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Egitto. Bagarre alle presidenziali fra accuse di corruzione e spionaggio

Se ancora non si placano le conseguenze della tenzone programmatica fra Amr Moussa e Abul Fotouh, soprattutto attorno all’eventuale rimessa in discussione degli accordi con Israele del 1979 lanciata da quest’ultimo, attorno ad Ahmed Shafiq si scatena uno scontro senza esclusione di colpi. Shafiq, che molti indicano come candidato su cui la Giunta Tantawi suggerisce di far convergere il voto, è l’unico dei grandi esclusi (Al-Shater, Ismail, Sawiris, Suleiman) a essere stato riammesso alla corsa alla presidenza. La decisione della Suprema Commissione Elettorale ha suscitato molte polemiche perché aggira una recente legge parlamentare che puntava a bloccare le candidature di tutti coloro direttamente legati col regime di Mubarak. Shafiq lo era al pari di Suleiman ma è stato salvato. Non contento il deputato islamico moderato del Wasat, Essam Sultan, ha lanciato un’altra accusa a Shafiq: essersi avvantaggiato negli anni Novanta della posizione che ricopriva all’interno dell’Associazione degli Ufficiali dell’Aviazione per taluni commerci di terre emerse durante opere di canalizzazione nella zona di Suez, in particolare a Ismailiya. Migliaia di acri sarebbero stati privatizzati e alla fine acquistati dai figli dello stesso Mubarak, Gamal e Alaa.

Lo zelante deputato ha recuperato una documentazione e con quella circostanzia l’accusa. Colpito nel vivo in piena bagarre elettorale Shafiq ha indetto in pompa magna una conferenza stampa in una delle sue lussuosissime ville nella zona di Dokki al Cairo. Da lì s’è difeso, sostenendo come nel 1991 quando i delfini del raìs incameravano quei terreni lui non era a capo dell’Associazione. Quest’alibi se lo scagiona personalmente da taluni favoritismi conferma, comunque, l’ampio reticolo di vantaggi di cui godono le Forze Armate. L’ammette Shafiq stesso dichiarando che “La normativa dell’Associazione consentiva ai figli dei piloti di comperare appezzamenti di terreno” e, come si sa, nel 1970 Mubarak era stato il comandante dell’Aviazione del Paese. Una precisazione che non farà contenta la Giunta perché rammenta all’elettore medio che non veste divise né è legato all’indotto commerciale gestito da ogni Arma quanti siano i privilegi goduti dai militari. Shafiq punto nell’orgoglio ha ulteriormente infiammato la diatriba sostenendo che Sultan “era solo un leccapiedi e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di trovare un partito politico”. Ma l’offesa, come le luminarie della pirotecnica, erano lanciate per il gran botto finale con cui ha rivelato che quest’avvocato e attuale deputato era un informatore della polizia fino alle prime fasi della “Rivoluzione del 25 gennaio”.

Durante la conferenza Shafiq agitava un presunto documento di prova che però nessuno ha potuto leggere. In esso, a suo dire, non c’era il nome del referente dell’Intelligence cui venivano fatte le rivelazioni ma solo le iniziali: H.A. Esse risponderebbero ad hoc a Habid Al-Adly, imputato insieme a Mubarak quele responsabile delle oltre 800 vittime dei primi giorni della repressione, fra gennaio e febbraio 2011. Naturalmente Sultan respinge le accuse al mittente e dichiara che porterà Shafiq davanti ai giudici anche se dovesse essere eletto presidente. Forse in quest’ultimo caso sarà più difficile. La battaglia prosegue anche sul fronte degli exit poll, alcuni danno appunto Shafiq in testa col 12% seguito da Moussa con l’11 e Fotouh col 9%, queste stesse previsioni quantizzano in un 38% gli indecisi. Anche un’altra rilevazione, favorevole invece a Moussa, sottolinea un’amplissima fascia che non ha deciso e che determinerà il successo finale. Sicuramente i voti in patria avranno il peso maggiore eppure nelle percentuali al filo del rasoio saranno comunque importanti gli orientamenti degli egiziani sparsi per il mondo. A cominciare dalla vicina Arabia Saudita che conta 262 mila potenziali elettori egiziani, quindi Kuwait (119 mila), Emirati Arabi Uniti (61.500), Qatar (32 mila), un blocco di quasi mezzo milione di voti. Negli Stati Uniti risiedono 27.300 elettori, in Canada circa 12 mila. In Italia gli egiziani sono ormai oltre 300 mila, sebbene per le politiche dei mesi scorsi abbiano votato solo in 10 mila e l’ambasciata non s’aspetta un grande incremento.

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