Alla fine è arrivata una vera e propria incoronazione: Al Golani si è autoproclamato Presidente ad interim della Siria. Contestualmente sono stati dichiarati dissolti l’esercito siriano del precedente regime, tutte le sue agenzie di sicurezza, nonché il partito Baath e tutti gli altri partiti del Fronte Nazionale Progressista che guidava il paese.
Inoltre, le nuove sedicenti autorità pretendono anche di dissolvere per decreto tutte le milizie armate del paese, dichiarando legale solo il loro esercito, nel quale tutte dovrebbero sciogliersi.
Nel discorso di autoproclamazione, Al Golani non ha risparmiato le solite chiacchiere sulla necessità di costruire “conferenze nazionali inclusive”, alle quali, però, non crede più nessuno. ”Nei prossimi giorni annunceremo un comitato incaricato di preparare la conferenza di dialogo nazionale, una piattaforma diretta di discussione, per ascoltare i diversi punti di vista sul nostro futuro programma politico. Inoltre perseguiremo i criminali che hanno versato sangue siriano e commesso massacri e crimini”.
Questi proclami seguono di un paio di giorni un teso incontro fra lo stesso Al Golani ed il diplomatico russo Mikhail Bogdanov con al centro il destino delle basi russe presenti sul Mediterraneo, che sono state già in parte smantellate; in quella sede, la parte siriana avrebbe messo sul piatto delle trattative anche la consegna di Assad e il pagamento di un risarcimento, da parte della Russia, per averlo appoggiato.
Parallelamente, va avanti il programma di privatizzazione e di licenziamenti nel settore pubblico, in coerenza con gli annunci, fatti sin dalle prime ore successive alla caduta di del regime baathista, di voler istituire un regime economico di libero mercato. Lo ha denunciato, in un comunicato, il Partito Comunista Siriano Unificato, che ora è fra i destinatari del provvedimento di messa al bando, avendo fatto parte del Fronte Nazionale Progressista.
A questa arroganza da parte delle nuove autorità, non corrisponde però un controllo altrettanto ferreo del paese.
La nuova Amministrazione USA non si sta comportando come la Turchia, il vero burattinaio di Al Golani, si sarebbe aspettata. Al momento, infatti, non si parla di un ritiro USA dal nord-est del paese e il nuovo Segretario di Stato Marco Rubio ha lanciato ripetutamente messaggi positivi alle milizie curde Ypg circa la prosecuzione dell’appoggio.
Già prima di entrare ufficialmente in carica aveva affermato: “Penso che dobbiamo riconoscere che ci sarebbero delle implicazioni nell’abbandonare partner che hanno fatto un grande sacrificio. Sappiamo che la Turchia ha legittime preoccupazioni per la sicurezza lungo quel confine. I cittadini turchi, le città turche, le città turche sono state attaccate da terroristi provenienti da oltre quel confine… Tuttavia non vogliamo che i nostri partner delle Forze Democratiche Siriane sia costrette a concentrarsi su altre cose, che non sull’Isis”.
Ha rincarato ulteriormente la dose Tulsi Gabbard, contestatissima candidata di Trump a direttrice di tutte le agenzie d’intelligence: “La Siria è ora controllata da HTS, un’affiliata di al-Qaeda gestita da un jihadista che ha ballato per le strade l’11 settembre ed è responsabile dell’uccisione di molti soldati americani”.
Si ricordi che l’area nord-est, attualmente sotto controllo dell’Amministrazione Autonoma filo-curda, è anche quella che comprende i terreni più fertili e le risorse petrolifere del paese; pertanto, le nuove autorità centrali rischiano di fare la fine delle precedenti se in qualche modo non dovessero riuscire a mettere le mani su tali asset economici.
In tal senso è in corso un’attività diplomatica con il difficile compito di trovare un punto d’incontro fra tutti gli attori locali ed internazionali in gioco, aventi al centro, come mediatori, il governo iracheno e le autorità della regione autonoma curdo-irachena.
In particolare, Masoud Barzani. il capo storico del Partito Democratico del Kurdistan, al governo nel Kurdistan iracheno, è stato impegnato in una serie di incontri diplomatici con i vertici delle Ypg e con rappresentanti dei USA e Francia.
Essendo in buoni rapporti anche con la Turchia, Barzani può costituire il vero punto d’incontro fra i vari attori e giocare un ruolo centrale nel riassetto del governo di un’eventuale regione autonoma curda nel nord-est della Siria. Il vero nodo insoluto è costituito dal destino delle milizie Ypg: le autorità di Damasco e la Turchia sostengono che dovranno sciogliersi del tutto e i suoi combattenti dovranno essere sparpagliati nelle varie unità del costituendo esercito centrale, mentre l’amministrazione attuale del nord-est sostiene che dovranno sì entrare nell’esercito unitario, ma tenendo in piedi la loro attuale conformazione e gerarchia, costituendo un’unità al suo interno.
Intanto, però, le Forze Democratiche Siriane non sono state invitate nei vari comitati costituzionali “inclusivi” di Al Golani.
Il governo iracheno, intanto, dopo aver nei giorni scorsi ricevuto il Ministro degli esteri turco Fidan, dal quale continua a ricevere pressioni affinché inserisca il PKK nella lista delle organizzazioni terroristiche dell’Iraq e collabori nello smantellare le sue basi nei monti del Qandil, si è impegnato a costruire una conferenza regionale sulla Siria, con il coinvolgimento di tutti. a Baghdad sono molto preoccupati per un possibile riattivarsi di cellule dell’Isis.
Ma ci sono anche altre aree che Damasco non tiene del tutto sotto controllo, ovvero le regioni del sud, in parte occupate dal regime sionista e in parte controllate da milizie druse che si rifiutano di consegnare le armi, le province di Tartous e Latakia e ovviamente tutte le zone a maggioranza alawita.
Il capo dei drusi Hikmat al-Hijri, dopo essere riuscito a fermare, per il momento, l’espansionismo sionista è stato anch’egli impegnato in una serie d’incontri politici sia con l’amministrazione del nord-est, sia con alcuni partiti laici e progressisti per discutere del riassetto del paese in senso laico e federale, rifiutando le derive centraliste e settarie in corso.
Aumentano, infatti, le esecuzioni e i rapimenti extra-giudiziari o travestiti da operazioni di polizia “contro i resti del regime di Assad”, effettuati dai miliziani di Hayat Tahrir al-Sham “in libera uscita”, che si accaniscono essenzialmente sulle minoranze.
Nei giorni scorsi, sono state segnalate sui social vari manifestazioni settarie nelle aree a maggioranza sciita della provincia di Homs in cui si urlavano slogan quali: ”Homs è dei sunniti, se ne vadano tutti gli sciiti”.
Intanto, le azioni militari portate dalla “”Resistenza Nazionale Siriana”, costituita dalle forze militari di elites del dissolto esercito baathista, continuano a dare filo da torcere ad HTS, specialmente nelle aree di Tartous e Latakia, rivendicando diverse azioni dai loro canali di comunicazione.
La prova della gravità della situazione è data dal fatto che l’esercito turco sia in procinto di intervenire direttamente costruendo una base militare nella provincia di Latakia.
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