Per ora la proposta ‘scioccante’ della Merkel sulla Grecia – sottoporre il governo ellenico al commissariamento da parte di un ‘funzionario’ deciso dell’UE – non è passata. Una proposta offensiva e colonialista che non poteva non ricevere reazioni negative e critiche da parte degli altri partner europei, dell’alleato Sarkozy e dello stesso centrosinistra tedesco. Eppure la provocazione ha avuto i suoi sostenitori, e mentre il cappio del debito continua a stringersi attorno al collo dei greci, la proposta di dominazione diretta di Atene da parte di Berlino e soci probabilmente tornerà – magari in altre forme appena più diplomatiche e politicamente corrette – nei prossimi mesi. Al governo greco la famigerata troika – Commissione Europea, FMI e Bce – hanno chiesto, in cambio di nuovi ‘aiuti’, altri licenziamenti, altri tagli, altre privatizzazioni. Ma il paese è allo stremo, le cronache dalla Grecia ci raccontano una società che affonda nella disperazione e nella povertà, cittadini allo stremo costretti ad una legge della giungla che finora avevamo visto all’opera soltanto nei paesi reduci da qualche guerra. E’ la guerra dell’UE e delle banche contro i popoli del continente. Di seguito due cronache recenti.
Grecia, chiusa per 8 anni (di Malcom Pagani, IFQ del 29 gennaio 2012)
Ci sono cani. E ci sono uomini randagi. Dormono vicini. Nelle strade di Atene. Nei primi rischi di inciampare. Sui secondi di posare lo sguardo, chiedendoti se tra cartoni, fuochi fatui e sacchi a pelo, di greco, non sia rimasta solo la tragedia. Mentre intorno, un sirtaki impazzito di macchine, clacson e soldati a guardia dei negozi balla senza convinzione, nella piazza della Costituzione, in faccia al Parlamento, si raccolgono firme per tornare alla Dracma.
Era la moneta della Grecia autarchica e inconsapevole. Quella del turismo anni ’80. Riemersa dall’orgia di dollari, torture e stupidità descritto da Costa Gavras: (“I militari hanno proibito i capelli lunghi, le minigonne, Twain, la libertà di stampa, dire che Socrate era omosessuale…”) una patria che oggi spogliata, nuda, senza cognizione del domani, ha la lucidità del pugile in attesa del conteggio. Vetrine prese a martellate, poliziotti a presidio dei quartieri ricchi, saldi urlati a un pubblico immaginario che cammina curvo, guardando a terra, senza credere più a nulla. Bisogna sacrificarsi per rimanere in Europa, dicono quelli seri che non guidano il taxi di Kostas alle cinque di mattina.
LA GRECIA è altrove e si farà in un altro modo: 8 anni di lacrime e macelleria sociale, per un mezzo sorriso, forse, nel 2020. Per liberare un prestito di 130 milioni di euro, i burocrati dettano al premier Papademos la lista. Taglio di stipendi, libertà di licenziamento, abolizione del contratto collettivo di lavoro e tanto, tanto altro ancora. Dietro i vetri di Washington, dove lo spazio concesso alla filantropia è un piano di rientro concordato con le banche, indulgere alle astuzie mediterranee potrebbe essere rischioso. Se la politica proverà a monetizzare il dissenso in vista delle elezioni primaverili, al tavolo non mancherà una gamba, ma lo spazio per esistere. Nei vicoli stretti di Monestiraki in cui maiali passati a miglior vita riempiono l’aria abbronzandosi sul girarrosto, artigiani che plasmano il cuoio, ragionano sulla loro pelle.
