Il calcio ha molte cose in comune con l’arte visuale, ovvero una perenne contraddizione cartesiana fra Res Cogitans e Res Extensa ovvero fra ciò che penso e ciò che sento.
Io amo il calcio e, altresì, amo l’arte visuale (in particolare quella contemporanea, ci lavoro e, necessariamente, trovo più affine a me la sua forma estetica) trovo il football uno sport bellissimo, pieno di passione e di storie; è lo sport popolare per eccellenza, basta una palla, anche quelle di plastica e quattro pietre per delineare le porte per giocarlo, ci si può dipingere i piedi di nero e sognare di avere gli scarpini (come faceva Edson Arantes do Nascimiento, in arte Pelè).
Tanti calciatori sono nati poverissimi (Maradona e Pelè in testa) ed hanno vissuto il loro riscatto sociale attraverso il pallone, magari cominciano con una palla di stracci, Osimhen, Manè, Ibrahimovic, Ronaldinho, Neymar, Tevez, addirittura Patrice Evra ha raccontato di aver spacciato droga e chiesto l’elemosina in strada.
A volte si gonfiano di un ego ipertrofico diventando assolutamente insopportabili, altre restano delle persone stupende (anche se con le mille contraddizioni della vita possibili) come Diego, Manè o Koulibalì, gente con un’altra coscienza sociale rispetto alla media.
Resta il fatto che questo gioco è passione assoluta e bellezza estetica applicata allo sport.
Personalmente sono sempre stato una pippa (forse perché essendo miope badavo più a non prendere pallonate sugli occhiali che al gioco) mi è riuscito meglio giocare a tennistavolo e praticare arti marziali, praticamente sarei dovuto nascere cinese. E l’arte visuale? Nella sua essenza è meravigliosa, anche essa è pura passione, intelligenza, progetto culturale e tanto altro, non è sbagliato dire che essa abbia
una sola funzione: rendere migliori gli esseri umani.
Dal mio punto di vista aveva ragione Woody Guthrie: l’artista è fra l’incudine ed il martello; prende dal popolo, filtra attraverso la sua sensibilità di artista ed al popolo restituisce.
Quando vedi un quadro di Richter, un video di Bill Viola, una scultura di Anish Kapoor, resti affascinato e pervaso di pura goduria estetica; la maggior parte dei grandi artisti riescono a coniugare una straordinaria visione estetica con una forte componente concettuale ma, questo, vale sempre nella storia dell’arte, da Fidia a Caravaggio.
Ma, purtroppo, queste due bellissime componenti della vita hanno entrambe lo stesso rovescio della medaglia.
Il sistema, quello del calcio e quello dell’arte: in entrambi in casi l’avidità legata al denaro (il vero dio del mondo a guida neoliberista), la mercificazione dell’opera e tutto ciò che è connesso al cosiddetto “mercato”, riescono a sporcare in maniera orribile la bellezza estetica (intesa alla maniera di Dostoevskij, ovvero visuale, etica e morale); il calcio è prigioniero, allo stesso modo, degli avidi presidenti delle società calcistiche che, oltre alle operazioni di “mercato” e di marketing impongono alla gente comune dei prezzi dei biglietti talmente elevati che espellono la parte più emozionalmente coinvolta in questo gioco, il popolo.
Pochi sanno, inoltre, che questo sport è uno dei modi più comuni per riciclare denaro e creare fondi neri (questo avviene anche nell’arte visuale, perché credete che Jeff Koons costi 90 milioni di dollari?). De Laurentis non è né il primo né l’ultimo ad applicare queste metodologie ma io, essendo tifoso del Napoli, detesto lui più di chiunque altro.
Lo stesso avviene nell’arte, oltre al sopraccitato riciclaggio, opere che costano delle cifre mostruose, artisti gonfiati fino all’inverosimile alle aste (poi magari dopo tre anni li buttano nel cesso), collezionisti che viaggiano con le quotazioni d’asta in tasca (basta un telefonino) e che giudicano il valore di un’opera non in base alla sua intrinseca Bellezza ma attraverso le battute d’asta di Christie’s o Sotheby’s,etc.
Personalmente io ho sempre pensato che le grandi opere d’arte debbano stare nei musei e non a casa di qualche egoista riccastro. Lo stesso avviene nel calcio; calciatori gonfiati e che cambiano squadra in continuazione per arricchire gli agenti, squadre quotate in borsa e che barano pur di creare profitto, presidenti che se ne fottono della passione dei tifosi per modellare il rapporto con le squadre in base alla loro avidità.
Fondamentalmente la violenza che gira intorno a questo mondo è una delle tante traduzioni in forma del rapporto di forza brutale che esiste fra le classi dominanti ed il popolo.
Fa molto comodo per le classi dominanti indirizzare il conflitto sociale
sulla deriva calcistica e non nelle giuste rivendicazioni dei diritti sociali (come è avvenuto storicamente per lo spettacolo dei gladiatori nell’antica Roma).
Eppure, nonostante questo, nonostante la contraddizione iniziale io non riesco a non amare il calcio e l’arte, senza la Bellezza la vita è cosa povera del resto. Lasciateci, per una volta, dipingere il cielo azzurro.
