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Il muro che impedì la guerra nucleare

Qualche giorno fa, il 13 agosto, cadeva la data che ricorda la costruzione del muro di Berlino, nel 1961: “Die Mauer”, una parete alta 5 metri e lunga 45 km, più altri 120 km attorno a Berlino Ovest, per separarla dal resto della Repubblica democratica tedesca.

Ai tedeschi dell’est è andata male”, ci hanno raccontato per quarant’anni, dal 1949 al 1989; è toccato a loro “finire sotto le grinfie sovietiche e, per rinchiuderli dentro un regime dittatoriale, li si è recintati e lasciati alla mercé della più perverse delle polizie segrete, la StaSi”, finché “l’anelito alla libertà ha trionfato” e il muro è stato finalmente abbattuto. Giovanni Pascoli non avrebbe saputo raccontarcela meglio!

Le transazioni Jakovlev-Brzezinski, o Gorbačëv-Baker-McNamara-Wërner-Genscher – “tu abbatti il muro e io ti prometto che non sposterò la NATO a est” – sono una minuzia; la sostanza è che “la libertà alla fine trionfa” sulla perfidia comunista: vatti a fidare di Kruščëv, che fa tanto l’antistalinista, ma in fondo è falso come tutti i sovietici.

Così come era un’altra “minuzia” fugace, che Stalin si fosse opposto fino alla fine alla divisione della Germania, tanto che la nascita della DDR, nel 1949, era stata la risposta all’unilaterale decisione USA sulla creazione della Repubblica federale sul territorio delle zone di occupazione “alleate” e in varie occasioni, tra il 1949 e il 1952, Stalin aveva parlato dell’unità tedesca, auspicando «una prossima conclusione dell’accordo di pace e il ritiro delle truppe d’occupazione, negli interessi della Germania e della pace in tutto il mondo».

Nell’aprile 1952, in una nota al governo USA, scriveva: «Proprio oggi si decide la questione se la Germania verrà ricostituita come Stato unito, indipendente, pacificooppure rimarrà in vigore la divisione della Germania e la minaccia, a ciò connessa, di guerra in Europa».

E poi, a colloquio con Chou En-Lai, osservava che Washington non voleva l’unità tedesca, perché ciò avrebbe posto termine al saccheggio USA della Germania.

Nonostante questo, il muro era però diventato il simbolo della tirannide comunista, che privava della libertà i propri sudditi, tanto che l’11 novembre 1989 l’Unità dalemiana titolava a sette colonne “Il giorno più bello per l’Europa. Addio muro di Berlino”. Punto.

Ma, negli anni precedenti la costruzione del muro, e anche nel periodo immediatamente seguente, l’Europa era stata sul filo della guerra e, se non proprio la costruzione del muro, quantomeno le mosse attorno a esso, avevano fermato lo scontro.

Su Die junge Welt, Frank Schumann ricorda come, a un certo momento del 1961, carri armati sovietici e americani fossero venuti a trovarsi gli uni di fronte agli altri sulla Friedrichstraße, a Berlino.

Il 25 ottobre 1961 il generale USA Lucius D. Clay fece schierare carri armati perché le guardie di frontiera della DDR avevano chiesto i documenti a un diplomatico USA. Contemporaneamente, l’ambasciatore della Repubblica federale, Wilhelm Grewe, ex membro del NSDAP, consegnava a Washington una lettera di Adenauer, in cui il Cancelliere informava John Kennedy che il governo della BDR vedeva il rischio di guerra ed era pronto «a correre il rischio e a entrare in guerra per difendere la libertà di Berlino».

Inoltre, se si fosse arrivati a operazioni terrestri e aeree, queste sarebbero state «convincenti solo se siamo pronti a farle seguire da un attacco nucleare preventivo».

Kennedy non seguì il suggerimento; dopo l’incontro al vertice con Kruščëv a Vienna, nel giugno precedente, aveva chiesto agli esperti quanti americani sarebbero morti in una guerra nucleare. Circa settanta milioni, fu la risposta.

Fu così che inviò un rappresentante a Mosca ed è questo presumibilmente il motivo per cui Clay e i suoi carri armati furono richiamati; ma, per oltre 16 ore, il mondo guardò all’abisso della guerra nucleare.

