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Spagna. «Riforma? Licenziamenti facili»

Barcellona
 
Joan Carles Gallego Herrera è il segretario generale di Comisiones Obreras in Catalunya. Qui dal 2008 al 2011 la crisi si è fatta sentire in maniera pesante. Se nel 2008 si era ricorsi all’equivalente della cassa integrazione in 293 casi, nel 2011 lo si è fatto per 1211 casi. Nel 2008 si era ricorsi alla riduzione di orario in 57 casi, nel 2011 in 1061. Oggi il parlamento si appresta a varare la riforma del lavoro che i sindacati contestano soprattutto perché rappresenta un’erosione dei diritti dei lavoratori. Quali sono i punti principali della riforma del lavoro che criticate? La riforma ha due grandi problemi: da una parte facilita, nei fatti, il licenziamento attraverso un aumento dei motivi per cui si può lasciare a casa un lavoratore. Le aziende potranno, per adattarsi alla situazione contingente, licenziare senza troppe restrizioni. Dall’altra parte la riforma rompe l’equilibrio dei poteri dandone molti all’impresa che potrà, per esempio, derogare dal contratto collettivo, modificarlo, stracciarlo, pur in assenza di un nuovo contratto collettivo. Fino ad ora gli imprenditori dovevano concordare o comunque negoziare con i sindacati la non applicazione o i cambiamenti del contratto collettivo. La riforma rafforza soltanto il potere delle imprese. Dopo la risposta negativa del Partitido Popular al referendum sulla politica economica del governo, il sindacato ha deciso di organizzare una sua consultazione. Come lo farà? Avremmo preferito un referendum legale, ma il governo ha detto di no. E può impedire la consultazione perché ha la maggioranza assoluta. Per questo la faremo noi, attraverso un’azione di mobilitazione sociale. Il voto non avrà valore legale ma se questa mobilitazione sociale sarà consistente – avrà un valore politico importante, perché la gente dimostrerà di voler dire la sua direttamente sulle politiche economiche del governo. Questa mobilitazione si organizzerà a livello statale. E qui in Catalunya? Approfitteremo della legge di consultazione cittadina che esiste grazie allo statuto di autonomia. Stiamo verificando come utilizzarlo. Se i cittadini catalani chiedono la consultazione, la Generalitat è tenuta a farla. Non si è mai fatto, ma sarebbe un’interessante prima volta. Lo sciopero generale del 29 marzo è stato molto partecipato. Come continuate a portare in piazza tanta gente? Abbiamo mantenuto relazioni con i vari soggetti sociali che hanno partecipato e anche il livello di pressione sulla questione dei tagli. Il primo maggio è stata una manifestazione importante che girava attorno alla questione della riforma del lavoro. Allo stesso tempo lavoriamo anche a livello parlamentare e per vedere se ci sono i margini per un ricorso alla corte costituzionale. Oggi la riforma del lavoro arriva in parlamento, le proteste sono appena all’inizio. In più stiamo sensibilizzando le imprese per spiegare agli imprenditori che approvare questa riforma del lavoro creerebbe in realtà più conflitto che benefici anche a loro. Quali sono i punti principali dell’accordo sulla contrattazione collettiva siglato a gennaio? Con gli imprenditori avevamo concordato il contrario di quello che dice la riforma del lavoro. Per esempio, avevamo concordato che qualora cambiasse la situazione economica e produttiva dell’impresa, fosse possibile flessibilizzare o adeguare i tempi del lavoro all’interno di un accordo, non con il licenziamento. La riforma del lavoro invece dà tutto il potere agli imprenditori, facilitando il licenziamento. La filosofia dell’accordo di gennaio era quella della mediazione. Erano stati introdotti elementi di cambiamento importanti. Per esempio, storicamente l’accordo retributivo aveva come riferimento solo l’inflazione. Nell’accordo di gennaio si diceva che oltre all’inflazione dovevano esserci altro, come la produttività ed elementi che tenevano in conto l’andamento economico dell’impresa. Si trattava di un cambio culturale importante. In Italia si chiama «concertazione». Non crede che il sindacato anche in Spagna abbia una certa responsabilità nel peggioramento dei diritti e delle garanzie dei lavoratori? Siamo in fase di resistenza. Tentare di evitare un arretramento in materia di diritti e libertà è stata la nostra priorità. In questo contesto il sindacato ha dovuto forzare delle trattative. Abbiamo fatto accordi che non erano avanzamenti ma il tentativo di bloccare un arretramento. Non v’è dubbio che in questo contesto ci siano stati alcuni accordi che non erano per noi l’optimum.

 
da “il manifesto” del 24 maggio 2012

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