Melissinos, il “poeta dei sandali”, barba bianca, riflessi hippy, uno che ha intrecciato scarpe e brandelli di filosofia per Onassis e John Lennon: “Ci siamo indebitati? Non è colpa nostra. Hanno mentito i politici. Alterando i conti e le nostre vite per sempre. Guadagno il 40% in meno di due anni fa. Nessuno ci salverà, ma i prossimi sarete voi italiani”. Seguono gentilezze rivolte alla Germania e alla signora Merkel, Anghela, con la già dura, placidamente paragonata ad Hitler. Sono tutti d’accordo. È colpa dei tedeschi e degli americani, con la Cia evocata in ogni discorso. Finanza e geopolitica. Complottismo e disperazione balcanica. Rassegnazione. Quando a sera, scendi negli odori della capitale, tra le rovine e la condanne di un passato luminoso, vedi un’altra Atene. Sensuale. Misteriosa. Non quella che almeno nei caffè, trascorre il giorno fumando in faccia alla crisi dalle finestre dei bistrot, ma quella di Seferis o di Kavafis, in cui morte e piacere si fondono e di notte, labbra, sensazioni e carne, si regalano un’altra occasione. Rispetto a ciò che si dice della Grecia, al coprifuoco dell’anima e all’allarmismo, è un fiume straniante e poeticamente normale. Sono ragazzi, studenti di teatro, bellezze in collisione che prima dell’abbandono, tentano di vivere la loro età. Se dovranno partire, non lo faranno osservando dietro le persiane. Anche sei vecchi che trascinano aste che sembrano croci con i biglietti della lotteria commuovono, e certe nuove immigrazioni gettate nelle vie in bilico tra dignità calpestata e romanzi criminali (Bangladesh, Iran, Sri Lanka, i neri, quasi assenti, confinati alle periferie dello spaccio semi-legalizzato) non sanno di festa ma di requiem anticipato. Non si può pagare tutto. Non si può perdere ogni cosa a iniziare dalla giovinezza. Chi non ha voglia di mediare neanche con se stesso incendia yacht (sette, solo venerdì), assedia alberghi con gli ispettori del Fmi (cariche di fronte all’Hilton), improvvisa manifestazioni che fanno pensare che la prossima volta, qualcuno, potrebbe buttarsi a sinistra. Non nel Pasok: “Socialisti da operetta, i complici di questa disgrazia”, ti dice un agente nella via delle ambasciate (giardini, silenzio, un’enclave mimetica, una Svizzera extraterritoriale). Ma i comunisti. Saltando indietro. Perché nella sintesi forzata di un dramma collettivo, nell’illusione tradita che nel 2004 (Europei di calcio vinti, Olimpiadi, milioni sprecati per l’aeroporto) ubriacò tutti, l’utopia sembra l’unica cosa sensata. Non è finita, comunque. Questa è la Grecia. Su un muro, una poesia. È di Panagulis. L’eroe della Resistenza. L’uomo descritto da Oriana Fallaci. Chiediamo di tradurla: Le lacrime che dai nostri occhi vedrete sgorgare/ non crediatele mai segni di disperazione/ promessa sono/ solamente promessa di lotta. Questa è la Grecia. Al funerale di Theo Angelopoulos non pioveva. Avevano tutti gli ombrelli neri. Gli dei, in cielo,sonosemprepiùmalvagi.Al passaggio del feretro li hanno aperti tutti insieme. in silenzio. Come in “Sogni” di Kurosawa, quando dal drago, dal mostro nucleare, il protagonista si difende sventolando la sua giacchetta.
Scuole e carceri, tragedia greca (Margherita Dean, Eilmensile.it del 31 gennaio 2012)
Il vertice di Bruxelles è passato come un soffio, una notte appena è trascorsa dal summit europeo e la quotidianità ellenica reclama, prepotente, il suo spazio tragico.
I direttori delle carceri di Atene ed Eubea, hanno inviato una missiva al Ministero di giustizia e alla magistratura, nella quale informano che gli istituiti da loro diretti sono ormai pieni e, dunque, si vedono costretti a “chiudere”, rifiutandosi di ospitare nuovi arrivi. Il che, ricorda la lettera, non era mai avvenuto dalla nascita dello Stato greco moderno, quasi due secoli or sono.
Il numero di carcerati nelle prigioni greche è di 12.703 persone, mentre la loro capacità è di 9.300. Nelle carceri di Atene, che può ospitare fino a 800 persone, se ne trovano 2.320 e la crisi economica si pone in relazione diretta con il sovraffollamento carcerario: stando ai dati forniti dalla polizia ellenica, si verifica un omicidio ogni due giorni, 265 furti e 19 rapine al giorno. L’aumento dei furti nelle chiese è del 180 per cento.
Intanto, in vista dell’aumento esponenziale di casi di allievi che, in tutta la Grecia, svengono a scuola perché mal nutriti, il Ministero della Pubblica Istruzione sta per lanciare un programma di alimentazione pilota, visto che la stessa vice-ministro, Evi Christifilopoulou, ha ammesso che il problema della sotto-alimentazione degli scolari è, ormai, un fatto ampiamente registrato. Un fatto legato alla crisi economica e all’impossibilità, per un numero crescente di famiglie, di fornire un pasto completo ai figli.
Il programma prevede che, dalla prossima settimana, in 18 scuole di Atene, di cui due situate in pieno centro, siano forniti piccoli pasti, al fine di arginare il fenomeno della sotto-alimentazione. Latte, biscotti, frutta e panini saranno, dunque, distribuiti nelle 18 scuole di Atene e, in seguito, in tutta la Grecia, ove richiesto dai dirigenti scolastici. I soldi, necessari alla realizzazione del programma, derivano dai fondi strutturali europei, mentre il Ministero ha previsto che l’azione di “sostegno alimentare” degli studenti più poveri, continuerà in seno alle famiglie, onde evitare la stigmatizzazione dei bambini e ragazzi.
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