Ci ha lasciati ieri, all’età di ottantadue anni, Maurizio Pollini. Uno dei più grandi musicisti e pianisti italiani.
Perfezionista dalla tecnica raffinatissima seppe rileggere i classici – Beethoven, Liszt, Chopin, Brahms – in chiave contemporanea con evidenti concessioni all’avanguardia, che soprattutto agli esordi incontrarono spesso il dissenso di critica e pubblico.
Famose e struggenti sono state le sue ultime interpretazioni dei Notturni di Chopin.
Accanto alla musica, Pollini non dimenticò mai l’impegno politico e civile che gli attirò le antipatie del mondo moderato e della borghesia dei salotti democristiani, nonché ovviamente della destra italiana più dura e reazionaria. Che lo prendeva di mira sulle pagine di fogli come Il Giornale e L’Occidentale.
Su quest’ultimo addirittura lo si accusava di aver derogato ad una delle conquiste del liberalismo moderno: la separazione tra arte e politica.
Praticamente quel principio neoliberista grazie al quale la cultura e l’arte presenti sono diventate un indecente veicolo di propaganda e mero coefficiente di mercato. Trionfo dell’estetizzazione linguistica e del disimpegno più ottuso, soprattutto in Italia.
Pollini invece, musicista e intellettuale complesso e sfaccettato, aveva adottato una visione “maoista“ dell’arte, mai svincolandola dall’impegno sociale e più strettamente politico.
Di cultura progressista e marxista – aspetto che ovviamente nessun quotidiano stamattina ricorda nella stesura dei coccodrilli, neanche i sedicenti compagni del Manifesto – Pollini si schierò apertamente contro la guerra in Vietnam.
In occasione di un recital alla Società del Quartetto di Milano, il 19 Dicembre 1972, il giovane ma già affermato pianista fu protagonista di una scandalosa censura.
Tentando di leggere un documento di protesta contro i bombardamenti americani su Hanoi, dovette immediatamente abbandonare la sala senza suonare a causa delle proteste della borghesia meneghina più conformista che ne contestò la scelta.
In occasione della sua cacciata dal Quartetto, molti musicisti illustri, tra i quali Claudio Abbado e Luigi Nono – dei quali fu amico stretto, condividendone anche gli ideali politici – Gianandrea Gavazzeni e Luciano Berio, presero posizione sul “caso Pollini”, in difesa dei diritti democratici e civili.
Al Teatro Comunale di Bologna, invece, il suo concerto contro gli orrori della guerra nel sud-est asiatico ottenne un grande successo, come ricordò l’Unità.
Negli anni mitigò leggermente le sue posizioni, considerando positivamente, ad esempio, la caduta del Muro di Berlino aggiungendo però che quell’esperienza di apertura di Gorbaciov lo aveva deluso, lasciando spazio a quella che considerava a tutti gli effetti la “dittatura” neoliberista di oggi.
Indimenticabili restano i suoi concerti presso scuole, università e fabbriche. Dove pretese di suonare per portare la musica e l’arte agli operai e al popolo. Una cosa che oggi solo a pensarla sembra fantascientifica.
Grazie di tutto Maurizio. Della tua musica e del tuo impegno. Con te se ne va un altro pezzo di quell’arte e di quella cultura che noi ci ostiniamo a considerare intimamente connessa con la realtà della vita.
Una realtà contraddittoria e distorta dove le classi più povere non sempre possono godere del privilegio di concedersi alla bellezza. Un privilegio che tu hai voluto concedergli.
La tua è stata l’avanguardia musicale e politica degli anni delle passioni e delle contestazioni rivoluzionarie. Ciao maestro. Ci mancherai!
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