Sono ancora in corso scontri tra le truppe di Gheddafi e i ribelli attorno alla città di Brega, importante sito petrolifero. Cannoneggiamenti anche a Misurata. Lo riferisce l’inviato della Bbc a Bengasi. I ribelli si trovano in seria difficoltà nel combattere un esercito meglio organizzato. Ma qualche problema comincia ad emergere anche nella copertura aerea della Nato. Ufficialmente “per cause meteorologiche” negli ultimi giorni sono diminuiti i raid aerei francesi, britannici e statunitensi. La Nato infatti è da ieri al comando delle operazioni militari in Libia, ma il suo primo annuncio è stato quello di un’indagine sulle 40 vittime civili che i raid aerei della coalizione, secondo la denuncia del vescovo Martinelli, avrebbero fatto a Tripoli. La Nato, che ieri ha completato le operazioni di trasferimento del comando dalla “coalizione dei volenterosì” all’Alleanza, ha annunciato un’inchiesta.
L’ammiraglio italiano Giampaolo Di Paola, presidente del Comitato militare della Nato, ha ribadito che la missione Unified Protector ha l’obiettivo di difendere la popolazione civile dall’aria, non prevede l’impiego forze speciali di terra e neanche il rifornimento di armi ai ribelli. Su quest’ultimo punto era stato perentorio il segretario generale Anders Fogh Rasmussen. Una affermazione ribadita anche dal capo del Pentagono, Robert Gates, il quale di fronte al Congresso Usa ha sottolineato che nessun soldato statunitense toccherà il suolo» libico, almeno ufficialmente. In realtà l’amministrazione Obama sta attuando attrarverso “operazioni coperte” che prevede l’uso di agenti Cia magari non di nazionalità statunitense o facilmente riconoscibili come occidentali.
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da “il manifesto” del 1 aprile 2011
O.k. da Obama alla guerra segreta di «truppe ombra»
Manlio Dinucci
«Mentre il presidente Obama ha ribadito che nessuna forza terrestre americana partecipa alla campagna di Libia, gruppi di agenti della Cia operano in Libia da diverse settimane»: lo rivela ieri il New York Times. Gli agenti, il cui numero è sconosciuto, sono quelli che «avevano già lavorato alla centrale dell’agenzia spionistica a Tripoli» e altri arrivati più di recente. Gheddafi aveva permesso alla Cia e ad altre agenzie Usa, nel 2003, di operare in Libia per controllare che avesse rinunciato al suo programma nucleare militare e per trasferire fuori dal paese attrezzature e progetti per la bomba. Queste stesse agenzie hanno successivamente «riallacciato i loro legami con gli informatori libici», quando «diverse settimane fa, il presidente Obama ha segretamente autorizzato la Cia a fornire armi e altre forme di sostegno ai ribelli libici».
I gruppi della Cia – che operano in Libia nel quadro di una «forza ombra» di cui fanno parte agenti britannici e altri, vere e proprie «truppe di terra ombra», in contraddizione con la Risoluzione 1973 – hanno due compiti. Anzitutto «contattare i ribelli per comprendere chi sono i loro leader e gruppi di appartenenza». L’ammiraglio James Stavridis, che comanda le forze Usa e Nato in Europa, ha detto, in una audizione al Senato, che vi sono indizi di una presenza di Al-Qaeda tra le forze anti-Gheddafi. Occorre quindi fornire armi e addestramento ai gruppi affidabili, ossia utili agli interessi degli Stati uniti e dei principali alleati (Francia e Gran Bretagna), escludendo chi non offre sufficienti garanzie. La Francia si è già detta disponibile a fornire armi e per l’addestramento sono già in Libia forze speciali britanniche.
Allo stesso tempo, gli agenti statunitensi e alleati hanno il compito di fornire ai piloti dei cacciabombardieri le coordinate degli obiettivi da colpire, soprattutto nelle aree urbane, che vengono segnalati con speciali puntatori laser portatili. I dati trasmessi dagli agenti vengono integrati con quelli raccolti da aerei spia di diversi tipi (Global Hawk, U-2, Jstars, Rc-135) che da diverse settimane, prima degli attacchi aerei e navali, hanno sorvolato in continuazione la Libia per individuare gli obiettivi. Particolarmente importante è il ruolo dei Global Hawk, gli aerei telecomandati che decollano da Sigonella, le cui informazioni vengono trasmesse al centro di comando. Questo invia le coordinate a un aereo Awacs, decollato da Trapani, che le trasmette ai piloti dei cacciabombardieri. Sono pronti a partire anche i Predator, i droni usati in Afghanistan e Pakistan, armati di missili.
L’inchiesta del New York Times dimostra quindi che i preparativi di guerra erano iniziati ben prima dell’esplosione del conflitto interno e dell’attacco Usa/Nato, e che le operazioni belliche non sono solo quelle che appaiono ai nostri occhi. Se anche l’Italia faccia parte della «forza ombra» che opera in Libia, non si sa. Però il presidente Obama, nell’esprimere al presidente Napolitano e al primo ministro Berlusconi il suo profondo apprezzamento per il «risoluto appoggio alle operazioni della coalizione in Libia», riconosce la «competenza» dell’Italia nella regione. Una indubbia competenza, acquistata da quando un secolo fa, nel 1911, le truppe italiane sbarcarono a Tripoli.
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