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Confronto pericoloso invece di un trattato di pace

Nella pubblicistica liberale è d’uso ripetere alcune parole dell’allora leader della SED e della DDR Walter Ulbricht: «Nessuno ha intenzione di costruire alcun muro», pronunciate in una conferenza stampa il 15 giugno 1961. A ovest si è sempre evitato di riportare la frase completa pronunciata da Ulbricht in risposta alla domanda di una giornalista.

Nel volume “Interessi e intrighi: chi ha spaccato la Germania?“, pubblicato nel 2011, l’ex collaboratore di Ulbricht, Herbert Graf, ricorda la risposta completa di Ulbricht: «Nessuno ha intenzione di costruire un muro. L’ho detto prima: siamo favorevoli a relazioni concordate tra Berlino Ovest e il governo della Repubblica Democratica Tedesca. Questo è il modo più semplice e normale di regolare tali questioni».

Anche gli eventi che avevano preceduto la costruzione del muro vengono solitamente tralasciati, a partire dalla richiesta di un trattato di pace con la DDR. Dice Graf: «L’obiettivo principale di questa campagna mediatica… è quello di incolpare falsamente socialismo, URSS e DDR delle cause e delle conseguenze del muro».

Già alla conferenza di Teheran del 1943 tra Stalin, Churchill e Roosevelt, iniziarono le discussioni su come dovesse apparire nel dopoguerra la Germania occupata. Washington e Londra volevano dividere la Germania, arrivando fino a formulare il Piano Morgenthau per deindustrializzare il paese.

L’Unione Sovietica si oppose tuttavia la frammentazione della Germania. Nel settembre 1944, con il “Protocollo di Londra” per le zone di occupazione e anche per la “Grande Berlino”, le potenze alleate presupponevano che qualsiasi piano sarebbe stato solo una soluzione temporanea, fino a una conferenza di pace e un trattato di pace «forse due o tre anni dopo la fine della guerra».

Graf nota come la questione di Berlino non avesse rivestito alcun ruolo alle conferenze di Yalta e di Potsdam, perché tutti erano consapevoli che non si sarebbe andati oltre i piani di Churchill di lasciare le forze sovietiche sulla linea Oder-Neisse: «Non c’era un diritto di accesso a Berlino per gli alleati occidentali legalmente documentato. Quando gli americani si resero conto che la loro zona era a 150 chilometri da Berlino, Roosevelt si rivolse a Stalin e questi incaricò Žukov di aiutare le truppe USA a raggiungere la zona concordata a Berlino. Si trattava solo di una consuetudine, una regolamentazione tra “colleghi” e non di diritto internazionale… Era una concessione dell’Unione Sovietica… un accordo temporaneo».

Graf non crede che una soluzione come quella attuata per l’Austria, cui era stata concessa la sovranità nel 1955 dopo l’occupazione e l’amministrazione alleata, non fosse possibile anche per la Germania. Ma le potenze occidentali non erano interessate a una Repubblica Federale Tedesca sovrana.

Nelle sue conversazioni del 2017 con l’agenzia SNANews, Herbert Graf continua: «Una rappresentazione che si concentri esclusivamente sulla fase finale degli eventi nel 1960/61» è oltremodo limitata. Graf ricordava come «il punto di partenza per l’escalation della questione di Berlino» risalisse all’autunno 1958. «Si sarebbe dovuti giungere a un accordo internazionale, e invece, dice Graf, si è arrivati «nel 1961 alla crisi di Berlino e alla costruzione del Muro».

Era giunto il momento che in Germania si trattasse seriamente la questione della pace e si chiarissero i problemi in sospeso. A Bonn, però, non erano interessati a rivedere i regolamenti del 1944 su Berlino e gli USA avevano addirittura pianificato una guerra nucleare contro la DDR e l’Unione Sovietica (ne parla nelle sue memorie l’ex Ministro della difesa della Repubblica Federale, Josef Strauß) per evitare che venissero messi in discussione i loro interessi a Berlino Ovest.