*Potere al Popolo (Caserta)
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giorgino
La contraddizione tra res extensa e res cogitans, ovvero tra sensibilita ed intelletto quali termini ipostatizzati, in tempi più recenti viene superata con la nozione di forza, ovvero grazie alla relazione.
La forza si estrinseca e si ricomprime, essa e’ un ente intellettualistico che si manifesta estrinsecando qualità sensibili. Ma la forza può essere pensata solo come coppia di forze, in coppia con una opposta che la ricomprime, altrimenti essa si disperderebbe
Siamo alla categoria logica dello scambio assoluto, nel mondo naturale ad esempio il dipolo, materialisticamente essa
viene astratta dalla prassi, lo scambio tra produttori , tra lavori ormai astratti ed intercambiabili
Ormai non esistono più dati ma solo fatti, prodotti e se naturali concepiti, dall’ uomo interamente socializzato, e’ concettualizzabile la prospettiva del comunismo scientifico, e di un più alto ricongiungimento con la qualita’
Materialisticamente, l’ uomo interamente socializzato ha come corrispettivo logico una rete categoriale che non ha più nulla a se esteriore, nessuno degli arcana borghesi, nessuna contraddizione manca di poter essere logicamente dominata
Cosa ne e’ dell’ arte in una prospettiva del genere? Puo l’arte venire ancora concepita come figlia di contraddizioni assolute ed irresovibili, come quella tra res cogitans e res extensa, con tutto il portato dell’estetica rivolta alla conciliazione idealistica e trascendente ?
O, essendo arrivati alla possibilità di una conciliazione reale si deve parlare di ” morte dell’arte”, nel senso che l’ uomo contemporaneo chiede all’ arte di esprimere la razionalità , in grado di tutto concettualizzare, che e’ immanente ai nostri tempi ? Un arte che quindi deve interessare più che esprimere ‘il bello” secondo il canone romantico (a volte titanico) della conciliazione trascendente? Un arte che deve fare pensare, stimolare la mente concettualmente, dare il sentore di una prospettiva, come del resto fa più o meno tutta l’ arte contemporanea ( anche se non impegnata e non politicamente militante, ed in effetti financo quando post- moderna) ?
Ovviamente, si può individuare la tendenza storica, non sviluppare teorie prescrittive, e quanto dico non e’ ln contraddizione con le affermazioni di chi scrive questo bellissimo articolo, con la sua sensibilità di artista che parla dello iato tra ciò che pensa e ciò che sente ( la difficolta’ a tenere insieme possibilità immanenti e stato delle cose, ad intravvedere la piena socializzazione come prosperriva attuale, almeno mi sembra). Del resto, l’ autore parla dell’ arte, dicendo del bello unito ad una ” forte componente concettuale”
Ma allora, mi chiedo, perché riconoscere valore estetico ad un gioco la cui bellezza ed eleganza intrinseca e’ solo la milionesima quota parte dell’ armonia psichedelica dei corpi in movimento in un balletto moderno o anche classico.
Perché riconoscere contenuto concettuale o di prospettiva all’ esito ferino e fallico di fare entrare una palla in perimetro ristretto, tant’è e’ che la cosa provoca urla orgasmiche tanto maggiori quanto più sono ignoranti debosciati ed in sovrappeso gli spettatori , e’ statistica non pregiudizio, questa cosa può essere indifferente alla sensibilità anche concettuale di un artista ?
Quanto allo stereotipo del riscatto sociale dei calciatori, ma questo cosa avrebbe di diverso dall’ arricchimento di un qualunque lumpen che si fa strada in una attività paramafiosa quale è il calcio, dove il non detto e che dati gli interessi miliardari in gioco non sono eventi isolati gli scandali delle partite truccate che scoppiano periodicamente, bensì espressione di una prassi costante ? l riscatti dei poveri come raccontati dalla cultura pop sono ideologia alternativa alla lotta di classe, da propinare ai più irrequieti.
un panem et circenses , festa farina e forca moderno, il calcio non è traviato dalle dinamiche del profitto, i giochi sportivi di massa nascono già sotto questa stella, Henry Ford ne consigliava l’ implementazione come correlato dei consumi di massa dell’ epoca fordista, sempre a beneficio dei profitti del capitale e della stabilizzazione sociale di tale sistema
Suggerisco di liberarci di mitologie non esaminate in profondità, camera di compensazione per pulsioni di morte che altrimenti si indirizzerebbero proprio contro il sistema sociale capitalistico, sono queste ultime a spingere tanta gente verso una adesione irriflessa al sistema ferino e feticistico del calcio spettacolo, fine a se stesso come la valorizzazione del capitale. ( lo sport va praticato dalle masse, non esorcizzato con il tifo di massa)
Ma come si possono scorporare
scandali , hooligans e tifoseria animate da pulsioni di morte, pratiche paramafiose da una presunta innocenza originaria di questo sottosistema dello stato e del capitale ? Esso lega a se anche nei più civilizzati, esaltando quelle pulsioni di morte che restano a disposizione di futuri demagoghi che sarannovogliosi di stabilizzare il dominio del capitale quando esso sarà preda delle sue convulsioni finali
Quanto a me, quando le città sono deserte per le partite in corso, mi godo la calma bellezza della natura e delle vestigia storiche, o facendo poderosi esercizi ginnici nei parchi.
Consiglio di fare altrettanto