Nella città simbolo di Sidi Bouzid, dove quasiun anno fa partì la rivolta contro il regime di Ben Alì, il governo ha imposto il coprifuoco notturno dopo gli scontri di ieri. I manifestanti, soprattutto giovani, che la scorsa notte e anche stamattina stanno protestando a Sidi Bouzid hanno annunciato che porteranno forse già nelle prossime ore le loro ragioni a Tunisi, alla Kasbah, il quartiere dei Palazzi del Governo. Ad alcune radio locali, hanno detto che non si limiteranno a protestare solo a Sidi Bouzid ma che vogliono investire del caso della cancellazione delle liste di Petition Popoulaire il Governo, anche se la decisione è stata presa dall’Alta istanza per le elezioni.
La commissione elettorale tunisina ha confermato la vittoria del partito islamico moderato Ennahda nelle prime elezioni libere scaturite dalla cosiddetta Primavera araba. Con un successo superiore alle aspettative, la formazione guidata da Rachid Gannouchi incassa più del 40 percento dei voti, e conquista 90 dei 217 seggi dell’assemblea che dovrà dare vita alla nuova costituzione e formare il nuovo governo.
Ma scontri si sono verificati ieri sera dopo la decisione dell’Alta istanza per le elezioni di cancellare le liste proposte da Petition Populaire in sei circoscrizioni, per la presenza di candidati un tempo inquadrati nel partito dell’ex presidente Ben Ali.
Alla notizia della decisione, seguita dall’annuncio che Petition Populaire è stata ritirata dall’Assemblea Costituente, a Sidi Bouzid – la città da dove partì la rivolta che fece cadere il regime di Ben Ali – si è scatenata la furia di migliaia di persone, in maggioranza giovani, che sono scese in strada assediando, con slogan e insulti, la locale sede del partito di Rached Gannouchi, per poi dargli l’assalto dandola alle fiamme.
Di lì a poco la rabbia dei manifestanti ha avuto un altro bersaglio, il Municipio, assaltato e saccheggiato come nei giorni della «rivoluzione», quando queste azioni erano pratica quasi quotidiana in tutto il Paese. Nemmeno il governatorato è uscito indenne dalla furia dei manifestanti che hanno incendiato decine di pneumatici accatastati davanti all’ingresso principale del palazzo.
La polizia è intervenuta, con un fitto lancio di candelotti lacrimogeni che non hanno spento il furore dei ragazzi, che hanno preso possesso virtuale della città, presidiando le strade principali e gli incroci.
Non è certo casuale che la protesta sia esplosa a Sidi Bouzid. Hachmi Hamdi, il miliardario leader di Petition Populaire, è nato proprio in questa città, dove, peraltro, Ennahdha ha conosciuto una sconfitta durissima – l’unica in tutte le 27 circoscrizioni – ai limiti della disfatta. Petition Populaire ha infatti ottenuto 48 mila voti e tre seggi, lasciando Ennahdha sotto i 20 mila voti e con solo due seggi. Uno smacco per il partito confessionale che ieri, quando i dati erano cominciati ad arrivare dai seggi, aveva affidato al suo segretario, numero due e prossimo premier, Hammadi Djelabi un commento tagliente: chi ha votato per Hamdi è solo un ignorante.
Parole arrivate come benzina sulla rabbia dei giovani di Sidi Bouzid che in Hamdi vedono uno di loro che si è realizzato partendo dal nulla, e ricordano con affetto Mohammed Bouazizi, il giovane commerciante ambulante che si diede fuoco in un mercatino della città quando delle guardie municipali gli sequestrarono la sua povera merce. Non per nulla Hamdi, nei suoi violenti quanto torrenziali editoriali televisivi, da Londra, ha definito la sua città d’origine come la «fiamma della rivoluzione».
Il timore è che la protesta ora si propaghi anche in altri centri, e magari con altri pretesti, dopo che le elezioni e la campagna elettorale non avevano registrato episodi gravi. La protesta è scoppiata anche a Regueb, e questo è un segnale della micidiale miscela che si è creata nelle ultime ore.
La protesta per l’esclusione delle liste di Petition Populaire ha poi toccato anche Sfax, una delle città più importanti della Tunisia. Secondo quanto riferisce il sito Tunisie Numerique, decine di giovani, in maggioranza studenti, hanno occupato le strade che collegano la città all’aeroporto e ad Agareb. Non si segnalano, almeno al momento, scontri o l’intervento delle forze di polizia.
Migliaia di persone sono scese in piazza per protestare anche a Kasserine. La situazione è rimasta però apparentemente tranquilla.
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