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Francia: l’incognita Melenchon

 

Ora che la campagna elettorale per le presidenziali francesi è agli sgoccioli, i sondaggi predicono la fine quasi certa del breve ma intenso regno di Nicolas Sarkozy. Un ometto che in breve tempo ha scalato i vertici della destra e ha sbaragliato i suoi vari competitori, trasformandosi di fatto in una sorta di Berlusconi transalpino se non per ricchezze personali sicuramente per frequentazioni losche, ingerenza sui media e decisionismo. Ora tutti i sondaggi lo danno di alcuni punti in svantaggio al primo turno delle presidenziali di domenica, sconfitto dal candidato socialista Hollande, mentre al terzo e al quarto posto più o meno appaiati dovrebbero piazzarsi la candidata dell’estrema destra Marine Le Pen e il candidato del fronte di sinistra Jean Luc Melenchon. E’ stato sicuramente quest’ultimo l’unica vera novità di una campagna elettorale altrimenti abbastanza spenta, riportando nelle piazze decine di migliaia di sostenitori dei partiti di sinistra che lo sostengono, mobilitando nelle città e anche nei piccoli centri attivisti da tempo per niente attivi, tornando a parlare un linguaggio relativamente radicale contro l’Unione Europea, i guasti del capitalismo, la gestione autoritaria e antipopolare della crisi. Attirando su di sé l’attenzione dei media francesi e internazionali e anche di una fetta di elettorato di sinistra che negli ultimi anni si è allontanato dal Partito Comunista e dai suoi recenti alleati di sinistra. Melenchon è dato dai sondaggi attorno al 14-15%, mentre al PCF e agli altri partiti che lo sostengono viene assegnata una percentuale assai minore, a dimostrazione che il consenso degli elettori di sinistra si concentrerebbero soprattutto sul ‘personaggio’ piuttosto che sulla coalizione che lo ha candidato. Comunque molto dipenderà dal voto dell’ultimo momento, dall’orientamento finale di quei milioni di francesi che schifati dalla politica e in particolare dai due maggiori partiti potrebbero rimanersene a casa oppure votare in maggioranza per l’estrema destra razzista e autoritaria, ma che agita spettri convincenti e indica capri espiatori a portata di mano.

Gli sforzi degli staff dei vari candidati si concentrano quindi sull’ultimo giorno di campagna, e prima del silenzio di domani è un fiorire di iniziative. Tra le quali un appello, firmato da mille intellettuali francesi, ”insegnanti, ricercatori, creativi, artisti” a sostegno proprio del candidato di sinistra Jean-Luc Melenchon. ”La nostra esperienza professionale e sociale quotidiana ci fa misurare gli innumerevoli segni di degrado di cui i primi responsabili sono il presidente della Repubblica e il suo governo”, recita il testo, firmato tra gli altri dallo scrittore e giornalista Ignacio Ramonet e dall’artista Ernest Pignon-Ernest. Al di là del linguaggio e delle proposte politiche radicali, Melenchon ha già detto che al secondo turno del 6 maggio chiederà ai suoi elettori di schierarsi a favore del candidato socialista, Francoise Hollande, scontentando le frange più radicali della sua coalizione e alcuni gruppi della sinistra che hanno deciso di correre da soli. In un’intervista Melenchon ha spiegato però che la priorità è la sconfitta di Nicolas Sarkozy. “Se Sarkozy perde le elezioni – conclude – apriamo una breccia in Europa”. Melenchon è riuscito a portare in piazza quasi centomila persone durante un comizio-manifestazione a Place dela Bastille, e tramite il suo carisma punta oltre le presidenziali, sperando di ottenere un buon risultato alle elezioni legislative previste per giugno o luglio. In quel caso i socialisti dovrebbero necessariamente tenere conto del peso della coalizione di sinistra e aprire ad alcuni elementi del suo programma, in un’alleanza non subalterna come quella che anni fa decretò il tramonto di quello che insieme al PCI fu il più grande partito comunista dell’occidente.
Sull’alleanza con i socialisti oggi Melenchon ha spiegato di non aver intenzione di entrare a far parte del governo in caso di una vittoria socialista, ma di preferire restare svincolato ed esercitare una pressione tramite il sostegno esterno. «La nostra strategia non è appoggiarci ai socialisti ma prendere il potere noi stessi, siamo indipendenti e autonomi» ha detto durante un incontro con la stampa straniera. «Al momento opportuno strumentalizzeremo i socialisti meglio che potremo per portare avanti il processo verso la rivoluzione dei cittadini», ha aggiunto. Melenchon ha in particolare sottolineato la propria distanza dal partito socialista in materia di politica europea, e in particolare sul nuovo patto fiscale: «Dicono che vogliono rinegoziare l’accordo, ma il patto di austerità è inserito nel meccanismo di stabilità europeo, che è stato approvato all’Assemblea nazionale. In quell’occasione, i miei compagni socialisti si sono astenuti, lasciando fare la destra». «Ma con noi  il nuovo accordo di bilancio europeo finirà diretto nella spazzatura». 
I socialisti non vogliono farsi imbrigliare troppo e per dare la sensazione che loro l’alleanza se la sono già fatta hanno scelto di sottoscrivere un patto con i verdi sbiaditi di Europe Ecologie. Il problema è che l’ex-magistrato di origine norvegese Eva Joly, candidata alle presidenziali per i Verdi, nei sondaggi viaggia sotto il due per cento, visto che molti suoi potenziali elettori sono attratti dal fenomeno Melenchon.

