“Domani (oggi per chi legge) sarà una giornata di sciopero generale in Siria”, aveva annunciato ieri un comunicato pubblicato sulla pagina di Facebook di “Syrian Revolution 2011”. “Facciamo di questo mercoledì un venerdì, con proteste massicce, niente scuola, niente università, niente negozi o ristoranti aperti e niente taxi”. Il ministero dell’Interno siriano ha intanto smentito l’esistenza di una fossa comune nella località di Daraa. La notizia che ora appare destituita di fondamento era stata riportata nella giornata del 16 maggio da svariate agenzie di stampa ed era stata diffusa dall’Organizzazione nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), che citava testimoni oculari della città sotto assedio.
Si intensificano nel frattempo le ingerenze della potenze occidentali sulla Siria. Il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, parlando ieri in conferenza stampa al termine di un incontro con la responsabile della diplomazia dell’Unione Europea, Catherine Ashton, ha annunciato che “nei prossimi giorni” saranno adottate “misure supplemetari” in risposta alla repressione violenta portata avanti dal regime di Assad. Il ministro degli Esteri francese, Alain Juppé, ha da parte sua dichiarato di fronte all’Assemblea Nazionale che al Consiglio di Sicurezza si sta delineando una maggioranza di paesi pronti a condannare la Siria per le violenze, precisando che esiste ancora una minaccia di veto da parte di Mosca o Pechino.
Sulla situazione economica della Siria e le conseguenze delle scelte del governo sulla società, pubblichiamo una scheda di Focusmo.it del 17 maggio
Il Presidente della Repubblica siriana, durante un recente incontro con gli uomini d’affari locali, ha indicato che il Governo siriano intende finanziare le proprie spese aumentando il deficit e rivedendo gli accordi di libero scambio firmati con i Paesi partner. E’ intenzione del Governo, quindi, di proteggere l’industria locale, rivedendo anche gli accordi commerciali in essere che hanno permesso pratiche di dumping da parte di altri Paesi. Il deficit di bilancio non avra’ particolari ripercussioni sull’economia della Siria, sempre secondo quanto comunicato in tale incontro, poiche’ il Paese ha uno dei deficit minori a livello mondiale, e non detiene un significativo debito estero.
Le politiche di liberalizzazione della Siria hanno visto la nascita di due principali accordi di libero scambio nell’ultimo decennio: uno che coinvolge tutti i Paesi della Lega Araba, con il Great Arab Free Trade Area (GAFTA), che e’ entrato in vigore nel 2005, e l’altro con la Turchia del 2007. Entrambi gli accordi hanno previsto l’eliminazione o riduzione di quasi tutte le tariffe doganali, sebbene nel caso della Turchia, i dazi continuano ad essere applicati all’import da tale Paese, prevedendo pero’ una loro graduale riduzione fino all’eliminazione completa nel 2019 (l’import dalla Turchia, secondo dati siriani del 2009, ultimi dati disponibili, e’ aumentato del 134,5%, divenendo il terzo fornitore della Siria). Un accordo di Associazione con l’Unione europea, che prevede anche una zona di libero scambio bilaterale, e’ stato negoziato ma non ancora firmato ufficialmente. Le dichiarazioni del Presidente siriano sono le prime chiare indicazioni di politica economica dall’inizio delle proteste popolari di meta’ marzo 2011. La Siria ha condotto nell’ultimo decennio una politica di limitate liberalizzazioni economiche quali: l’apertura crescente di interessanti settori di attivita’, prima monopolizzati dallo Stato, agli investimenti privati; modifiche a molte leggi regolanti l’attivita’ economica con lo scopo di offrire un ambiente piu’ aperto ed amichevole al mondo degli affari; la liberalizzazione del commercio estero; la riduzione dei sussidi statali alle famiglie, agli agricoltori ed alle attivita’ economiche; una riduzione di imposte e “costi” su individui e societa’. Queste misure hanno permesso di attrarre investimenti e stimolare la crescita economica del Paese con + 5,0% del PIL negli ultimi 5 anni. L’importanza pero’ che il Governo ha dato allo sviluppo dei servizi ed al commercio, negli ultimi anni, ha creato contraccolpi negativi al settore agricolo. La mancanza e la riduzione dell’acqua per irrigazione, la fine dei sussidi sulla produzione agricola, i ridotti investimenti statali e l’endemica corruzione, tutte combinate, hanno contratto drammaticamente l’output della produzione e lo stato di relativo benessere degli agricoltori, riducendo quindi il loro reddito e forzando la riallocazione di centinaia di migliaia di loro nelle periferie delle principali citta’ della Siria.
Si ricorda che l’interscambio Italia-Siria e’ ammontato a 2,3 miliardi di euro nel 2010 (dati Istat), con 1,167 miliardi di euro di export italiano (+63,5%) e 1,133 miliardi di euro di import (+169,1%). Il saldo e’ stato attivo per l’Italia per 34,0 milioni di euro.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa