Per via della peculiare concezione nazionalistica del sionismo, lo Stato di Israele, a sessant’anni dalla sua fondazione (*), rifiuta di considerarsi come una repubblica per i suoi cittadini. Come tutti sanno in questo quarto di questi ultimi non è considerato ebreo e, nello spirito delle leggi statali, lo Stato non è dunque il loro, né appartiene a loro.
Fin dall’inizio, inoltre, questo stato ha sempre rifiutato l’assimilazione degli abitanti autoctoni nella nuova entità che stava creando, escludendoli deliberatamente.
Allo stesso modo Israele si è rifiutato di diventare una democrazia consociativa (sul modello della Svizzera o del Belgio) o multiculturale (come la Gran Bretagna o l’Olanda), cosa che avrebbe significato essere uno Stato che accetta le diversità in esso presenti e al contempo si pone al servizio dei suoi abitanti.
Israele si ostina invece a definirsi una Stato ebraico che appartiene a tutti gli ebrei del mondo, sebbene questi non siano esuli perseguitati ma cittadini con pieni diritti nei paesi in cui hanno volontariamente scelto di continuare a vivere.
Il pretesto per questa grave violazione del principio fondamentale delle moderne democrazie, unito alla preservazione di un’etnocrazia senza confini che discrimina pesantemente una parte dei suoi cittadini, si basa sul mito sempre vivo di una nazione eterna destinata a riunirsi un giorno nel ‘paese natio’
Non è semplice scrivere una nuova storia degli ebrei attraverso il prisma del sionismo quando la luce che lo attraversa si scompone in colori fortemente etnocentrici.
[…] la presente opera, nella quale di avanza l’ipotesi che gli ebrei abbiano sempre costituito importanti comunità religiose stabilendosi in luoghi diversi e non un’etnia con un’unica origine che si spostata in un costante esilio, non tratta direttamente di questioni storiche. (“L’invenzione del popolo ebraico”, Mimesis 2024).
* “L’invenzione del popolo ebraico” è apparso in stampa nel 2008 – Segnalato da Beh, Buona Giornata
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Manlio Padovan
Finalmente lo vedo citato!
Sergio Binazzi
chissà se i sionisti hanno deciso che tutto il mondo debba diventare ebreo? sembra una battuta la mia, ma sto notando che questa gente stiano facendo i loro comodi un po ovunque nel nostro uccidente, è infatti vietato parlare male di Israele e chi solo lo pensa viene tacciato e represso. che schifo di gente sta cosiddetta razza eletta, ricorda proprio Hitler a tutti gli effetti.
Redazione Contropiano
I sionisti sognano l’egemonia sul mondo, non che “tutto il mondo debba diventare ebreo”… la loro non è una religione monoteista universalista, come il cristianesimo o l’islam… e comunque per loro la religione è una scusa…
Sergio Binazzi
e allora di che si lamentano per il tanto decantato antisemitismo?
Manlio Padovan
Tutte le religioni sono scuse. Tutte le religioni sono pretesti politici.
Il cristianesimo, che è stato definito l’ebraismo per le masse, è stata la scusa per assumere su du sé il patriarcato, trasmesso all’Islam tramite Tertulliano: fu lui che obbligò le donne arabe a coprisrsi il viso, il’Islam verrà 300 anni dopo.
E il patriarcato nesce molto molto prima delle religioni cosiddette rivelate: e questa è prova sostanziale della loro volontà.
Il cristianesimo fu un pretesto politico.
L’assunzione del patriarcato sparse nella società la mentalità di prepotenza che si riflette nei rapporti sociali.
Una prepotenza che è già in embrione nella Grecia classica, cfr il dialogo tra Meli ed Ateniesi in Tucidide, e poi nell’ebraismo perché il buon ebreo quando recita la sua preghiera ringrazia il suo dio di non averlo creato femmina (cfr Kadosh il film di Amos Gitai).
Le religioni rivelate sono delle gran balle ben orchestrate.