A settembre 1959 Kruščëv e Eisenhower si incontrarono a Camp David. Alla conferenza stampa finale, Eisenhower dichiarò di aver discusso con Kruščëv «dettagliatamente la questione di Berlino»; la necessità di negoziati per «arrivare a una soluzione che tuteli i legittimi interessi di sovietici, tedeschi dell’est, tedeschi dell’ovest e, soprattutto, dei popoli occidentali».

Si sperava, dice ancora Graf, che si sarebbe trovata una «soluzione per il problema di Berlino, ma soprattutto per il trattato di pace, in cui il problema di Berlino rivestiva un ruolo importante».

Ma, alla vigilia del vertice di Parigi, fissato per metà maggio 1960, avvenne l’incidente del “U-2″, abbattuto sopra Sverdlovsk il 1 maggio 1960. Graf nota come lo storico americano David Talbot, nel volume “The Devil’s Chessboard – The CIA, Allen Dulles and the Rise of America’s Secret Government“, scriva che l’abbattimento dell’aereo spia, in volo per conto della CIA, «distrusse l’ultima possibilità di Eisenhower per una svolta nella Guerra Fredda».

Ike era consapevole del rischio di tali voli, ma li approvò perché il capo della CIA Allan Dulles gli aveva assicurato che l’alta quota degli “U-2” li proteggeva dalla difesa aerea sovietica. Ma non era così. Scrive Talbot: «Il volo spia alla vigilia del vertice di Parigi sembrava così mal programmato che almeno un osservatore, il colonnello L. Fletcher Prouty, sospettava che la CIA avesse deliberatamente provocato l’incidente per silurare la conferenza di pace…».

Prouty, ufficiale di collegamento tra Pentagono e CIA, nel libro “The Secret Team” descrive l’abbattimento del “U-2” come «un evento eccezionale», parlando di lotta tra la cerchia di Eisenhower e quella di Dulles.

Nel libro del 1992 “JFK – La CIA, la guerra del Vietnam e l’omicidio di John F. Kennedy“, Prouty afferma: «Eisenhower nutriva grandi speranze per la sua crociata per la pace. Il prerequisito era dato dal successo della conferenza al vertice di Parigi. Ecco perché aveva interrotto i voli spia. Però, l’aereo “U-2” partì lo stesso e si arrivò all’annullamento della prevista visita di Eisenhower a Mosca. Ma l’aereo non era stato abbattuto, bensì atterrato vicino a Sverdlovsk», scrive Prouty, che parla di sabotaggio.

Allen Dulles dichiarò in segreto che l’aereo non era stato abbattuto da un missile russo. Nel 2014, gli analisti militari Bernd Biedermann e Wolfgang Kerner, in “Krieg am Himmel”, concludono che, stando alle recenti pubblicazioni russe, è dubbio che l’aereo sia stato colpito a circa 21 km di altezza. Prouty sospetta, tra l’altro, che Powers avesse dovuto sorvolare il territorio sovietico a causa di un problema tecnico.

Herbert Graf giudica l’incidente non casuale: «Powers venne sacrificato per sollevare uno scandalo».

E, comunque, anche il successivo incontro tra Kennedy e Kruščëv a Vienna, nel giugno 1961, non dette alcun risultato per la Germania. Anzi, entrambe le parti misero in allerta le truppe e organizzarono «pericolosi giochi di simulazione militare», scrive Graf.

Dopo il nulla di fatto a Vienna, «a metà luglio 1961, Kennedy inviò a Mosca il diplomatico John McCloy, che si incontrò con vari esponenti sovietici e anche con Kruščëv, per discutere su come prevenire un disastro nucleare e disinnescare la crisi di Berlino».

A detta di Graf, McCloy riuscì a «realizzare un capolavoro»: in sostanza, veniva deciso di conservare lo «status quo in Europa… Gli USA insistevano su tre elementi: immutabilità dei diritti alleati su Berlino Ovest; quest’ultima non veniva inclusa nella DDR; tutto il resto, su base negoziale».

In fin dei conti, il muro di Berlino è stato una conseguenza e al tempo stesso un «elemento per scongiurare la guerra». Combinato con lo status quo concordato, ha impedito l’inferno atomico: «Anche questo costituisce la verità sulla crisi di Berlino nel 1961 e della sua soluzione concordata».

