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Gaza. Riaperto il valico di Rafah

  GERUSALEMME

Soltanto nella prima ora sono passati 300 palestinesi che, poco dopo, sono diventati 450. I più mattinieri sono saliti a bordo del primo autobus diretto al terminal egiziano di Rafah, seguiti a ruota da due ambulanze con persone gravemente ammalate. Poi è cominciato il flusso normale, meno urgente. Si conoscerà soltanto nei prossimi giorni il numero preciso dei palestinesi che ieri hanno attraversato il valico di Rafah, tra Gaza e l’Egitto. Ma secondo fonti locali almeno mille persone ieri hanno lasciato la Striscia e si sono messe in viaggio per il Cairo.
L’unica porta di Gaza sul mondo ha riaperto su base permanente, dalle 8 alle 17, sei giorni su sette, grazie alle nuove disposizioni varate dalle autorità del Cairo che, come avevano promesso nelle scorse settimane, hanno revocato le restrizioni attuate a partire dal giugno 2006 (in seguito alla cattura del soldato israeliano Ghilad Shalit da parte di un commando palestinese) e rese ancora più rigide dopo la presa del potere di Hamas a Gaza quattro anni fa.
Non ci saranno più aperture a singhiozzo del valico di Rafah, come quelle che autorizzava, solo per motivi umanitari, l’ex raìs egiziano Hosni Mubarak costretto a dimettersi dalla rivoluzione del 25 gennaio. Quindi non sorprende l’entusiasmo di palestinesi ed egiziani che ieri, su entrambi i lati della frontiera, hanno applaudito con calore quando il primo autobus, al termine dei controlli di frontiera, è finalmente entrato nel Sinai e si è diretto verso il Cairo.
Le nuove disposizioni lasciano libero accesso a donne, anziani e minorenni che potranno passare senza richiedere il visto egiziano. I palestinesi maggiorenni invece dovranno prima ottenere un permesso delle autorità del Cairo. Per Rafah non transiteranno le merci e, di conseguenza, non è terminato il blocco della Striscia di Gaza attuato da Israele e al quale aveva partecipato attivamente l’Egitto di Mubarak.
Invita a contenere l’entusiasmo Sari Bashi direttore esecutivo di Gisha, il Centro per la difesa della libertà di movimento, convinto che le nuove disposizioni egiziane, pur alleggerendo la pressione sulla popolazione di Gaza, non metteranno fine all’assedio, sino a quando le merci potranno entrare ed uscire solo attraverso i valichi tra la Striscia e Israele.
Senza dimenticare che la Marina militare dello Stato ebraico attua un rigido blocco navale davanti alle coste di Gaza. «Non dimentichiamo che Gaza e Cisgiordania sono un unico territorio e devono potersi scambiare prodotti e i flussi di persone», avverte Bashi, ricordando inoltre che il registro della popolazione della Striscia rimane nelle mani di Israele e che molte migliaia di abitanti non hanno documenti. L’Autorità nazionale palestinese per emettere le carte di identità è ancora tenuta a chiedere l’autorizzazione a Israele mentre permessi e documenti del governo di Hamas non sono riconosciuti internazionalmente.
La novità vera della riapertura permanente del valico di Rafah sta nella forte decisione in politica estera presa dal nuovo governo egiziano. Il Cairo ha scelto di non tenere conto dell’accordo Stati uniti-Autorità nazionale palestinese (Anp)-Unione europea firmato nell’autunno del 2005 (dopo il ritiro di soldati e coloni israeliani da Rafah) che prevede che Rafah operi sotto il costante monitoraggio di osservatori europei (Eubam) incaricati, di fatto, di segnalare a Israele l’eventuale passaggio di palestinesi e stranieri «sospetti».
Il Cairo evidentemente ritiene ormai superato il ruolo dell’Eubam che, peraltro, da quattro anni attende di conoscere il suo futuro, tenendo congelati i suoi «monitors» nella base di Ashqelon. Israele protesta e prevede l’ingresso a Gaza di «terroristi» e armi mentre tutti sanno che, in ogni caso, i traffici illegali tra la Striscia e l’Egitto continueranno esattamente come prima, attraverso i tunnel. Da parte loro gli Stati uniti si dicono «certi» che l’Egitto sorveglierà «adeguatamente» il valico di Rafah.
Il portavoce del dipartimento di Stato, Mark Toner, ha detto che gli egiziani «sono ben consapevoli» della «necessità» di sorvegliare contro il contrabbando di armi. E il Cairo ha risposto che i controlli di sicurezza al valico di Rafan non continueranno come prima.
da “il manifesto” del 29 maggio 2011

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