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Yorkshire: opera prima di un cattedratico napoletano

«Morvì sto scrivendo dei raccontini. Ci sono questi personaggi che mi vengono a fare compagnia. Mi sto divertendo. Ti mando il primo. Te lo leggi e mi dici cosa ne pensi?».

Così una sera di primavera, poco più avanti o poco più indietro non ricordo, mi scrisse l’amico professore Andrea Genovese su WhatsApp.

Un approccio soft, accattivante. Quasi adescatorio. Incuriosito, lessi d’un fiato. E il racconto mi piacque.

Gli risposi dunque che lo trovavo interessante e ricco di spunti. Che vi avevo ritrovato gli echi di una letteratura minimalista che mi ricordava un po’ Raymond Carver.

Un Raymond Carver capace però di coniugare l’analisi capillare delle strutture interne al movimento delle merci e dei capitali, lo scambio ineguale, la catena del valore sul terreno della logistica, con l’intimità malinconica di una quotidianità complicata ma spesso campata con filosofia e ironia.

Insomma, la visione di un paesaggio sociale dai colori lividi in un’ Inghilterra abitata da proletariato marginale, sottoproletariato periferico, immigrazione e qualche accademico disagiato.

Senza disdegnare quell’umorismo tagliente che caratterizza la stessa intelligenza di Andrea.

Dissi ovviamente la verità. Aggiungendo che l’impasto linguistico era godibilie benché semplice e a tratti un po’ troppo essenziale e sommario.

Dissi la verità, com’è nel mio carattere, soprattutto quando vengo sollecitato su questioni culturali. Ma fu un errore madornale.

Cominciò a tempestarmi di racconti quasi quotidianamente. Racconti che rivedeva e limava ossessivamente, chiedendomi consigli.

Quei personaggi cominciarono ad invadere la mia stessa privacy ad ogni ora. Anche nei momenti meno opportuni. Ci siamo capiti!

Il guaio è che storie e protagonisti mi appassionavano e mi sollecitavano. E quindi lo spronavo, maledetto me.

L’amicizia, signore e signori, è una pessima alleata quando si ha un amico che all’improvviso si sente baciato in fronte dalle Muse e dall’Arte.

Un paio di giorni or sono dunque mi è arrivato a casa Yorkshire Napoletano. Il piccolo volume che contiene tutti i racconti di Andrea. Edito dalla crotonese Panta Rei.

Ovviamente, il chiarissimo non detto è: mi fai l’intervista e scrivi la recensione. Aggio faticà pure pe’ iss mò. A gratiss

Nel frattempo, l’esimio cattedratico diventato scrittore si sta già atteggiando a star letteraria.

Glissa su commenti, cita, risponde con sufficienza, blandisce chi lo adula, fa il ritroso. Addirittura lamenta condizioni economiche disperate, vuttanneso a prolèt (facendo il proletario ndr) come diciamo noi a Napoli.

Ben sapendo, da gran paraculo, che l’ artista squattrinato fa più figo. Acchiappa. Un cliché allucinante.

Fra poco dunque temo lo troveremo alcolizzato, donnaiolo e con qualche pippata corroborante della creatività.

Genovese, lo scrittore maledetto del social-marxismo del XXI secolo. Dalla Venella di Secondigliano allo Yorkshire britannico.

Da Carver a Peppe Lanzetta. Dall’esistenzialismo proletario e marginale all’etnografia inchiestistica.

Dalla ricerca alla narrazione. Dalla cattedra universitaria alle cupe trame di un’esistenza posdatata.

Accattateve ‘o libro. Credetemi, nonostante il prof ne vale la pena!

P.s. Nella foto Marcella Vitiello.

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