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Tra Obama e Netanyahu c’è la «bomba» Tehran

Tra Obama e Netanyahu c’è la «bomba» Tehran
Michele Giorgio
GERUSALEMME

Benyamin Netanyahu arriva oggi negli Stati Uniti, proveniente dal Canada, per colloqui con il presidente Barack Obama che i media israeliani e americani descrivono come i più importanti degli ultimi anni. Un faccia a faccia quasi interamente dedicato all’Iran che, forse, sarà preceduto già nelle prossime ore da un confronto a distanza tra i due davanti alle migliaia di delegati alla conferenza annuale dell’Aipac – la più influente delle lobby pro-Israele -, alla quale parteciperanno anche i tre principali candidati alle primarie repubblicane: Rick Santorum, Mitt Romney e Newt Gingrich. E’ fuorviante parlare di «scontro» tra Netanyahu e Obama. I due, ai ferri corti in passato, hanno dimostrato di avere posizioni comuni su gran parte delle questioni aperte, a cominciare dal boicottaggio dell’indipendenza palestinese. Ma ora sul tavolo c’è la guerra all’Iran, una nuova guerra in Medio Oriente che tutti immaginano persino più devastante delle altre. E gli americani che escono con le ossa rotte dall’occupazione di Iraq e Afghanistan, non vogliono un nuovo conflitto o, almeno, non lo vogliono in questo momento. Perciò nell’incontro che Obama e Netanyahu avranno domani alla Casa Bianca, il presidente americano metterà in guardia Israele sui «rischi» di un attacco «preventivo» contro le strutture nucleari in Iran e gli chiederà di «avere pazienza» e attendere che abbiano effetto le sanzioni internazionali. Senza dimenticare che non c’è alcuna prova che l’arricchimento dell’uranio avviato da Tehran sia volto a produrre ordigni atomici (Israele è l’unico Stato mediorientale a possedere, in segreto, armi nucleari). «Stiamo cercando di rendere la decisione di attaccare la più difficile per Israele», hanno detto fonti dell’Amministrazione. «Credo che il governo di Israele riconosca che, come presidente degli Stati Uniti, non faccio bluff», ha affermato da parte sua Barack Obama, un paio di giorni fa in un’intervista ad Atlantic , rivendicando la «serietà» delle sue posizioni, inclusa quella che tutte le opzioni sono sul tavolo, «compresa quella militare», contro Tehran. «Impedire all’Iran di ottenere armi nucleari non è solo nell’interesse di Israele, ma è nell’interesse anche degli Stati Uniti», ha ribadito Obama. Netanyahu però non ha più pazienza. Lui all’attacco all’Iran ci pensa da anni e ora dalle minacce vuole passare all’azione. E non solo perché è convinto che Tehran stia programmando di «far sparire Israele» dalle mappe geopolitiche, come sognerebbe il presidente iraniano Ahmadi Nejad. In realtà a Tehran sanno bene che, con i satelliti-spia ormai infallibili, è impossibile un first strike decisivo. In ogni caso l’Iran verrebbe distrutto totalmente dalla risposta di Israele che, si dice, ha già ora i suoi sommergibili armati con testate atomiche nei pressi del Golfo, pronti ad intervenire (la Germania si prepara a consegnare a Tel Avi v un sesto e più avanzato sottomarino classe Dolphin). Piuttosto Netanyahu vuole l’«attacco preventivo» perché un Iran dotato di bombe atomiche priverebbe Israele del dominio strategico nella regione. Si instaurerebbe in Medio oriente una parità strategica che Tel Aviv, dal suo punto di vista, non può accettare. Ecco perché il premier israeliano se da un lato non vuole agire senza il consenso degli Usa, dall’altro intende tenersi le mani libere. «Manteniamo la nostra libertà di manovra…tutte le opzioni devono rimanere sul tavolo per assicurarsi che l’Iran non abbia armi nucleari», ha detto perentorio Netanyahu mentre era in Canada. Ma è stato netto anche nell’affermare che «l’Iran deve prima fermare il suo programma nucleare, poi si potranno fare nuovi colloqui sull’argomento». Un modo per mettere le mani in avanti rispetto ad una eventuale «soluzione coreana». Sul sito dell’«Israel Defense» ( israeldefense.com ), Amir Rapaport ha scritto che l’annuncio fatto dalla Corea del Nord della sospensione di test nucleari e missilistici e dell’arricchimento dell’uranio in cambio di aiuti umanitari, ha reso più difficile il compito di Netanyahu di convincere Obama a lanciare un ultimatum all’Iran. Il presidente americano è in grado di dimostrare che le sanzioni e le pressioni internazionali se hanno avuto un effetto su Pyongyang, potranno averlo anche su Tehran. Il premier israeliano però non farà un passo indietro. «Senza dubbio Israele considera un attacco militare contro l’Iran ma non è detto che ci sarà – ha scritto Rapaport – allo stesso tempo Israele non prometterà agli Stati Uniti che saranno avvisati in anticipo quando scatterà quell’attacco».

da “il manifesto”

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