In realtà, continua Graf, dopo Vienna, Walter Ulbricht aveva parlato varie volte della questione chiave dal suo punto di vista, il trattato di pace, che per lui era decisivo, oltre a rapporti solidi e chiari; Ulbricht «era per una soluzione negoziata e non per quella del muro. La soluzione del muro venne più tardi».

Scrive Graf: «Il governo della DDR e la dirigenza del SED non erano affatto contenti della soluzione alla crisi di Berlino trovata con l’istituzione delle fortificazioni di confine. La conclusione di un trattato di pace e quindi anche l’eliminazione dell’accordo EAC del 1944 sarebbe stata senza dubbio la migliore soluzione nell’interesse della sovranità del Paese e di una stabilizzazione sostenibile della situazione interna».

Tuttavia, la DDR non ottenne il trattato di pace promesso da Mosca, perché quest’ultima mostrò più considerazione per l’Occidente, che vi era contrario. La decisione finale di costruire il muro fu presa il 3 agosto a Mosca in una riunione del Patto di Varsavia.

F. J. Strauß: Il muro fu una fortuna

La propaganda occidentale ci ha martellato per quarant’anni con il ritornello secondo cui i russi avrebbero deciso la costruzione del muro per impedire che le persone fuggissero dalla DDR. Nell’ottobre 2013, Johann Weber scriveva su RotFuchs che, sulla base dei ricordi di un testimone di prim’ordine, quale Franz Josef Strauß, vengono a galla i reali motivi; l’ex Ministro della difesa federale dal 1956 al 1962 ricorda gli avvenimenti antecedenti il 13 agosto 1961.

Nel libro autobiografico “Franz Josef Strauß – Ricordi”, l’ex Presidente bavarese parla dei piani occidentali di attacco all’Unione Sovietica, di come il Pentagono intendesse sganciare una bomba atomica sulla DDR e dunque fosse stato chiesto proprio a lui di indicare un’area adatta.

Racconta Strauß: «L’idea americana di lanciare una bomba atomica su un’area di addestramento militare sovietica avrebbe significato la morte di migliaia di soldati sovietici. Sarebbe stata la terza guerra mondiale. Gli americani azzardarono un’idea simile, perché sapevano che i sovietici a quel tempo non disponevano ancora di missili balistici intercontinentali precisi e affidabili, né avevano missili precisi a medio raggio. Quindi la guerra si sarebbe svolta in gran parte in Europa, come una guerra convenzionale alla quale gli Stati Uniti avrebbero potuto aggiungere una componente nucleare. Fortunatamente tali considerazioni divennero carta straccia domenica 13 agosto 1961».

Weber riporta ancora altri frammenti dai “Ricordi” di Strauß. In particolare, nel capitolo “La crisi di Berlino e la costruzione del muro“, Strauß scrive: «Di ritorno in Europa, per prima cosa andai a incontrare Konrad Adenauer, in villeggiatura nel nord Italia, a Cadenabbia, per riferirgli del mio viaggio in America. C’era un piano di emergenza per il caso peggiore che noi prevedessimo: un blocco completo di Berlino».

Strauß racconta dei ripetuti incontri al quartier generale NATO a Parigi… «Un giorno venne da me Foertsch… Nel caso in cui il piano americano di avanzata via terra verso Berlino fosse stato fermato dalla superiorità sovietica, disse Foertsch, gli Stati Uniti avevano intenzione, prima di arrivare a un forte scontro con l’Unione Sovietica, di sganciare una bomba atomica sul territorio della DDR. Io gli chiesi: sul territorio dell’Unione Sovietica? No, rispose, sul territorio della DDR».

E Strauß continua: «Gli americani discussero seriamente questa idea, il che è dimostrato dal fatto che non solo ce lo avevano chiesto in generale, ma volevano anche sapere da noi quale obiettivo consigliassimo… Ho detto che nessuno poteva prendersi questa responsabilità. Un obiettivo come Hiroshima o Nagasaki era fuori discussione…il prezzo sarebbe stato sproporzionato rispetto al risultato. Si parlava di un’area di addestramento militare russa… Se questa bomba atomica fosse lanciata con precisione e avesse avuto un raggio d’azione limitato, le vittime civili sarebbero state limitate per lo più alle persone che lavoravano in quell’area. Ho nominato un’area di addestramento che conoscevo: c’ero stato per un po’ nel 1942… Durante la crisi di Berlino del 1961, accumulatasi nei tre anni precedenti, in primavera si notò che si stava preparando qualcosa al di là delle solite battute est-ovest e che si estendeva ben oltre la Germania. Si sentiva che questa poteva essere un’emergenza, se non militare, quantomeno politica».

