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Malasanità a Barcellona. La via autonomista all’austerity fa sempre più vittime

Il flusso di giovani italiani verso Madrid e Barcellona non rallenta, e il fenomeno continua ad attirare giustamente l’attenzione di giornalisti e analisti che si occupano della cosiddetta ‘fuga dei cervelli’. Reportage e articoli di giornale da anni descrivono il bengodi che i giovani italiani in cerca di fortuna trovano nel paese appena conquistato da Mariano Rajoy: lavoro, meritocrazia, opportunità di promozione sociale ed economica, servizi funzionanti. Sicuramente rispetto all’incivile Italia la situazione da quelle parti è migliore, non si discute. Ma alcune notizie che sfuggono ai media italiani ci parlano di una situazione in costante peggioramento.

Proprio oggi il ministero del Lavoro di Madrid ha comunicato il nuovo record storico in tema di disoccupazione: nel mese di novembre il numero ufficiale dei senza lavoro nello Stato è salito a ben 4,42 milioni di persone, con una crescita dell’1,37% rispetto a ottobre.
Come se non bastasse, a campeggiare sui quotidiani spagnoli oggi sono anche le notizie sui crescenti casi di malasanità in Catalogna, una delle comunità autonome più ricche e sviluppate dello Stato Spagnolo, almeno fino ad ora.

Non passa giorno senza che i media locali non riportino casi di pazienti morti a causa della mancanza di cure e del ritardo nel trattamento delle infermità dovuto all’eccessiva distanza dei centri di assistenza sanitaria.
Gli ultimi casi, racconta il quotidiano ‘El Pais’, risalgono a ieri. Due denunce sono state  presentate all’Associazione per la difesa dei pazienti (Adepa). Ginés M., di 51 anni, è morto a causa di una emorragia cerebrale all’ospedale Vall d’Hebron di Barcelona dopo aver atteso per addirittura sei giorni una fondamentale risonanza magnetica. Invece la 28enne Cristina R. G. era entrata all’ospedale Sant Pau incinta di 34 settimane con una infezione addominale ma i chirurghi non l’hanno potuta operare se non dopo 30 ore, a causa di un problema all’impianto elettrico del nosocomio. Troppo tardi per il bambino. I familiari delle ultime due vittime accusano apertamente il governo autonomo catalano – la Generalitat – per i pesantissimi e indiscriminati tagli che hanno messo in ginocchio la sanità e altri servizi pubblici. Una denuncia rilanciata nei mesi scorsi dalle forze politiche della sinistra, dalle associazioni dei consumatori e dai sindacati, che accusano gli autonomisti liberisti di Convergencia i Uniò (Ciu) di aver ridotto drasticamente i posti letto, di aver chiuso alcuni reparti chirurgici e di aver ridotto il personale obbligando medici e infermieri a turni di lavoro massacranti. Con il risultato che i pronto soccorso sono intasati, le liste d’attesa per gli esami e gli interventi chirurgici si allungano e aumentano i casi di errori o ritardi fatali nelle cure.

“Non si tratta di errori ma è colpa dei tagli. Mio marito è morto in ospedale perché non c’erano letti liberi” ha detto ai giornalisti la moglie di Ginès M. “Paghi per tutta la vita per sostenere la sanità pubblica e poi quando ti serve…”. L’ospedale Vall d’Hebron è già stato portato in giudizio dopo la morte di una donna causata da un aneurisma cerebrale, operata con parecchi giorni di ritardo a causa dell’intasamento del reparto chirurgico.

Alle accuse il governo regionale risponde che si tratte di pochi casi dovuti a negligenze imputabili ai singoli medici e in generale grida al complotto, accusando a sua volta i media vicini al Partito Socialista e ai nazionalisti di sinistra di orchestrare una campagna di calunnie contro Ciu al solo scopo di intaccarne la popolarità. Popolarità alle stelle, visto gli ultimi risultati elettorali. Nonostante i tagli allo stato sociale e ai servizi, i licenziamenti e le privatizzazioni – accompagnati dalla mano dura della Polizia locale contro chiunque protesti – alle elezioni generali del 20 novembre il partito liberal-cristiano da sempre punto di riferimento della borghesia autonomista catalana ha conquistato ben 16 seggi e più di un milione di voti. Crescendo anche rispetto al già ottimo risultato delle elezioni regionali del 28 novembre del 2010 quando il leader di Ciu Artur Mas era riuscito a scalzare i socialisti dalla Generalitat.

Poco prima delle elezioni, a metà novembre, i sindacati dei medici e degli infermieri avevano convocato uno sciopero generale nel settore della sanità pubblica contro tagli e licenziamenti, ma l’adesione non aveva superato il 40% del totale dei lavoratori coinvolti. Se l’Italia deve fare i conti con l’effetto Monti, in Catalogna il consenso sociale nei confronti dell’autonomismo d’ordine incarnato da Artur Mas sembra ancora molto forte. Un sostegno che i catalani hanno riconfermato a Ciu come contraltare all’ascesa nel loro territorio di quel Partito Popolare che nelle comunità che governa ha applicato in questi mesi piani molti simili – a base di tagli e privatizzazioni – a quelli varati a Barcellona. A dimostrazione che sotto la scorsa nazionalista di segno opposto delle due formazioni politiche il contenuto antisociale e liberista è lo stesso.

Il premier in pectore Rajoy ha già detto che interverrà pesantemente sulla sanità pubblica, ma non ha ancora chiarito come. Potrebbe utilizzare la ricetta proposta dal Ministro della Sanità catalano, sotto accusa per i tagli e per i piani di apertura al capitale privato di ospedali e ambulatori pubblici. Dalle pagine del quotidiano ‘El País’, Boi Ruiz ha proposto alcuni giorni fa di ‘ristrutturare’ la sanità pubblica attraverso un modello di assicurazioni private obbligatorie proporzionate al reddito di ciascun cittadino. Attualmente il 24% dei catalani è già titolare di una costosa polizza sanitaria privata, percentuale che piazza la regione al terzo posto della classifica della autonomie con la maggiore percentuale di cittadini assicurati, dopo Madrid (30%) e le isole Baleari (25%).
Una ricetta amara, quella dei rampanti autonomisti catalani, che potrebbe essere presto imitata anche nelle nostre città.

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