A quanto pare la realtà è più forte delle dichiarazioni elettorali. L’ex ministro di destra che ha avuto un quolo centrale nella falsificazione dei conti pubblici che hanno messo la Grecia sulla graticola, poi ricomparso come “garante” dell’obbedienza ai diktat europeo, come primo gesto di presenza del suo governo nuovo di pacca ha chiesto due anni di rinvio per mettersi in linea.
Il primo atto è quello di chiedere limiti ai licenziamenti dei funzionari e di prolungare di «almeno due anni» il periodo per l’applicazione del piano di austerità imposto dai suoi grandi creditori internazionali, Ue ed Fmi. Bruxelles non l’ha presa bene. «Non è possibile discutere di questioni di questo tipo. Anzitutto dobbiamo avere una chiara valutazione di come il programma è stato attuato finora e come il nuovo governo greco intende attuarlo» ha detto il portavoce del commissario Ue Olli Rehn.
L’obiettivo sarebbe quello di raggiungere l’equilibrio dei conti pubblici «senza ulteriori riduzioni di salari, pensioni e investimenti pubblici», recita il documento ufficiale pubblicato dal governo di Atene, annunciando un congelamento dei licenziamenti nel settore pubblico e un aumento dei fondi per la disoccupazione. «L’obiettivo è di evitare licenziamenti di personale permanente, ma anche di risparmiare un ammontare importante in costi extra e di avere meno burocrazia».
I rappresentanti della “troika” (Ue, Fmi e Bce) arriveranno ad Atene lunedì.
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