E conclude: «Con la costruzione del muro, la crisi non solo veniva messa da parte, ma addirittura chiusa, anche se in modo spiacevole per i tedeschi».

A me, conclude Johann Weber, «ex elettore del partito di Franz Josef Strauß, leggere questo capitolo ha aperto due nuove intuizioni: primo, la NATO non avrebbe avuto remore a sganciare una bomba atomica sul territorio della DDR. Secondo, la supposta “Spinta verso ovest” dell’Unione Sovietica, con cui venivamo martellati quotidianamente noi studenti della vecchia BDR, non è mai esistita».

Cosa voleva davvero Ulbricht e cosa nasconde l’Occidente

Intervistato da giornalisti della snanews.de, in occasione del 60° anniversario del muro, il professor Siegfried Prokop, alla domanda se il muro fosse evitabile, ha risposto:

«Sì, certo, era evitabile. All’epoca, c’era un piano per concludere un trattato di pace con la DDR, se possibile da parte di tutti e quattro gli alleati. L’Unione Sovietica aveva presentato una nota nel 1958. Era anche pronta a concludere unilateralmente un trattato di pace con la DDR.

Ciò sarebbe stato concepibile anche perché col Giappone gli alleati occidentali avevano firmato un trattato di pace separato, escludendo l’Unione Sovietica. Ciò avrebbe significato che la DDR avrebbe avuto la piena sovranità aerea sul proprio territorio.

Ciò significava che tutti gli aerei che volevano volare a Berlino Ovest avrebbero avuto bisogno dell’approvazione della DDR o avrebbero dovuto atterrare a Berlino-Schönefeld, sottostando ai controlli delle autorità della DDR. Questo fu vero da giugno a fine luglio 1961.

Poi avvenne un cambiamento unilaterale. Oggi è difficile comprenderlo appieno, poiché molti documenti sono ancora bloccati nell’area NATO. Esistono comunque prove sufficienti e verificabili che John McCloy, in qualità di inviato speciale di John F. Kennedy, abbia visitato Nikita Kruščëv in vacanza sul mar Nero alla fine di luglio 1961 e che le decisioni siano state prese in una direzione diversa.

Quest’altra direzione derivava dal fatto che apparentemente era stato trasmesso un ultimatum segreto. In caso di trattato di pace separato e trasferimento della sovranità aerea alla DDR, una bomba atomica americana avrebbe dovuto essere sganciata su un obiettivo sovietico nella DDR.

Kruščëv disse che l’unica soluzione era sulla terra. Ciò significava prima di tutto che doveva essere preparata nel più breve tempo possibile la separazione di Berlino Ovest, da attuarsi con una recinzione di filo spinato.

Allora, perché avvenne quella chiusura del confine, che in seguito si trasformò in muro?

Alla conferenza dei partiti comunisti e operai dei paesi socialisti a Mosca dal 3 al 5 agosto 1961, l’intera storia provocò uno scontro tra Walter Ulbricht e Nikita Kruščëv. I paesi socialisti che facevano parte del Patto di Varsavia si espressero per tale soluzione. Ulbricht era molto contrario, anche per il fatto che se la DDR avesse optato per tale soluzione, probabilmente non sarebbe stata riconosciuta a livello internazionale per molto tempo.

Aveva ragione: si è trattato di un forte freno al riconoscimento mondiale della DDR, durato oltre un decennio.

Lei cita il giornalista Paul Oestreicher, che scrive che l’Occidente ufficialmente protestò contro il muro, ma in via ufficiosa espresse comprensione. Lei cita anche William Fulbright, portavoce del Senato USA per la politica estera, che si disse sorpreso che la DDR non avesse messo sotto controllo i propri confini molto prima. Come va valutato?

