Dopo pochi giorni di tregua relativa, ieri il Cairo ha visto gli scontri più violenti da quando il paese è governato dal nuovo premier al Ganzouri, osteggiato da una parte importante dell’opinione pubblica egiziana in quanto esponente di punta del passato regime del deposto Mubarak. Risalivano a novembre le ultime sommosse, represse duramente dai militari: 42 morti.
Secondo varie fonti finora i morti accertati sarebbero saliti a sette, ma secondo i medici degli ospedali da campo di piazza Tahrir le vittime potrebbero essere anche di più. Per non parlare dei circa 250 feriti, alcuni dei quali in condizioni molto gravi. Durante la giornata di ieri sono state annunciate più volte conferenze stampa di rappresentanti del governo, che poi non si sono tenute. Nessuno ha potuto precisare chi abbia sparato contro i manifestanti, ma blog e testimoni addossano tutta la responsabilità ai militari. Gli scontri sono scoppiati dopo che la polizia militare ha compiuto una pesante azione di forza per rimuovere un sit-in di circa 200 manifestanti antigovernativi, picchiandoli con manganelli di plastica e bastoni elettrici, oltre che ricambiando fitti lanci di pietre, e bruciando le loro tende, installate in via Maglis el Shaab fin dal 24 novembre. Dopo il calar del sole la situazione ha continuato ad essere molto tesa. Falò di oggetti in plastica e legno bloccano il transito sulla grande arteria Qasr el Aini, a 200 metri dagli edifici governativi e meno di mezzo chilometro da piazza Tahrir, simbolo storico della protesta che in gennaio ha fatto cadere il regime di Mubarak, sostituito dai generali che promettono di lasciare presto campo libero alle autorità civili ma che sono i veri e unici padroni del paese. L’asfalto delle strade del quartiere, raccontano i corrispondenti stranieri, è una distesa di sassi e macerie di vario tipo, comprese le carcasse di alcune auto date alle fiamme dai manifestanti. Tre componenti del Consiglio Consultivo nominato due settimane fa dai militari per collaborare con il nuovo governo e dare una parvenza di autorità civile si sono dimessi nel pomeriggio di oggi per protestare contro la nuova azione repressiva della giunta. «Ha un sapore fortemente ironico che i militari lancino pietre contro i manifestanti dal palazzo del parlamento, dove troneggia un manifesto secondo il quale la democrazia è il potere del popolo», racconta uno dei manifestanti, Mostafa Sheshtawy, all’agenzia Ansa. Senza sparare lacrimogeni – che nei precedenti scontri di novembre avevano provocato centinaia di feriti e una quarantina di morti – i militari (compresi i paracadutisti impiegati normalmente nella protezione dei palazzi del governo) hanno continuato a rispondere ai lanci di pietre e di bottiglie molotov, lanciando a loro volta sui manifestanti suppellettili dai tetti degli edifici governativi. Sia tra i militari, riferisce l’agenzia ufficiale Mena, sia tra i manifestanti vi sono molti feriti da arma da fuoco, il che ha fatto parlare alcuni giornalisti della presenza di ‘provocatori’ governativi infiltrati tra la gente. Secondo la tv Al Jazira potrebbe però trattarsi di cittadini o dipendenti degli uffici pubblici che, stanchi delle proteste e della paralisi provocata al loro lavoro, avrebbero deciso di affiancare le forze armate contro i manifestanti.
I nuovi durissimi scontri erano scoppiati ieri mattina presto al Cairo durante un sit in davanti all’edificio della presidenza del consiglio dei ministri. Scontri aumentati di intensità dopo che la polizia militare ha demolito e bruciato le tende nei quali i manifestanti si erano insediati dal 24 novembre per impedire al nuovo governo di Kamal el Ganzouri di prendere possesso degli uffici dell’esecutivo. In mattinata erano già scattati gli arresti, quando sono cominciate le prime scaramucce, dopo che si era sparsa la notizia di un manifestante arrestato, picchiato brutalmente dalla polizia e poi rilasciato. Il giovane, Abboudi Ibrahim, fan della squadra di calcio Zamalek, è stato ricoverato in ospedale.
Intanto anche il secondo turno delle elezioni legislative vedono un’affermazione netta delle forze politiche islamiche e islamiste, che risultano essere le più votate nel voto dell’altro ieri. Dai primi dati parziali emerge che il partito di ‘Giustizia e Libertà’, espressione dei Fratelli Musulmani, è stato anche in questa occasione, come già avvenuto nel corso della prima tornata, il più votato, seguito dai salafiti di ‘al-Nour’, mentre solo terzi sono arrivati i liberali del Blocco egiziano. Al quarto posto gli islamici moderati di al-Wafd. Situazione invertita a Suez, dove ‘Al Nour’ si sarebbe posizionato addirittura in testa.
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