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Il giorno dell’Assangelus

Un discorso breve, il suo, molto cauto nei toni, in cui ha sostanzialmente invitato gli Stati Uniti a non perseguire più Wikileaks in nome della libertà d’espressione e di informazione. «Ho chiesto al presidente Obama di fare la cosa giusta. Gli Stati Uniti non devono portare avanti la loro caccia alle streghe contro Wikileaks». Scontato il sincero ringraziamento per il paese che gli ha concesso asilo e tutta l’America Latina che sta “internazionalizzando” il caso. Nonché, altrettanto ovviamente, per la folla che staziona ormai da giorni in suo appoggio davanti all’ambasciata londine del paese andino.

Prima che uscisse “allo scoperto” la parola era sta del suo avvocato, l’ex magistrato spagnolo Baltazar Garzòn, noto per aver perseguito il dittatore cileno Augusto Pinochet, ma anche gli indipendisti baschi. Garzòn aveva descritto Julian Assange in uno stato d’animo «combattivo».
Assange ha anche dato istruzioni ai suoi legali perchè portino avanti la battaglia legale a difesa del sito Wikileaks. A renderlo noto è stato l’ex giudice spagnolo Baltasar Garzon, che ha incontrato oggi il suo assistito. Assange, ha detto «ha sempre difeso libertà e giustizia e continuerà a farlo». Garzon ha quindi sottolineato che il suo assistito «non si è mai rifiutato di rispondere alle autorità svedesi. Chiede solo garanzie minime perchè questo possa avvenire. Fino ad oggi queste garanzie non sono arrivate». Il Regno Unito «deve riconoscere questo diritto fondamentale – ha poi aggiunto parlando dell’asilo concesso dall’Ecuador – che non può concludersi in modo diverso che con la concessione di un salvacondotto» per consentire ad Assange di andare in Ecuador.

Julian Assange ha incaricato il suo legale di «aprire un’azione legale per proteggere i diritti legali di Wikileaks e Julian Assange stesso». Lo ha detto Baltasar Garzon, l’avvocato dell’australiano, fuori dall’ambasciata ecuadoregna poco prima di una dichiarazione di Assange. Assange – ha detto Garzon – è grato al popolo ecuadoregno e al presidente Rafael Correa per avergli concesso l’asilo.

Dall’Alleanza bolivariana era arrivato in mattinata il  pieno sostegno all’Ecuador.
Fermo sostegno all’asilo politico concesso dall’Ecuador a Julian Assange e un severo monito sulle «gravi conseguenze» internazionali nel caso di un’ irruzione della Gran Bretagna nell’ambasciata di Quito a Londra: è la posizione espressa dai paesi dell’Alleanza Bolivariana sulla vicenda del co-fondatore di Wikileaks. Gli stati dell’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America (Alba) – Ecuador, Venezuela, Bolivia, Cuba, Nicaragua, e tre piccoli paesi caraibici – hanno esaminato il caso Assange durante una riunione a Guayaquil (Ecuador). Alla riunione era presente il presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, il quale ha dichiarato che Londra «non ha ritirato la sua minaccia. Oggi, domani, potrebbero entrare nella nostra ambasciata», ha detto, definendo «grossolana e intollerabile» la «minaccia» delle autorità britanniche. Al termine della riunione di Guayaquil, i ministeri degli esteri dell’Alba hanno diffuso una nota che respinge «il modo contrario al diritto internazionale con il quale il Regno Unito vuole risolvere i contenziosi» e chiede «un ampio dibattito nell’Onu sul tema dell’inviolabilità delle rappresentanze diplomatiche». «Un’aggressione all’integrità territoriale dell’Ecuador a Londra scatenerebbe gravi conseguenze in tutto il mondo», ha detto il ministro degli esteri venezuelano, Nicolas Maduro, mentre il collega cubano, Bruno Rodriguez, ha definito «inaccettabile anche solo il fatto che il Regno Unito possa insinuare che le leggi nazionali di uno stato debbano prevalere sulla Convenzione di Vienna riguardante i rapporti diplomatici». Nelle ultime ore anche il Brasile e l’Argentina hanno espresso la propria solidarietà all’Ecuador. Il ministro degli esteri brasiliano, Antonio Patriota, ha tra l’altro sottolineato il principio «dell’inviolabilità» delle sedi diplomatiche. Simile anche la posizione manifestata dal ministero degli esteri argentino.

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