da “il manifesto” del 10 maggio 2011
THE GUARDIAN/LIBIA Il quotidiano britannico rilancia la denuncia del «manifesto» del 15 aprile scorso. Furono 65 le vittime
«La Nato non soccorse i migranti»
Don Moses Zerai: è un crimine, per 16 giorni 72 persone abbandonate in mare. Ora un’inchiesta
Il barcone era partito da Tripoli ed era diretto a Lampedusa il 25 marzo scorso quando si verificò un naufragio in cui morirono 65 persone e per il quale era stato denunciato il mancato soccorso della Nato. Per il Guardian tra i 72 migranti a bordo c’erano 47 etiopi, sette nigeriani, sette eritrei, sei ghanesi e cinque sudanesi. Tra loro 20 donne e due bambini piccoli, uno di un anno. Il capitano era ghanese. Dalle testimonianze dei sopravvissuti e di altri in contatto con con i passeggeri durante la traversata, il Guardian ha ricostruito l’avvenimento, mortale «combinazione di sfortuna, burocrazia e apparente indifferenza da parte delle forze militari europee che avrebbero potuto tentare un soccorso». Il giornale sottolinea che i migranti utilizzarono il telefono satellitare di bordo per contattare don Moses Zerai a Roma (sacerdote eritreo presidente dell’agenzia Habeshia che si occupa di rifugiati e richiedenti asilo) che a sua volta contattò la Guardia costiera italiana. Questa garantì a Zerai che l’allarme era stato lanciato e che tutte le autorità erano allertate. Sempre per il Guardian, un elicottero militare sorvolò il barcone e uomini in tenuta militare consegnarono ai migranti bottigliette d’acqua e biscotti, affermando che da lì a breve sarebbero giunti soccorsi. Mai arrivati.
Il giornale britannico sottolinea quindi che nessun paese ha poi ammesso di aver inviato quell’elicottero e che un portavoce della Guardia costiera ha affermato che Malta era stata avvisata in merito». Ma Malta ha smentito la segnalazione della Guardia costiera italiana. Il barcone fu così lasciato al suo destino: due giorni dopo aveva perso la rotta, esaurito il carburante e in balia delle correnti. Fino a quando, tra il 29 e il 30 marzo, vi passò molto vicino un mezzo della Nato, una portaerei che, secondo il Guardian, era la francese «Charles De Gaulle». «Sarebbe grave se fosse accaduto, mi auguro che la Nato smentisca», ha dichiarato da Parigi il ministro degli interni italiano Roberto Maroni. Non informato ancora a quanto pare del fatto che l’Allenza atlantica aveva già dato la sua versione chiamando in causa proprio la Marina italiana.
Dal quartier generale di Bruxelles, la Nato per bocca della portavoce Carmen Romero, infatti ha ieri ufficialmente respinto come «sbagliata» la ricostruzione del Guardian, precisando che in quei giorni c’era una sola portaerei sotto il comando Nato, ed era la nave italiana Garibaldi, e non la francese «Charles de Gaulle che, nel periodo in questione, operava a circa 100 miglia nautiche al largo delle coste», e aggiungendo che le navi della Nato «sono pienamente consapevoli delle loro responsabilità per il diritto marittimo internazionale». Per questo ricorda che nella notte tra il 26 ed il 27 marzo, le unità Nato hanno operato due soccorsi: la prima, a circa 50 miglia nautiche da nordest di Tripoli, ha portato al salvataggio di circa 300 persone; la seconda nella stessa area, ha coinvolto un’imbarcazione con 210 persone a bordo. Tutti sono stati «salvati e trasferiti in Italia con l’assistenza delle autorità italiane». E Carmen Romero ha concluso: «Le unità della Nato non hanno visto e sentito tracce di altre imbarcazioni nell’area» in difficoltà».
Una versione alla quale ha reagito duramente padre Moses Zerai, il primo a denunciare la scomparsa dei migranti. «Per 16 giorni 72 persone sono state abbandonate in mare. Oltre 60 sono morte. È una storia crudele – ha commentato don Zerai -. Quella gente ha chiesto aiuto, io stesso ho chiesto più volte che li si aiutasse, nessuno ha fatto niente per giorni e ora non può passare la logica dello scarica barile. Quanto accaduto è un crimine. Si chiama omissione di soccorso. Non può rimanere impunito solo perché le vittime sono migranti africani». «Si apra un’inchiesta – ha ammonito don Zerai -, qualcuno dovrà chiarire, le risposte della Nato non bastano. Vogliamo sapere di chi era l’elicottero, se quella è una no-fly zone e a chi apparteneva la portaerei che si trovava in quel tratto di mare nonostante il blocco navale? Sono risposte che mancano»
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