Ma cosa propone il personaggio che ha risvegliato la letargica sinistra d’oltralpe? Analisti e commentatori definiscono in genere il programma del Fronte di Sinistra un “incubo economico” o una “fantasia delirante” semplicemente perché mette in discussione lo strapotere delle banche, i suicidi parametri imposti ai vari governi dall’UE e dal FMI, le politiche guerrafondaie che hanno reso Parigi, negli ultimi anni, anche più bellicista degli Stati Uniti (vedila Libiaprima ela Siriapoi, per non parlare del colpo di Stato in Mali). I sostenitori di Melenchon in particolare sembrano gradire la proposta di una tassa del 100% sui redditi superiori a 300.000 euro; pensioni per tutti a partire da 60 anni; riduzione dell’orario di lavoro; un aumento del 20% del salario minimo; e poi chela Bancacentrale europea presti i suoi soldi ai governi europei all’1% come fa con le banche. “Gli esseri umani prima” è l’accattivante titolo del suo manifesto politico: una sesta repubblica al posto della corrente “monarchia repubblicana”, la nazionalizzazione delle imprese energetiche e la proposta di una “pianificazione ecologica dell’economia”.

Niente di rivoluzionario, ma un programma neokeynesiano non scontato che guarda ad alcune delle esperienze di governo dei paesi dell’America Latina. Di lui scrive Gennaro Carotenuto che “Mélenchon, sessantenne mitterandiano e già ministro di Lionel Jospin durante la coabitazione, poi uscito da sinistra dal PS, sta rompendo la congiura del silenzio della sinistra europea rispetto alla sinistra latinoamericana, citandola spesso e volentieri e con buona competenza. Negli ultimi anni ha ripetutamente causato polemica in Francia per la sua difesa di Cuba rivoluzionaria ma, in particolare in un’intervista importante a Página12 ha dimostrato un’insolita apertura nel monolitismo anti-latinoamericano che accomuna gran parte della sinistra europea. Secondo Mélenchon il modello con il quale si sta costruendo il suo partito è apertamente ripreso dal Frente Amplio uruguayano che, fin dal 5 febbraio 1971, mette insieme molteplici anime della sinistra compresi gli ex-guerriglieri Tupamaros e che oggi governa il paese proprio con l’ex-guerrigliero Pepe Mujíca. A questo si affianca una riflessione profonda sulla “Rivoluzione della Cittadinanza” ripresa dall’Ecuador di Correa, ma –ed è interessantissimo- Mélenchon dichiara di riprendere la visione del sistema mediatico da Néstor e Cristina Kirchner in Argentina (…). La legge sui media argentina, probabilmente la più avanzata al mondo, prevede una suddivisione del sistema mediatico nel quale lo spazio per i media commerciali (che nel modello liberale occidentale è invece monopolista) non può superare un terzo del totale. Perfino come slogan Mélenchon riprende quello che ha battuto il regime neoliberale argentino nel 2001: “qué se vayan todos”, che vadano via tutti.”.

Un programma e un linguaggio che naturalmente vengono definiti estremisti dalla grande stampa e dai suoi detrattori che pure sono stati costretti a parlare molto delle proposte del Fronte di Sinistra amplificandone il messaggio. Melenchon ha ottime capacità dialettiche, e in un dibattito televisivo ha dato un gran filo da torcere all’estrema destra, smontando alcune delle ricette populiste che hanno reso popolare Marine Le Pen. Oltre alla tv il candidato della sinistra ha percorso in lungo e in largo il paese, portando con sé migliaia di attivisti, spesso molto giovani, che hanno rivitalizzato una sinistra delusa e ripiegata su sé stessa.

Ma non mancano le critiche, anche dure, da parte di alcune formazioni della galassia trozkista così come dalle organizzazioni che negli ultimi anni hanno rotto con la dirigenza socialdemocratica del PCF. L’URCF ad esempio accusa il Front de gauche di perseguire un utopistico e ingannevole capitalismo dal volto umano e prende di mira lo slogan «L’humain d’abord», l’essere umano prima di tutto, che nasconderebbe una visione conciliatrice tra padroni e lavoratori. Mentre l’altro slogan “ripartire le ricchezze” non farebbe menzione del fatto che mentre milioni di lavoratori francesi si impoveriscono le grandi multinazionali transalpine accrescono i propri profitti miliardari. Come può essere credibile, denuncia la scissione di sinistra del PCF, “un capitalismo sociale che rinuncia alla logica del profitto, un mondo rosa confetto che frena gli appetiti dei padroni (…). Come immaginare che una banca privata come la BCEpossa agire per il lavoro e i salari contro le delocalizzazioni e la speculazione”. In sostanza, accusano da sinistra, su molti punti il programma di Melenchon appare lacunoso, vago, un elenco di buone e irrealizzabili buone intenzioni.
Anche in questo consiste l’incognita Melenchon: saprà e vorrà, lui e la coalizione di partiti che lo sostengono, trasformare un programma evocativo ma vago in azione politica concreta?  

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