti Studi per la Difesa dal titolo “Italia, Europa, Nato e il futuro del Mediterraneo“, presenti Marco Peronaci, rappresentante italiano presso la Nato, l’ambasciatore statunitense Jack Markell, il futuro comandante degli Stati maggiori Nato, l’italiano Giuseppe Cavo Dragone, con intervento conclusivo del ministro Crosetto.

Nel giugno 2023 Med-Or consolidava la sua collaborazione con l’Institute for National Security Studies (Inss) di Tel Aviv

Quale mai sarà il senso dell’attività della fondazione culturale della più grande industria militare dell’Ue? Propaganda culturale per formare gli sviluppatori e i venditori dei suoi prodotti (ARMI), che prima o poi devono pur essere utilizzati.

Sono 16 i rettori italiani presenti nel consiglio scientifico, tra i quali anche Deflorian, il rettore della nostra Università di Trento.

Denunciando, criticando queste collaborazioni con precisione e ricchezza di argomentazioni frutto di una ricerca collettiva e dialogica e di una visione del sapere al servizio dell’umanità che soffre e non dei ricchi mercanti d’armi, ci stiamo battendo per un futuro che per i nostri bambini e per il pianeta Terra non preveda la guerra, massacro dei popoli e dell’ambiente e profitti per i milionari.

Altro che “terroristi”, siamo i più sinceri interpreti di una Costituzione che con il suo articolo 11 ripudia la guerra, Costituzione nata dalla Resistenza e dalla lotta all’occupazione nazi-fascista.

Quando i cosiddetti intellettuali parlano di etica della ricerca, della neutralità, dell’autonomia, della libertà democratica (quindi al servizio del popolo) dell’Università, come possono pensare che la cultura di guerra propagandata da queste fondazioni e praticata dagli accordi denunciati non abbia niente a che fare con i massacri di Gaza e con i venti di guerra mondiale?

Come possiamo non pensare ai bambini morti a Gaza, che in soli 5 mesi sono più di tutti quelli morti in tutte le guerre del mondo in 4 anni (dal 2018 al 2022)?

Ricordiamo che l’Italia ha venduto armamenti a Israele tra il 2013 e il 2022 per 120 milioni di euro che ora vengono utilizzati nel genocidio dei palestinesi. Le collaborazioni con le Università, le fondazioni culturali delle grandi industrie d’armi non hanno avuto nessun ruolo nel loro sviluppo?

Nella lettera firmata da quasi 2000 docenti e ricercatori italiani e inviata al Ministro Tajani il 29 febbraio in cui si chiede lo stop alle collaborazioni con Israele si dice che “il finanziamento potrebbe essere utilizzato per sviluppare tecnologia ‘dual use’, ovvero a impiego sia civile che militare, e la terza linea di finanziamento delle tecnologie ottiche potrebbe essere utilizzata per sviluppare device di sorveglianza di ultima generazione, anche a uso bellico. La richiesta della lettera è sospendere gli accordi fino al cessate il fuoco di Israele.

L’appello chiede il congelamento delle relazioni fra università e centri di ricerca dei due Paesi allo scopo di fare pressione su Israele, come venne fatto contro il Sudafrica dell’Apartheid. Questo tipo di lotta è palesemente imparagonabile al fascismo, al “tempo lugubre nel quale dalle università venivano espulsi professori perché ebrei” come dichiarava il noto Fassino.

A proposito delle università Israeliane come “luogo del dissenso”, tenendo conto delle esemplari eccezioni che ci capita spesso di raccontare ed esaltare, ci poniamo alcuni interrogativi sulle strutture generali: le università israeliane sono pienamente libere? Luoghi neutrali di confronto democratico, del pensiero critico?

Un primo esempio: La nota Prof palestinese Nadera Shalhoub-Kevorkian (esperta di femminisimi e violenze di genere) è stata appena sospesa per ordine della Hebrew University e detenuta per ore all’aeroporto Ben Gurion. A ottobre aveva firmato una lettera con 1000 accademici internazionali che chiedeva il cessate il fuoco e la fine del regime di Apartheid.

Approfondiremo questi interrogativi nella prossima puntata.

Intanto nella Striscia è in corso uno “scolasticidio”: sono stati ammazzati oltre 4mila studenti, 231 insegnanti e lavoratori della scuola. Le Università di Gaza sono distrutte.

Il bando Maeci è stato pubblicato il 21 novembre e scade il 10 aprile.

Continuiamo a lottare, a estendere, rendere sempre più partecipi e intrecciate le lotte, con la forza delle nostre ragioni approfondite da un dialogo di ricerca continua e dai nostri grandi sentimenti.

Non lasciamo soli i Palestinesi. Fermiamo il genocidio!

Ringraziamo l’Assemblea di Trento in solidarietà alla resistenza palestinese alla quale partecipiamo per i tanti spunti di approfondimento che abbiamo elaborato assieme in un impegno di lotta comune.

Invitiamo tutte e tutti a partecipare all’assemblea che si ritrova ogni lunedì (non questo che viene) a Sociologia a Trento alle 18.00.

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1 Commento


  • Tiberio

    Oltretutto si stanno portando avanti con il lavoro, ora stanno iniettando il dubbio (per loro certezza) che i docenti della Normale di Pisa abbiano fatto quella scelta perché minacciati dagli studenti.
    Si evince che un docente, notoriamente studioso e portatore di cultura, non potrebbe mai essere contrario alle politiche israeliane.

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