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La “Settimana Santa”, il Calvario dei detenuti nel marzo 2020 in Italia

Ancora oggi – trascorsi quasi due anni – poche persone hanno memoria dell’inenarrabile clima di gratuita violenza e abusi di ogni tipo che si consumarono nelle carceri italiane pochi giorni dopo che, nel nostro paese, si stava avviando il lockdown e il lungo ciclo della crisi pandemica globale.

In quei primi giorni del marzo 2020 mentre si diffondeva – nella società ma soprattutto all’interno delle carceri – la legittima paura verso un pericolo inedito, mentre l’intera impalcatura istituzionale e di comando (e in tutto l’Occidente capitalistico) palesava clamorosamente la sua inanità e la natura criminale e criminogena degli inumani rapporti sociali vigenti, dentro il circuito carcerario, lo Stato e i suoi apparati, non mostrarono “debolezza”, non espressero “comprensione e/o pietà” ma praticarono l’uso dispiegato e generalizzato della forza e della brutalità.

Diverse decine di morti e un numero imprecisato di feriti tra i detenuti in vari istituti di pena della penisola sono il risultato dell’azione repressiva avvenuta – in quel marzo 2020 – con la totale copertura del Ministro della Giustizia, il Pentastellato Alfonso Bonafede e con il narcotizzante silenzio complice della quasi totalità degli strumenti d’informazione del nostro paese.

Certo su questi gravissimi fatti sono state aperte alcune inchieste anche poderose. Qua e la si è riusciti a far conoscere – al di là del muro – cosa è accaduto ma – sostanzialmente – non c’è ancora un qualsivoglia accertato colpevole e nessuno è stato ancora condannato per tali omicidi ed il complesso delle violenze associate di quelle tragiche giornate.

Intanto, in questi giorni, grazie all’impegno di Luigi Romano – un avvocato napoletano – è stato edito un libro “La Settimana Santa. Potere e Violenze nelle carceri italiane” (Monitor Edizioni, 77 pagine, 8 Euro) il quale con un lessico diretto, avvolgente e senza filtri squaderna le atrocità compiute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere in provincia di Caserta a partire dall’autentica mattanza condotta il 6 aprile 2020.

A dire il vero, fin dalle prime ore dopo l’inizio dei pestaggi sistematici avvenuti nel carcere di SMCV, erano cominciate a filtrare voci e notizie che lasciavano presagire quanto avvenuto ma la dimensione inedita dell’avvenuto lockdown ha contribuito ad opacizzare e silenziare tali proteste.

E’ solo con l’inchiesta della Procura della Repubblica di questa estate che è stato acceso un vero focus (corredato di nomi, volti, foto, reperti video, testimonianze, ammissioni e quant’altro) sulle operazioni di annientamento psicologico e fisico e sulle vere e proprie torture avvenute contro i ristretti di quel carcere.

Il libro – sostanziato da testimonianze e da racconti scevri da orpelli stilistici e formali – restituisce al lettore il senso autentico delle pratiche di dominio totale che gli sgherri della Penitenziaria hanno perpetrato sui corpi e la dignità dei detenuti i quali – sia detto per l’ennesima volta – non stavano dando vita a nessuna rivolta ma – a fronte dell’esplodere improvviso della Pandemia di cui nulla si conosceva – reclamavano qualche mascherina, notizie certe di quando stava accadendo e la non interruzione delle già scarse e misere relazioni con le loro famiglie.

Eppure verso questo spaccato della società (o meglio verso questa discarica sociale) che aveva osato avanzare richieste di pura civiltà e di mera umanità lo Stato – nelle sue diversificate articolazioni – ha mostrato il suo volto classico e prodotto ciò che meglio riesce ad offrire storicamente ai subalterni: l’esemplificazione della violenza.

Ciò che colpisce, non solo nelle vicende di Santa Maria Capua Vetere ma nei fatti accaduti a Nord come nel Sud Italia, è il pesante silenzio dei tanti democratici, dei cosiddetti garantisti e della tante anime pie sempre pronte a stracciarsi le vesti per quanto accade ad ogni latitudine del pianeta ma costantemente prone al potere per ciò che si consuma sotto i loro occhi a pochi kilometri dal loro comodo salotto.

Del resto da troppi anni la questione/carcere è stata derubricata automaticamente a questione/criminale sotto il peso di una emergenza penale e legislativa che è divenuta una sorta di normalità costituente di una società autoritaria che ha mandato in soffitta tutte le analisi e le sperimentazioni che – in un periodo non lontanissimo da oggi – avevano osato discutere di “liberarsi dalla necessità del carcere e dell’insieme delle Istituzioni Totali”.

Diventa, quindi, facile diluire e metabolizzare nel silenzio collettivo e negli interstizi dell’attuale frammentazione e desolidarizzazione sociale episodi gravi egli allucinanti Omicidi di Stato come quelli accaduti nella nostrana Italietta nel marzo 2020.

In modalità controcorrente il testo di Luigi Romano si colloca per contrastare tale clima ideologico, culturale e materiale che appesta il paese e continua a sanzionare pesantemente la popolazione detenuta e l’insieme delle forme di “amministrazione della giustizia”.

Un libro – dunque – prezioso per il contributo di controinformazione che offre ma anche per gli elementi di civiltà giuridica negata che, quotidianamente, vengono dilapidati.

Un testo da acquistare, leggere e discutere.

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