GERUSALEMME
Rimane alta nel Mediterraneo orientale la tensione per le prospezioni di idrocarburi nei pressi di Cipro che stanno aumentando la distanza già ampia tra Turchia e Israele, alleate di ferro appena qualche anno fa. Secondo il quotidiano greco-cipriota Filelefteros caccia militari israeliani tra giovedì e ieri hanno intensificato i pattugliamenti sui quadranti interessati alle ricerche e avrebbero monitorato tutti i movimenti di navi e aerei militari turchi nei pressi della piattaforma cipriota. Stavolta non è giunta alcuna smentita da parte israeliana, come invece era avvenuto il mese quando i media ciprioti aveva riferito una notizia simile. A conferma che i rapporti tra Ankara e Tel Aviv hanno toccato il punto più basso – dopo blitz israeliano dell’anno scorso sulla nave civile turca Mavi Marmara diretta a Gaza (nove morti) – ieri la radio statale israeliana ha riferito che il direttore generale dell’ufficio del turismo turco in Israele è rientrato in patria. Il premier Erdogan a settembre ha declassato le sue relazioni con lo Stato ebraico e per chiudere la crisi vuole le scuse ufficiali di Israele per il raid contro la Mavi Marmara oltre a risarcimenti per le famiglie delle vittime. Scuse che il primo ministro israeliano Netanyahu esclude categoricamente.
La Turchia si oppone alle ricerche avviate nelle settimane passate dalla Repubblica di Cipro in collaborazione con Israele. Secondo le stime fondate sulle prospezioni effettuate vi sarebbero circa 450 trilioni di metri cubi di gas naturale in quel tratto di mare. Ankara sostiene che gli eventuali introiti derivanti dall’estrazione di idrocarburi appartengono anche ai turco-ciproti e che le ricerche stesse danneggiano i negoziati in corso tra le due comunità, sotto l’egida dell’Onu, per riunificare l’isola la cui parte Nord si è proclamata Repubblica turca di Cipro del Nord (Rtcn, riconosciuta solo da Ankara ma non dalla comunità internazionale). Ad aggiungere benzina sul fuoco c’è anche della tensione per la presidenza cipriota dell’Ue nel giugno 2012 con Erdogan che minaccia di sospendere le relazioni con l’Unione Europea. Ankara non ha alcuna intenzione di lasciare campo aperto a Cipro e Israele nel Mediterraneo orientale. Nei giorni scorsi la nave per ricerche geofisiche turca Piri Reis ha ricominciato la sua attività di perlustrazione assieme ad un’altra imbarcazione, la Bergen Surveyor, in seguito all’accordo raggiunto dalla Turchia con il leader turco-cipriota Dervis Eroglu per effettuare ricerche congiunte di idrocarburi. Il ministro turco dell’energia Taner Yildiz ha spiegato che le attività in corso rappresentano una risposta alle prospezioni avviate dai greco-ciprioti in un vasto tratto di mare compreso tra la costa Sud dell’isola e quella di Israele.
La dispusta presenta rischi elevati perché non sono coinvolti soltanto i civili ma anche i militari. Con gli israeliani che schierano la loro aviazione a protezione dei greco-ciprioti e la Turchia che si affida alla sua Marina da guerra per far valere i diritti dei turco-ciprioti. Qualche giorno fa Ankara ha aggiunto tre sottomarini e tre fregate alla propria flotta militare già dispiegata nel Mediterraneo. Il giornale turco Aksam ha scritto che scopo delle navi militari è di «agire da intralcio se dovessero cominciare attività di perforazione nelle aree che Cipro ha dichiarato come propria Zona Economica Esclusiva (Zee)», ma che, secondo Ankara, «appartengono alla Turchia o alla Repubblica turca di Cipro Nord». Ad accrescere l’irritazione di Erdogan c’è anche la posizione di Stati Uniti, Russia e Ue a favore delle ricerche avviate da Cipro con la cooperazione di Israele.
La Turchia si oppone alle ricerche avviate nelle settimane passate dalla Repubblica di Cipro in collaborazione con Israele. Secondo le stime fondate sulle prospezioni effettuate vi sarebbero circa 450 trilioni di metri cubi di gas naturale in quel tratto di mare. Ankara sostiene che gli eventuali introiti derivanti dall’estrazione di idrocarburi appartengono anche ai turco-ciproti e che le ricerche stesse danneggiano i negoziati in corso tra le due comunità, sotto l’egida dell’Onu, per riunificare l’isola la cui parte Nord si è proclamata Repubblica turca di Cipro del Nord (Rtcn, riconosciuta solo da Ankara ma non dalla comunità internazionale). Ad aggiungere benzina sul fuoco c’è anche della tensione per la presidenza cipriota dell’Ue nel giugno 2012 con Erdogan che minaccia di sospendere le relazioni con l’Unione Europea. Ankara non ha alcuna intenzione di lasciare campo aperto a Cipro e Israele nel Mediterraneo orientale. Nei giorni scorsi la nave per ricerche geofisiche turca Piri Reis ha ricominciato la sua attività di perlustrazione assieme ad un’altra imbarcazione, la Bergen Surveyor, in seguito all’accordo raggiunto dalla Turchia con il leader turco-cipriota Dervis Eroglu per effettuare ricerche congiunte di idrocarburi. Il ministro turco dell’energia Taner Yildiz ha spiegato che le attività in corso rappresentano una risposta alle prospezioni avviate dai greco-ciprioti in un vasto tratto di mare compreso tra la costa Sud dell’isola e quella di Israele.
La dispusta presenta rischi elevati perché non sono coinvolti soltanto i civili ma anche i militari. Con gli israeliani che schierano la loro aviazione a protezione dei greco-ciprioti e la Turchia che si affida alla sua Marina da guerra per far valere i diritti dei turco-ciprioti. Qualche giorno fa Ankara ha aggiunto tre sottomarini e tre fregate alla propria flotta militare già dispiegata nel Mediterraneo. Il giornale turco Aksam ha scritto che scopo delle navi militari è di «agire da intralcio se dovessero cominciare attività di perforazione nelle aree che Cipro ha dichiarato come propria Zona Economica Esclusiva (Zee)», ma che, secondo Ankara, «appartengono alla Turchia o alla Repubblica turca di Cipro Nord». Ad accrescere l’irritazione di Erdogan c’è anche la posizione di Stati Uniti, Russia e Ue a favore delle ricerche avviate da Cipro con la cooperazione di Israele.
da “il maifesto” dell8 ottobre 2011 e Nena News
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