Maurizio Pollini è stato uno dei grandi protagonisti della musica a partire dagli anni sessanta del secolo scorso sino ai nostri giorni. Si rivelò al grande pubblico nel 1960, quando a soli diciotto anni vinse, a Varsavia, il prestigioso premio Fryderyk Chopin.
Fu quello l’inizio di una carriera prestigiosa, ma non sempre facile. Infatti, se negli ultimi anni di Pollini si leggevano soprattutto apologie musicali di maniera che ne esaltavano la perfezione stilistica, alcune delle sue coraggiose scelte esecutive non furono del tutto scevre da critiche negli anni giovanili, sia da parte della critica che del pubblico.
Il Pollini della maturità fu certamente un perfezionista dell’esecuzione al , in lui la ricerca dell’esecuzione di eccellenza non fu mai volta al semplice gesto virtuosistico, bensì all’interpretazione filologicamente corretta e aggiornata.
Musicista di grande cultura, profondo conoscitore della storia della musica, della vita e della sensibilità dei compositori che eseguiva, faceva tesoro di questi suoi saperi ogni volta che preparava un concerto.
Come quando, si racconta, di fronte all’accordo finale di un brano di Chopin provò a eseguirlo usando varie diteggiature, poiché, a suo dire, “suonava” diverso. Non era un inutile preziosismo, ma la ricerca di penetrare meglio nella sensibilità chopiniana.
Tra l’altro, pochi pianisti come lui hanno saputo eccellere in tutti i diversi repertori storici, da Bach alla musica contemporanea, passando attraverso Beethoven, Chopin e Schumann, autori, questi ultimi due, da lui prediletti.
Tuttavia, a pochi giorni dalla sua scomparsa, non vorrei aggiungermi a quanti in Pollini hanno ricordato solo il grande pianista e un dominatore per diversi decenni della scena internazionale.
Mi piace ricordare la sua sensibilità politica e sociale, la sua attenzione all’idea che la musica dovesse essere “per tutti”, quindi anche per le classi sociali subalterne che dal grande mondo concertistico sono costantemente e direi, quasi scientificamente, escluse.
In questo mi sento di accomunare Pollini a due altri giganti della nuova musica: Luigi Nono e Claudio Abbado, che con lui condivisero tanti progetti compositivi, ma anche di carattere sociale politico.
La partecipazione al progetto di una musica nuova, che scuotesse la società per giungere a un suo radicale cambiamento ha accomunato questi tre grandi, protagonisti in ruoli diversi, pianista, compositore e direttore d’orchestra.
L’avere attività diverse nel campo della musica ha anzi reso possibile, rafforzandola, la loro collaborazione poiché ciascuno poteva trovare negli altri due idee e visioni complementari alle proprie. Sono diverse le composizioni che Luigi Nono realizzò collaborando con Pollini e che Abbado in seguito diresse.
Certamente, nella vita musicale e politica di Maurizio Pollini emergono le prese di posizione più eclatanti, come quando dopo il bombardamento di Hanoi si presentò sul palco della Scala, in apertura di un suo concerto, leggendo un documento di condanna dell’aggressione statunitense e di solidarietà al Vietnam, firmato oltre che da lui da Abbado, Nono, Dalla Piccola, Petrassi e altri importanti musicisti. Oppure, in anni più recenti, le decise prese di posizione contro i governi Berlusconi.
Tuttavia, al di là di questi episodi da prima pagina, sono da ricordare i concerti di Pollini nelle fabbriche occupate oppure la sua partecipazione alle attività di diffusione della musica a livello popolare organizzate dallo storico Luigi Pestalozza a cui presero parte anche Nono e Abbado.
Con Pollini scompare dunque uno dei musicisti che nella seconda metà del Novecento sino a oggi hanno saputo arricchire la propria pratica professionale con una concezione politica che vedeva nella musica anche una via di riscatto e di emancipazione delle classi popolari.
Lo ricorderemo dunque non solo come grande pianista, ma come protagonista di quella generazioni musicale che non ha mai accettato di stare nell’Olimpo dei pochi divi eletti, incuranti della società che sta loro intorno, ma che in essa ha scelto invece d’impegnarsi anche attraverso il messaggio di una nuova musica.
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Manlio Padovan
Bellissimo articolo.
M’è venuta una riflessione:
1) il PCI matte in Costituzione il Concordato per renderci servi di CCAR
2) il manifesto non comunica. ai suoi lettori che il maestro Pollini era marxista
3) Contropiano comunica invece che il maestro Pollini era marxista…ma ogni tanto pubblica articoli lecchini col papa
4) viva la sinistra comunista?
Redazione Contropiano
il vero vizio della “sinistra comunista” sembra diventato quello di stare sul divano e parlar male di tutti…
Peppe
Padovan, ma tu oltre a scorreggiare commenti che fai?