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Aiea. “L’Iran potrebbe avere l’atomica”. Israele minaccia

 

“L’agenzia nutre gravi preoccupazioni sulla possibile dimensione militare del programma nucleare iraniano”, scrive l’Aiea nel documento reso pubblico oggi, dicendo di fondare le sue valutazioni su informazioni “credibili” che portano a ritenere che “l’Iran abbia condotto attività volte a sviluppare un dispositivo esplosivo nucleare”.

Prima che la AIEA rendesse note queste posizioni, Israele ha lanciato l’ennesimo pesante avvertimento facendo sapere che non ha bisogno del via libera degli Stati Uniti per condurre un attacco contro i siti nucleari iraniani. Lo ha detto il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, in una intervista a Radio Israele, secondo quanto riporta il sito web del Jerusalem Post. “Israele è uno Stato sovrano”, ha affermato Barak, che si è detto scettico sulla effettiva volontà della comunità internazionale di fermare il programma nucleare iraniano.

Barak a Radio Israele ha detto anche che Gerusalemme non vuole entrare in guerra con l’Iran; ma nel caso vi fosse trascinato contro la sua volontà, il ministro esclude che vi saranno perdite consistenti. “Non ci saranno 500mila morti, ma neanche 5mila 0 500”, ha affermato.

 

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d Il Sole 24 Ore

L’Onu «preoccupata» per il nucleare iraniano. Israele: non serve ok Usa per attacco

Il programma nucleare dell’Iran desta «serie preoccupazioni». A sostenerlo è l’atteso rapporto dell’Aiea, l’agenzia dell’Onu per l’energia atomica. «L’agenzia ha delle serie preoccupazioni riguardo il possibile utilizzo militare del programma nucleare dell’Iran», si legge nel documento dell’agenzia, che cita informazioni «complete e credibili».

«Queste informazioni indicano che l’Iran ha condotto rilevanti attività per lo sviluppo di ordigni nucleari», prosegue l’Aiea, che ha invitato il regime di Teheran «a collaborare in modo sostanziale con l’agenzia senza ritardi».

«Teheran aiutata da un esperto straniero»
Nel suo rapporto l’Aiea indica che Teheran sarebbe stata aiutata nelle sue attività nucleari da «un esperto straniero che era non solo a conoscenza di queste tecnologie ma che ha lavorato gran parte della sua carriera con questa tecnologia nel programma di armi nucleari del suo paese».
Secondo indiscrezioni in margine alla riunione del board dell’ Aiea, l’esperto sarebbe lo scienziato dell’Urss Vyacheslav Danilenko.

Mosca: la diffusione del rapporto vuole minare la diplomazia

La Russia ritiene che l’ampia diffusione di informazioni da parte dell’Aiea sul nucleare iraniano miri a minare le possibilità di una soluzione diplomatica. Lo riferisce il ministero degli esteri di Mosca.
La Russia ritiene che il rapporto dell’Aiea alimenti le «tensioni» tra le grandi potenze e Teheran, secondo un comunicato del ministero degli Esteri. Le molte cose che sono state dette e scritte negli ultimi giorni, si legge nella nota, «sono state trasformate in una nuova fonte di aumento delle tensioni attorno ai problemi legati al nucleare iraniano». Mosca spiega inoltre che già da tempo all’Aiea sono state fornite informazioni sul possibile coinvolgimento di uno scienziato russo nel programma nucleare iraniano.

Israele: non abbiamo bisogno del via libera Usa per attaccare

Intanto Israele chiarisce di non aver bisogno del via libera degli Stati Uniti per condurre un attacco contro i siti nucleari iraniani. Lo ha detto oggi il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, in una intervista a Radio Israele, secondo quanto riporta il sito web del Jerusalem Post. «Israele è uno Stato sovrano», ha affermato Barak, che si è detto scettico sulla effettiva volontà della comunità internazionale di fermare il programma nucleare iraniano. Il ministro della Difesa israeliano ritiene comunque che il nuovo rapporto sull’Iran che l’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha rilasciato rappresenta la migliore occasione per imporre «sanzioni mortali» contro il regime iraniano. Barak a Radio Israele ha detto anche che Gerusalemme non vuole entrare in guerra con l’Iran; ma nel caso vi fosse trascinato contro la sua volontà, il ministro esclude che vi saranno perdite consistenti. «Non ci saranno 500mila morti, ma neanche 5mila o cinquecento», ha affermato.

Ahmadinejad: non ci fermerermo
L’Iran non fermerá il suo lavoro sul nucleare, nonostante le indiscrezioni pubblicate sul quotidiano Haaretz secondo cui il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sta cercando di convincere il suo governo ad autorizzare un attacco contro la Repubblica Islamica. Parola del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad che, citato dall’agenzia di stampa “Irna”, ha detto che «noi avvisiamo gli Stati Uniti e il suo alleato (Israele, ndr) di fermate le minacce e di stare attenti perchè l’Iran non tornerá indietro» dai suoi programmi nucleari.
Ancora più esplicito un ufficiale della sicurezza nazionale iraniana: «Israele imparerà il vero significato di “inferno” se decide un attacco militare contro l’Iran».

