Le elezioni amministrative di ieri in una delle più importanti regioni autonome dello Stato le ha vinte il Partito Popular. Ma, contrariamente alle aspettative e contraddicendo in parte i sondaggi, la destra non le ha stravinte. Il voto – disertato comunque da quasi il 40% degli aventi diritto, il 10% in meno rispetto al 2008 – ha consegnato al premier Rajoy un bel grattacapo. Per la prima volta dalla fine del regime franchista il PP raggiunge un primo posto storico in una regione da sempre governata dai socialisti e dove la sinistra comunista e postcomunista di Izquierda Unida ha sempre avuto risultati ben superiori alla media statale. Il partito di Rajoy infatti è passato da 47 a 50 seggi, aumentando i consensi in termini percentuali fino al 40,6%. Ma non abbastanza da conquistare la maggioranza assoluta, il che in mancanza di un’altra forza politica che possa allearsi con il PP consegna al partito che governa Madrid una situazione complessa, un vero e proprio rompicapo.
Da parte loro i socialisti del neosegretario Rubalcaba – Zapatero è stato pensionato dopo la disfatta dello scorso 20 novembre – hanno subito un vero e proprio tracollo: da 56 a 47 seggi, ma a poca distanza dal PP con il 39,54%. Un calo minore rispetto a quanto si prevedeva alla vigilia. Vero e proprio exploit per Izquierda Unida che raddoppia i seggi, passando da 6 a 12 (11,35%). Secondo molti analisti e a dar retta ad alcuni commenti apparsi oggi sulla stampa locale e statale spagnola, l’ipotesi più probabile è che i socialisti del premier regionale uscente Josè Antonio Grinan formino una coalizione di governo proprio con Iu, lasciando all’opposizione i popolari del candidato premier Javier Arenas, nonostante l’inedito primo posto. Ma non è ancora detto: dipenderà da quanto i socialisti – animati da una linea politica subalterna alla Bce e liberista – vorranno e potranno concedere a Izquierda Unida in cambio del suo sostegno. I segnali da parte della federazione andalusa di IU nei confronti dei socialisti non sono entusiastici.
Governare una regione così importante e così disastrata – 32% di disoccupazione – potrebbe rivelarsi un boomerang per i socialisti, costretti ad applicare localmente le ricette ‘lacrime e sangue’ imposte da Bruxelles e promosse dal governo del PP di Madrid. Se il PSOE volesse creare problemi al PP ed inceppare la schiacciante maggioranza che il partito di Rajoy ha alle Cortes dovrebbe mettere in atto una buona dose di disobbedienza, tentando di boicottare o ritardare l’applicazione a livello locale dei tagli e delle privatizzazioni sfornate dal governo statale. Che i socialisti ne abbiano l’intenzione è tutto da vedere, viste anche le conseguenze che un tale atteggiamento potrebbe comportare. Il governo centrale ha varato proprio in questi giorni una norma che impone l’inabilitazione degli amministratori locali che ‘sperperano’ il denaro pubblico, cioè che sforano i tetti di bilancio. Una norma che cerca di prevenire il comportamento di quegli amministratori che, per cultura politica o pressione della popolazione, tentino di evitare la chiusura a catena di scuole e ospedali mandando in rosso i propri bilanci.
Ieri si è votato anche in un’altra regione dove il centrosinistra e la sinistra sono storicamente forti, ma sul versante opposto dello Stato, nelle Asturie affacciate sull’Oceano Atlantico. Qui il Psoe ha vinto le elezioni ma non è certo di poter governare. Nonostante i sondaggi sfavorevoli, i socialisti hanno totalizzato il 32% dei consensi e 16 seggi, addirittura uno in più che alle scorse elezioni. Mentre i regionalisti di destra del Foro delle Asturie con 13 seggi (meno 3) e il PP con 10 (gli stessi delle precedenti regionali) potrebbero contare su una facile maggioranza in caso di alleanza. Buon risultato della sinistra di IU che passa da 4 a 5 seggi, mentre i liberal-liberisti dell’UPyD entrano per la prima volta nel Parlamento regionale Asturiano con un rappresentante. Scarsissima l’affluenza alle urne, addirittura un misero 55,76 %, la più bassa della storia delle elezioni regionali in un territorio dalla forte tradizione operaia e di lotta che evidentemente nutre assai poche speranze e simpatie nei confronti della propria classe politica. Anche qui il tasso di disoccupazione è alle stelle e le politiche liberiste adottate prima dai socialisti e poi dai popolari stanno creando un vero e proprio deserto sociale.
Le elezioni di ieri dimostrano, tra astensione e rinculo della destra, che la luna di miele tra gli spagnoli e il Partido Popular è durata ben poco. Mentre Madrid è nel mirino della speculazione finanziaria tutti i sindacati dello Stato e quelli che agiscono all’interno delle varie nazionalità – Catalogna, Paesi Baschi e Galizia – hanno proclamato per il prossimo 29 marzo uno sciopero generale contro le ultime nefandezze del governo Rajoy: licenziamenti facili e a buon mercato, tagli ai sussidi di disoccupazione, aumento della precarietà per i giovani. E per le prossime settimane è in arrivo una nuova stangata, in ossequio alle pressioni di Bruxelles e Francoforte affinché la Spagna riduca drasticamente il suo deficit già a fine 2012. La giornata di giovedì potrebbe davvero essere campale.
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