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Ilva: 2050

Anno 2050: il lavoro fisico è stato da poco abolito in maniera definitiva, le grandi industrie sono completamente automatizzate e gestite dal popolo, l’ILVA di Taranto è stata smantellata e spostata dove i suoi miasmi non possono nuocere a nessuno.

La nuova ILVA è robotizzata, luccicante ma ancora, purtroppo, tossica. Al suo interno gli automi si muovono indaffarati, tra i tanti ce ne è uno fermo, che riprende con una piccola telecamera incorporata.

Dziga 9000, questo è il nome del piccolo cyborg in questione, è un regista senza coscienza.

Nell’anno 2050 la macchina di Turing non è stata ancora superata e perciò, gli automi, forse fortunatamente, non possiedono autoconsapevolezza.

L’IA del piccolo androide si fonda sul più classico machine learning, si tratta comunque di un autore, i dati immessi infatti sono quelli delle pellicole che maggiormente hanno segnato la storia del cinema: Eisenstein, Kubrick, Godard, Scorsese, Fellini, Genovese ah no lui no, lui è stato processato durante le grandi purghe del 2030 e mandato a lavorare sulla luna 24 ore su 24, 7 giorni su 7; la cosa strana è che si ritiene felice.

Dziga operoso riprende, si avvicina ai suoi consimili, all’acciaio fuso, i suoi sensori gli permettono di percepire quel sapore celeste che inonda la fabbrica. Le lamine sono pronte, vengono poi imballate e stoccate dagli automi addetti a questa fatica che, però, per loro non è tale.

Piccolo incosciente Dziga 9000 si avvicina ad una grande gru all’esterno della fabbrica, la attraversa da parte a parte senza problemi: nel 2050 gli incidenti sul lavoro sono oramai un lontano ricordo, anche per gli automi.

Il nostro piccolo cineasta conclude il suo lavoro con un’intervista a G.I.N.O. ossia l’addetto alle comunicazioni automa-umano, il suo volto in siliconi misti è molto simile a quello di un essere umano e la sua faccia da anziano signore dai folti baffi bianchi è quanto mai rassicurante, così come le sue calde parole.

G.I.N.O. è anche un cantautore e dunque Dziga gli chiede di cantare qualcosa per lui da poter inserire come colonna sonora nel documentario, l’anziano cyborg, seppur un po’ riluttante all’inizio a causa dei suoi circuiti non proprio di primo pelo, decide di cantare una vecchia canzone della guerra contro la Confindustria. Un brano di resistenza ma anche di amore, poiché dedicato a Helen, colei che lo ha programmato e costruito…

Quando sei qui con me

Questo lab non ha più lamiere

Ma circuiti

Circuiti infiniti

Quando sei qui vicino a me

Questa Confindustria

No, non esiste più

Io vedo il cyberspazio sopra noi

Che restiamo qui

Abbandonati

Come se non ci fosse più

Niente, più niente nell’universo

Il sole si fa basso all’orizzonte del tavoliere, il piccolo Dziga si allontana e man mano scompare, è il 2050 e la sofferenza non esiste più

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