 

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Il documento dell’Aiea (in originale, ovvero in inglese).

 

L’atomica dell’Iran e le (in)decisioni di Obama

di Christian Rocca

Qualche anno fa erano i cattivi dell’amministrazione Bush, i falchi della destra israeliana e i famigerati intellettuali neoconservatori a sostenere che l’Iran si stesse dotando dell’arma nucleare e che sarebbero stati guai per tutti. Ora, con qualche anno di ritardo, a ripetere le stesse cose sono i buoni, i ragionevoli, i presentabili in società. Addirittura tre Nobel per la Pace. Gli ayatollah islamici sono a un passo dal costruirsi le testate nucleari, sostiene improvvisamente l’Aiea, l’Agenzia atomica delle Nazioni Unite già insignita del premio Nobel per la Pace nel 2005 anche per aver contenuto, si diceva allora in polemica con Bush, il progetto nucleare iraniano.

Un altro Nobel per la Pace, il presidente laburista israeliano Shimon Peres, insignito dell’onorificenza nel 1994, spiega che la possibilità di un attacco militare contro l’Iran è molto vicina, a causa dell’irreversibile corsa islamista verso la bomba e della retorica sulla cancellazione dell’entità sionista dalla cartina geografica.

Poi c’è Barack Obama, Nobel per la Pace 2009: «La politica iraniana di Obama – ha scritto Fareed Zakaria sul Washington Post – è molto simile a quella di George W. Bush». Il presidente è impegnato in una difficile campagna di rielezione che potrebbe ulteriormente complicarsi se a novembre 2012 si dovesse presentare agli elettori avendo consentito all’Iran di diventare una potenza militare nucleare. «Un Iran armato con il nucleare è inaccettabile», aveva promesso Obama. Il punto centrale della sua politica estera, esplicitato nel famoso e male interpretato discorso del Cairo del 2009, era l’abbandono della politica del regime change e il rilancio del dialogo con il regime di Teheran, al fine di ristabilire un rapporto di fiducia e di trovare un accordo pacifico sul nucleare civile.

Ora Obama si trova nell’imbarazzante situazione immaginata tre anni fa dal suo ex avversario John McCain: «Peggio di un’azione militare contro l’Iran c’è solo un Iran dotato di armi nucleari».

Qual è, dunque, la strategia di Obama, dopo l’illusione della politica della mano tesa e la dura realtà nucleare svelata dal rapporto Onu? La Casa Bianca sta cercando di applicare l’ormai famosa «dottrina Obama»: guidare il mondo da dietro le quinte, tenere a distanza i riflettori e colpire senza pietà.

Il New York Times, domenica, ha raccontato in un lungo e drammatico articolo «la guerra segreta con l’Iran», una riedizione della Guerra Fredda con tanto di basi segrete per i droni, di batterie antimissile installate nei Paesi arabi alleati e di navi da guerra nel Golfo Persico. A settembre si è scoperto che Obama ha fornito a Israele le potenti bombe anti bunker, capaci di colpire in profondità e di raggiungere obiettivi nascosti sottoterra come le centrali nucleari iraniane (Bush ne aveva negato la fornitura per timore che Israele le usasse). Il Pentagono ha fatto sapere di aver richiesto l’autorizzazione per condurre operazioni militari segrete in Iran. A luglio, nel giro di poche ore, quattro big dell’amministrazione hanno accusato ufficialmente e in modo circostanziato l’Iran di uccidere i soldati americani in Iraq e in Afghanistan. Negli stessi giorni gli obamiani hanno formalmente imputato l’Iran di aver costituito un’alleanza strategica con al Qaeda. Il Times ora intravede una mano americana dietro il virus Stuxnet che ha mandato in tilt i computer delle centrali iraniane e scrive di un nuovo Stuxnet 2.0, una versione aggiornata e più efficace della sofisticata arma informatica.

Qualsiasi cosa decida, Obama rischia di sbagliare. La tentazione è di «leave it to Bibi», di lasciare che se ne occupi il premier israeliano Bibi Netanyahu, secondo il consiglio pilatesco dello stratega liberal Kenneth Pollack e sul modello Sarkozy-Gheddafi. Ma l’Iran non è la Libia, leading from behind è impossibile. Obama sarà costretto ad esercitare la leadership in prima persona, secondo il dettato della frase che Harry Truman teneva in bella vista sulla scrivania dello Studio Ovale: «The buck stops here», le decisioni si prendono qui e se ne accetta la responsabilità.

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