Quella era la linea degli Stati Uniti. Kennedy non voleva una guerra per Berlino. Ed era anche il caso di Nikita Kruščëv. Già allora era chiaro che una guerra nucleare su Berlino avrebbe portato allo sterminio del popolo tedesco. Si cercò una soluzione di compromesso. Kennedy creò i presupposti essenziali per questa soluzione territoriale. (…)

Nei colloqui con Hans Kroll, ambasciatore della BDR a Mosca, che ne parla nelle sue memorie, Kruščëv dichiarò: «Alla fine, ho preso questa decisione da solo. Ulbricht non poteva prenderla, aveva spalle troppo strette».

Ma, fino ad oggi, Walter Ulbricht ne è ritenuto responsabile …

È una menzogna della propaganda occidentale.

Viene sempre riportata la frase “Nessuno ha intenzione di costruire un muro” e quello che dice dopo viene taciuto…

… Si trattava del trattato di pace separato e della soluzione di Schönefeld, che sarebbe stata molto migliore per le persone a Berlino Est e Ovest. Ma quella soluzione migliore fu resa impossibile da Kennedy con la minaccia della bomba nucleare.

Due anni fa, parlando con Herbert Graf, ex collaboratore di Walter Ulbricht, ho avuto l’impressione che l’Occidente fosse effettivamente responsabile del muro.

Sì, non ci sarebbe stato nessun muro. Certamente avrebbero dovuto esserci accordi tra gli Alleati su come risolvere la questione a Berlino. Si può solo ipotizzare cosa ne sarebbe derivato. Presumo che le potenze occidentali avrebbero potuto mantenere i loro aeroporti di Gatow e Tegel ecc. come aeroporti militari. Ma i berlinesi dell’ovest avrebbero dovuto volare via Schönefeld sotto il controllo della DDR.

Sarebbe stato molto meglio di un muro. Questo è stato impedito dall’Occidente. Questo è ora completamente escluso dalla propaganda. Un fatto essenziale è tenuto segreto…

… che gli alleati occidentali si battevano per l’obiettivo di poter assolutamente mantenere quella famosa “spina nella carne del socialismo” con Berlino Ovest, anche a costo di una guerra nucleare?

Lo vedevano quale fattore destabilizzante dell’intero socialismo. Berlino Ovest aveva un certo ruolo anche verso la Polonia, l’Ucraina, la Cecoslovacchia. La DDR è stata soggetta giorno dopo giorno a massicci diversivi ideologici, una guerra psicologica. (…)

Possiamo dire: “L’Occidente ha prevalso e il Muro ha impedito la guerra nucleare”?

Naturalmente. Quello fu uno dei momenti più pericolosi, perché entrambe le parti non erano ancora pienamente consapevoli delle conseguenze di una guerra nucleare, come lo sono state in seguito. Il muro ha reso possibile una soluzione pacifica a un conflitto mondiale. (…)

https://www.jungewelt.de/artikel/408253.ost-und-west-besser-als-ein-krieg.html?fbclid=IwAR1XYXNS2q0BSTW_eyGoVBvzcmASTr56xowgA_EbCPbfAFhikpNqS-h5WqE

https://snanews.de/20210813/mauerbau-1961-teil-1—wie-die-alliierten-die-fundamente-bereits-1943-legten-3175963.html

https://snanews.de/20210813/mauerbau-1961-teil-2—gefaehrliche-konfrontation-statt-friedensvertrag-3175520.html

https://snanews.de/20210813/mauerbau-1961-westen-mauer-3174775.html

http://www.rotfuchs.net/rotfuchs-lesen/f-j-strauss-die-mauer-war-ein-glueck.html?fbclid=IwAR1IQjSyWlcSBua-rTlPAzhQSplVN_xoQ2H3RaEEK9GHYxG8KqjFGbye7S0

https://snanews.de/20210813/mauerbau-1961-was-ulbricht-wirklich-wollte-und-was-der-westen-verschweigt–historiker-3173672.html?fbclid=IwAR1IQjSyWlcSBua-rTlPAzhQSplVN_xoQ2H3RaEEK9GHYxG8KqjFGbye7S0

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